Il
messaggio non poteva essere più chiaro: basta con i tagli alla ricerca
fatti con il machete. Giorgio Napolitano, da Ginevra, nel corso di un
incontro con i ricercatori del Cern, il centro europeo dove si cerca di
comprendere la materia e le forze che regolano l’Universo, è
nettissimo. «Anche in questa fase di tagli della spesa pubblica, di
rigore in seguito all’accumulo di un grande stock di debito pubblico -
chiarisce il Capo dello Stato - ritengo che i tagli della spesa
pubblica non possano essere fatti con il machete. Non si possono
mettere sullo stesso piano tutte le spese».
Musica per le orecchie dei circa 1.500 ricercatori che rappresentano
una bella fetta dei 6.000 scienziati che operano al Cern grazie alle
intese tra l’Infn, l’Istituto nazionale di Fisica Nucleare. Non sono
dunque «cervelli in fuga» della scienza, anzi: sono l’avanguardia di
una scuola in cui l’Italia ha una grandissima tradizione, che nasce con
Enrico Fermi ed Edoardo Amaldi. Il Cern è il più importante laboratorio
di fisica del mondo, e l’Italia vi partecipa al 18% insieme ad altri 19
Paesi europei. Nel complesso c’è Lhc, l’acceleratore di particelle che
con i suoi 27 chilometri di circonferenza è la più grande macchina mai
costruita dall'uomo.
Il guaio è che in Finanziaria il governo ha tagliato ancora gli
stanziamenti per la ricerca, compreso il contributo italiano al Cern.
Napolitano non ci sta: «Come sapete - spiega a un certo punto ai
ricercatori - io sono un presidente non esecutivo, ma credo che saranno
condivise da altri alcune ragioni fondamentali di sviluppo della
comunità italiana che si riflettono nell’investimento per la ricerca.
C’è una nostra forte ragione di sostenere il Cern e sono convinto che
questo impegno non verrà meno perché occorre uno sguardo un po’ più
lungo e lungimirante».
Insomma, per il Capo dello Stato «non è retorico dire che cosa si può
tagliare e che cosa non si può tagliare. Ci sono voci di spesa che non
possono essere sacrificate in modo schematico e alla leggera, perché
sono in un certo senso dei finanziamenti dati ai nostri giovani, alla
scienza e al nostro futuro. Non so se sia più miope trascurare il
valore in sé della scienza o sottovalutare le ricadute che le scoperte
scientifiche hanno sulla nostra vita sociale». Anzi, le risorse vanno
assicurate persino quando non è detto che ci siano ricadute economiche
immediate. «Non so se Galileo Galilei - spiega Napolitano - era in
grado di garantire le ricadute delle sue ricerche. Dobbiamo pensare che
è in gioco il ruolo dell’Italia nel mondo in una fase in cui rischia di
declinare anche il ruolo mondiale dell’Europa di fronte all’avanzata
nel campo della ricerca di Paesi, come quelli asiatici, da secoli ai
margini dello sviluppo. Se l’Europa non vuole essere condannata a
giocare un ruolo minore, il nostro patrimonio scientifico va
accresciuto e questo dipende da noi».
Parole che sono state ovviamente accolte con entusiasmo dagli
scienziati presenti, che le hanno definite una «boccata d’aria fresca».
«La commozione di questi giovani è stata il miglior complimento per il
Presidente», commenta il direttore scientifico del Cern, Sergio
Bertolucci. Per Guido Tonelli, responsabile dell’esperimento Cms (uno
dei quattro più significativi condotti con Lhc) la visita di Napolitano
è stata «un sostegno e uno stimolo nel proseguire nella nostra strada».
Anche per Pierluigi Campana, che coordina l’esperimento Lhcb, le parole
di Napolitano sono «motivo di soddisfazione per tutta la comunità
scientifica italiana: vediamo riconosciuto il lavoro fatto in questi
anni. Oggi - aggiunge - ho sentito una grande tensione e una grande
soddisfazione: abbiamo sentito di avere un interlocutore». È stata una
«grandissima emozione» anche per Fabiola Gianotti, a capo
dell’esperimento Atlas, e Paolo Giubellino, alla guida dell’esperimento
Alice. Il problema, ahimè, è che l’Italia spende in ricerca soltanto
l’1% del prodotto interno lordo in ricerca. La media dell’Unione
Europea è quasi il doppio. (da La Stampa)
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