Al Presidente della Repubblica
Ai Presidenti di Camera e Senato
Al Ministro dell’Istruzione del’Università e della Ricerca
Al Ministro dell’Economia
Al Ministro della Funzione Pubblica
Alle OO.SS della scuola
Alle Organizzazioni Nazionali dei Precari della scuola
Agli organi di stampa
Alle soglie delle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità
d’Italia, mentre il Governo, resistendo ai tentativi leghisti di
evitare la festa nazionale, concede che l’evento abbia nella giornata
del 17 marzo la sua ricorrenza, il Senato, su pressione della Lega, dà
un’altra mazzata ai docenti precari, approvando l’emendamento Pittoni
al decreto Milleproroghe , che di fatto blocca il rinnovo delle
graduatorie ad esaurimento e, aggirando la recente sentenza della
Consulta, pone ancora una volta steccati territoriali fra le scuole del
Nord e i precari del Sud, escludendo la possibilità di richiedere
l’inserimento nelle graduatorie d’istituto di una provincia diversa da
quella in cui si è inseriti ad esaurimento.
La nostra risposta a questo squallido tentativo secessionista consiste
nella richiesta dell’istituzione di una Graduatoria ad esaurimento
nazionale utile alla copertura , tramite l’assunzione in ruolo,
di tutti i posti vacanti e disponibili sull’intero territorio
nazionale.
Si tratta, in sostanza, di un efficace antidoto al precariato
scolastico, atteso che allo stato, la prospettiva per chi è in
graduatoria, soprattutto al Sud, è quella di rimanervi infognati
per sempre, senza avere mai l’opportunità di stabilizzare il rapporto
di lavoro; con gravi conseguenze sulla propria vita lavorativa e sulla
propria esistenza.
Proponiamo una graduatoria ad esaurimento, valida su tutto il
territorio nazionale, che dia reali possibilità e garanzie di
immissione in ruolo per chi in questi anni ha maturato una lunga e a
volte pluridecennale esperienza d’insegnamento,che merita di essere
valorizzata e non limitata ed elusa da anacronistici steccati
territoriali, quali appunto sono ora le graduatorie ad esaurimento
provinciali. A tal fine, l’aspirante, in occasione della convocazione
potrebbe scegliere fra più opzioni secondo un proprio ordine di
gradimento: ad esempio, solo la sua provincia di residenza, le
province della sua regione, province di regioni diverse, l’intero
territorio nazionale.
In tal modo riteniamo di rispondere in modo efficace ed efficiente
all’esigenza di stabilizzazione contrattuale del lavoro degli
insegnanti e di lotta al precariato scolastico.
L’idea di proporre l’istituzione di una graduatoria ad esaurimento
nazionale è ispirata al principio del rispetto del tanto
sbandierato merito, dell'ordine di graduatoria nelle assunzioni da "
concorso per soli titoli" come parametro per la stipula di un contratto
a tempo indeterminato. A prescindere da vincoli permanenti come la
scelta di una provincia sola una volta per tutte, ma tenendo presenti
le variazioni di organico nelle diverse province, la variabilità delle
aliquote nell'immissione in ruolo , la distribuzione geografica degli
studenti legata all'immigrazione degli extracomunitari nelle regioni
del Nord del Paese e di altre variabili ancora.
Perciò riteniamo che cristallizzare le graduatorie in un contesto
antropologico, sociale, politico e legislativo che muta costantemente
ci sembra anacronistico e incostituzionale .
Noi di Professione Insegnante perseguiamo da tre anni l’obiettivo
politico del ripristino del sacrosanto principio del trasferimento a
pettine, e dell’utilizzo della graduatoria di rango nazionale ad
esaurimento ( la G.E.N.),
Una scelta coraggiosa che spetterà al Parlamento e alle forze politiche
che vorranno sostenerla; così come hanno sostenuto e attuato la
decisione di depennare i docenti di ruolo da tutte le graduatorie ad
esaurimento ,cosa che noi avevamo chiesto fin dallo scorso
anno con una lettera al Ministro Gelmini e a tutti i
parlamentari, raccogliendo le istanze di migliaia di precari e delle
loro associazioni.
Cogliamo ancora una volta l’occasione per contestare tutte le
organizzazioni sindacali, qualcuna, oggi, già sulla strada della
conversione, che in questa lunga e vergognosa vicenda, che dura
ormai da troppo tempo, hanno preferito difendere i loro interessi
particolari, facendo da sponda al Governo e alle sue logiche
politiche, attraverso un lungo iter fatto di ritardi, di furbizie, di
cavilli, di squallidi tentativi per dividere i precari e di gettare
discredito su quanti hanno impugnato con successo al TAR Lazio il
decreto della "gabbia della disoccupazione e delle tre code della
vergogna".
La nostra proposta, a nostro avviso, ha una duplice, forte valenza.
Da un canto si pone come sensato, praticabile e condivisibile strumento
di risoluzione dello spinosissimo problema del precariato
docente.
Dall'altro si pone come contraltare ai tentativi della lega di
"regionalizzazione " dell'istruzione, che preferirebbe di reclutare,
"in loco" sia i docenti che i dirigenti scolastici.
Anche la nostra proposta, al fine di garantire continuità agli alunni e
garanzie a quei colleghi precari che per varie ragioni non possono o
non vogliono spostarsi dai luoghi di residenza, prevede l'obbligo della
permanenza quinquennale nella provincia di titolarità, a far data
dall'immissione in ruolo.
E per questo prevediamo il blocco della mobilità ordinaria e annuale (
comprese, dunque, utilizzazioni e assegnazioni provvisorie).
Concludo con un cenno al primo paragrafo della nostra proposta, ove si
fa riferimento alla stabilizzazione del rapporto di lavoro degli
insegnanti della scuola statale .
Come è ovvio, il riferimento è all'attuale sistema di reclutamento da
GaE.
Sappiamo che tale meccanismo, avvantaggia, da sempre, anche quei
docenti, più furbi degli altri, che hanno accumulato punteggio nelle
scuole private, tanto a Sud quanto a Nord del Paese ( i diplomifici del
Sud, e le numerosissime e frequentatissime scuole cattoliche del Nord (
specie del Nordest) frequentate dalla rampante imprenditoria padana ,
novella classe dirigente del nostro Paese), chiamati ad insegnare per
cooptazione e non per meriti professionali o titoli di servizio e/o di
studio .
Riteniamo, tuttavia, che siano molto più numerosi i docenti, che con
fatica, sacrificio, hanno percorso un iter "normale", fatto di
abilitazioni "ordinarie", servizi presso le nostre normali scuole
statali, padri e madri di famiglia in media con 20 anni di precariato
all'attivo, che rischiano, oggi,di non poter avere neanche
l'incarico annuale.
Colleghi che vivono, magari, in regioni dove l'ascia gelmin-tremontiana
ha falcidiato migliaia di posti.
Colleghi che meritano di lavorare, che hanno diritto al lavoro e
al giusto riconoscimento di tanti anni di gavetta.
Colleghi che vivono in una NAZIONE, che non può essere divisa in
steccati territoriali, ma che deve garantire uguaglianza di opportunità
a ciascuno dei suoi cittadini.
Rivolgiamo un appello alle forze politiche e ai sindacati
affinché prendano in esame la nostra proposta, e senza
pregiudizi, si adoperino per valutarne la praticabilità, nell’esclusivo
interesse dei destinatari e della scuola pubblica italiana.
Di seguito, in cinque punti, la nostra proposta.
Napoli, 21 febbraio 2011
Libero Tassella, responsabile nazionale di Professione Insegnante