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Didattica: Memoria e Ricordo, la barbarie e il negazionismo

Redazione
Qualche volta sono d’accordo col la Gelmini, che ci ricorda sul sito MIUR di non dimenticare il 10 febbraio e non solo per imposizione di legge ma per onestà intellettuale, per rispetto dei morti e per senso di pacificazione e unità nazionale: “È di grande importanza sensibilizzare le giovani generazioni e fornire loro gli strumenti per analizzare un periodo tragico della storia italiana ed Europea per poter ricordare ciò che è accaduto ed evitare il ripetersi di forme di violenza e razzismo”.
Come facevo notare nel giorno della “Memoria”, se in un motore di ricerca clicchi questa volta su “foibe” nel giorno del “Ricordo” ottieni circa 286.000 risultati  in 0,09 secondi. Nessuno  può dire: non lo sapevo. Non esistono morti buoni da una parte e cattivi dall’altra.
Le guerre le vince tutte la nera Morte che livella tutto, uomini e cose, come la falce che pareggia tutte le erbe del prato, rendendoci tutti uguali (Manzoni, cap. XXXIV  de I Promessi Sposi). Non possono né devono esserci ricorrenze e commemorazioni di parte in una nazione unita. Di fronte al dolore, alla sofferenza, alla morte le differenze, “sti ppagliacciate 'e ffanno sulo 'e vive:/ nuje simmo serie...appartenimmo à morte!" (Totò, Antonio De Curtis, A livella). “Anche la Speme,/  Ultima Dea, fugge i sepolcri; e involve/  Tutte cose l'obblio nella sua notte; / E una forza operosa le affatica/  Di moto in moto; e l'uomo e le sue tombe/  E l'estreme sembianze e le reliquie/ Della terra e del ciel traveste il tempo./ (Foscolo, Dei Sepolcri 16-22).
I manuali di storia sia della media che della secondaria superiore informano e trattano obiettivamente l’argomento delle Foibe. Nel 2008 si è svolto un convegno su
Revisionismo: come si scrive e come si insegna la storia oggi.  Spesso la necessaria esigenza della sintesi porta i docenti al rischio di trattare argomenti dando per scontati i passaggi logici ed anche alcune informazioni così da arrivare a periodi un po' criptici e in alcuni casi, per gli studenti, fuorvianti. Molto probabilmente sarebbe interessante abituare gli studenti a leggere il testo storiografico assieme alle fonti, affinché possano capire che proprio sull'analisi critiche di queste si basa il metodo della ricerca storica. Storia  e  Storiografia intitolava il Desideri.
La Resistenza ormai è collocata nei capitoli che trattano della seconda guerra mondiale, delle resistenze europee, e viene definita anche guerra civile non guerra di classe. In questo caso la storiografia è stata “ascoltata”.
Tutti i testi di Storia parlano della Repubblica sociale italiana, in alcuni casi troviamo la definizione di “Ragazzi di Salò”, una locuzione che viene ormai normalmente utilizzata nei mezzi di comunicazione di massa e dalla politica o proprio perché entrata nel sentire comune. Per quanto riguarda l'antisemitismo fascista solitamente si cerca di allargare il discorso anche al razzismo fascista.
Con le Foibe entriamo in un terreno un po' più scivoloso. Introdotte a furor di giornata del Ricordo, sono presenti in tutti i testi analizzati. Non è sempre facile trovare il punto della trattazione in cui sono inserite, a volte vengono analizzate nel capitolo che riguarda il dopoguerra, altre volte sono nella seconda guerra mondiale oppure nella Resistenza. Questo mostra forse una difficoltà: pur essendovi numerosi testi e studi su questi temi probabilmente la storiografia non è ancora così presente come per altri argomenti. I testi spiegano cosa sia una foiba con la descrizione fisico-geografica, ma a volte la carenza di cartine e la contestualizzazione non così incisiva, come invece avviene per altri temi. Nella maggior parte dei casi ciò che manca è il contesto, e ritengo che ciò sia grave, perché una vicenda di questo genere, anche così intrisa di attualità politica, se non è debitamente inserita nei suoi nessi causali e cronologici, e nella sua complessità ambientale, rischia di divenire monca e facile strumento di propaganda. Le cifre di quella tragedia sono ormai assodate, nel senso che si va da un esodo che coinvolse 350.000 persone e per le vittime, si parla di 15-30.000 “infoibati”.  C'è chi parte dal 1945 e chi dal '43-45, e chi avvia la questione nel 1918, coi Nazionalismi che si scontrano, seguiti poi dal fascismo. Qualche autore di manuali di Storia, accanto all'olocausto nazista accosta le foibe: ma si tratta di un caso clamoroso di comparazione fatta più con senso della propaganda politica che con serio senso della storia.
Anche in riferimento alle visite ai luoghi di memoria, in Italia e all'estero, non si offrono nei testi scolastici stimoli e guide; eppure ne è da tempo consolidata la convinzione dell'importanza didattica e civile delle visite, ben organizzate certo, e la susseguente pratica che ci viene richiesta da molti alunni.
Hanno detto e hanno scritto:
•    « Di fronte ad una razza inferiore e barbara come la slava non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone. Io credo che si possano sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani »(Benito Mussolini).
•    « ....già nello scatenarsi della prima ondata di cieca violenza in quelle terre, nell'autunno del 1943, si intrecciarono "giustizialismo sommario e tumultuoso, parossismo nazionalista, rivalse sociali e un disegno di sradicamento" della presenza italiana da quella che era, e cessò di essere, la Venezia Giulia. Vi fu dunque un moto di odio e di furia sanguinaria, e un disegno annessionistico slavo, che prevalse innanzitutto nel Trattato di pace del 1947, e che assunse i sinistri contorni di una "pulizia etnica". Va ricordato l'imperdonabile orrore contro l'umanità costituito dalle foibe , la "congiura del silenzio", dell'oblio. Anche di quella non dobbiamo tacere, assumendoci la responsabilità dell'aver negato, o teso a ignorare, la verità per pregiudiziali ideologiche e cecità politica, e dell'averla rimossa per calcoli diplomatici e convenienze internazionali. »(Giorgio Napolitano).
•    « Tali avvenimenti si verificarono in un clima di resa dei conti per la violenza fascista e di guerra ed appaiono in larga misura il frutto di un progetto politico preordinato, in cui confluivano diverse spinte: l'impegno ad eliminare soggetti e strutture ricollegabili (anche al di là delle responsabilità personali) al fascismo, alla dominazione nazista, al collaborazionismo ed allo stato italiano, assieme ad un disegno di epurazione preventiva di oppositori reali, potenziali o presunti tali, in funzione dell'avvento del regime comunista, e dell'annessione della Venezia Giulia al nuovo Stato jugoslavo. L'impulso primo della repressione partì da un movimento rivoluzionario che si stava trasformando in regime, convertendo quindi in violenza di Stato l'animosità nazionale ed ideologica diffusa nei quadri partigiani. »(Commissione storico-culturale italo-slovena). 
•    « Non riusciremo mai a considerare aventi diritto ad asilo coloro che si sono riversati nelle nostre grandi città, non sotto la spinta del nemico incalzante, ma impauriti dall'alito di libertà che precedeva o coincideva con l'avanzata degli eserciti liberatori. I gerarchi, i briganti neri, i profittatori che hanno trovato rifugio nelle città e vi sperperano le ricchezze rapinate e forniscono reclute alla delinquenza comune, non meritano davvero la nostra solidarietà né hanno diritto a rubarci pane e spazio che sono già così scarsi. »(Piero Montagnani su "L'Unità" 30 novembre 1946)
C’è un romanzo-storico che andrebbe regalato a tutti gli studenti nel 150.mo dell’Unità d’Italia: Carlo Sgorlon, La foiba grande, A. Mondadori, Milano 1992. L’autore (insegnante di Lettere e scrittore) non ha sprecato parole delicate né per il fascismo, né per gli americani, né per i partigiani, né per i comunisti, né per Tito. Bastano i fatti a descrivere la follia: la negazione della lingua, della famiglia, delle tradizioni, del credo religioso, della sicurezza, della libertà. Ha raccontato il potere, la cecità, l'ignoranza, le illusioni e i sogni di grandezza e  la violenza più bieca e cieca. Ha provato a dare una spiegazione al perchè si sia voluto negare l'esistenza del genocidio, dell'esodo e delle foibe. Così come si è voluto (e lo si fa ancora) negare l'esistenza dei lager. " Lo Stato usava sistemi simili a quelli della malavita, o ne tollerava l'esistenza, e quindi era composto da gente che usava il delitto come politica.(…) Il governo non aveva mezzi legali per sbarazzarsi dei suoi nemici. Non sapeva di cosa accusarli, come portarli in tribunale, e allora li faceva sparire con i metodi del terrore e della mafia, perchè voleva sì l'Istria, ma senza gli istriani dissidenti".
I monaci trappisti hanno un motto che li aiuta a vivere meglio: “Memento mori” Ricordati che devi morire. E se lo ripetono continuamente con animo sereno…


Giovanni Sicali
giovannisicali@gmail.com










Postato il Mercoledì, 09 febbraio 2011 ore 10:00:00 CET di Giovanni Sicali
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