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Didattica: Il pediatra, no ai compiti a casa nel fine settimana. Inutile stress

Rassegna stampa
No ai compiti a casa nel fine settimana. A “bocciare” questa pratica, tanto detestata da bambini e ragazzi, è il pediatra di Milano Italo Farnetani. Convinto che evitare di caricare gli studenti di lavoro da fare nel weekend sia molto più utile che costringerli a stare ancora, e malvolentieri, ore sui libri. «È importante per bambini e ragazzini “godere” appieno dei giorni di riposo, per ricaricare le batterie e godersi mamma e papà, finalmente a casa dopo una settimana di lavoro», dice all’Adnkronos Salute Farnetani. 
Non si tratta di semplice “allergia ai compiti”. «Infatti - spiega l’esperto dell’Università di Milano-Bicocca - secondo la cronobiopsicologia l’apprendimento è massimo dal martedì al venerdì mattina, per poi ridursi progressivamente al minimo sabato e domenica, risalendo il lunedì mattina». Quindi è inutile caricare gli zaini con esercizi, problemi, letture e altri compiti “casalinghi” quando si è meno predisposti a “fissare” ciò che si studia. Togliendo in più tempo prezioso alla famiglia.

«Nei giorni feriali la quota di bambini dai 3 ai 10 anni che giocano con la madre è 51,5% e con il padre 41,7%. Nei giorni festivi si sale rispettivamente al 59,6% e al 58,2% - evidenzia il pediatra, citando dati Istat - Insomma, sabato e domenica sono giornate in cui i genitori italiani si rilassano e si dedicano ai figli, si riuniscono le famiglie, si va a trovare i nonni e si vedono gli amici». Con l’arrivo delle belle giornate poi, prosegue il pediatra, c’è l’occasione per uscite in bicicletta e passeggiate. «Interrompere tutto questo per far fare i compiti al bambino - dice - crea una dissociazione rispetto allo spirito del resto della famiglia, improntato al relax. Insomma, la scuola causa una frattura» a livello psicologico «tra grandi e piccoli di casa».

Così malvolentieri «ci si butta su libri e quaderni senza voglia, mentre gli altri si rilassano e si divertono. E questo non contribuisce certo ad appassionare i ragazzi». Insomma, il pediatra è decisamente d’accordo con la circolare del 1969 con cui l’allora ministro della Pubblica Istruzione, Mario Ferrari Aggradi, «vietava di assegnare e compiti da svolgere o preparare a casa per il giorno successivo a quello festivo - ricorda Farnetani - Garantendo così una pausa utile per divertirsi, stare in famiglia, ricaricare le pile e riprendere al meglio il lunedì».

Una posizione condivisa dai ragazzi, che si è “meritata” anche una pagina su Facebook: “No ai compiti scolastici”, apprezzata da studenti ma anche ed ex alunni, diventati genitori. Ma Farnetani va oltre, condannando anche «la pessima abitudine di assegnare compiti ai bambini malati, per far recuperare loro le lezioni perse. È assurdo: se il piccolo ha una malattia grave - sostiene l’esperto - c’è il servizio di scuola in ospedale. Ma se si tratta di un malessere o una febbre, il bambino deve stare a casa per riprendersi e certo non è il caso che gli si chieda di fare i compiti».

Meglio, piuttosto «accorciare la convalescenza e consentirgli di tornare prima a scuola. Insomma - spiega - se il bambino ormai sta bene, dopo un giorno senza febbre è giusto che torni in classe. Se invece sta male deve riprendersi e curarsi senza preoccuparsi, ad esempio, di imparare le tabelline. Sarà cura degli insegnanti occuparsi, poi, di assicurare un recupero delle lezioni perdute».

Importante, piuttosto, programmare compiti e lezioni sfruttando al meglio le capacità dei bambini. «Secondo la cronobiopsicologia - prosegue Farnetani - nell’arco della giornata l’apprendimento basato sulla memoria a lungo termine è massimo tra le 15 e le 17. Dunque in quelle ore è bene programmare i compiti più importanti e impegnativi». Così sarà più facile “scolpire” nella mente le informazioni apprese. «Poi il livello decresce, quindi si possono fare i lavori “più leggeri” nel tardo pomeriggio».(La Stampa)

 redazione@aetnanet.org








Postato il Martedì, 08 febbraio 2011 ore 07:24:45 CET di Pasquale Almirante
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