Allo
scientifico Righi di Roma hanno cominciato ieri: corsi di recupero per
chi, con la pagella di gennaio, ha portato a casa qualche
insufficienza. Non al pomeriggio, in aggiunta all’orario normale. Ma al
mattino, al posto delle solite lezioni, mentre i compagni più bravi si
dedicano all’approfondimento per non andare troppo avanti con il
programma. All’Istituto tecnico Scalcerle di Padova hanno fatto la
stessa scelta: «Le lezioni al pomeriggio — dice il preside Giulio
Pavanini— sono controproducenti perché appesantiscono chi ha già un
rendimento zoppicante. Ma soprattutto costano troppo e le nostre casse
stanno come stanno» . Eccolo qui il motivo della piccola rivoluzione
silenziosa che sta attraversando le scuole italiane. I corsi di
recupero ci sono dal 2007, dice la legge che le scuole li devono
organizzare per sostenere chi è rimasto indietro dopo gli scrutini di
metà anno.
Ma al momento del debutto c’erano a
disposizione 210 milioni di euro, anche se l’allora ministro Giuseppe
Fioroni infilò in quella voce pure vecchi fondi destinati ad altri
capitoli. Mentre quest’anno siamo scesi a 43 milioni e mezzo. Un dato
ufficializzato pochi giorni fa dal sottosegretario all’Istruzione,
Guido Viceconte, nella risposta ad un’interrogazione di Manuela
Ghizzoni del Pd che parla di «stanziamenti ridotti e in ritardo» .
Obbligo di legge da un parte, fondi in calo dall’altra. E nel mezzo i
presidi con il compito di far quadrare i conti. Finora quasi tutte le
scuole questi corsi li tenevano al pomeriggio, senza toccare il normale
orario scolastico. Ma così bisogna pagare gli straordinari o chiamare
un professore esterno. E alla scuola ogni ora di recupero costa 70 euro
anche se all’insegnante ne entra in tasca la metà. Le ore del mattino,
invece, rientrano nello stipendio normale ed i corsi diventano a costo
(quasi) zero. Va bene così? «Capisco — osserva Giorgio Rembado,
presidente dell’Associazione nazionale presidi — che diversi istituti
abbiano fatto questa scelta per problemi di bilancio. Ma attenzione:
quelle ore non possono essere conteggiate nel tempo scuola. E per legge
i giorni di lezione devono essere almeno 200» . La tentazione, però, è
forte. Altri istituti sperimentano un modello misto: corsi sia al
mattino che al pomeriggio, un occhio alla cassa e uno ai programmi. È
così all’istituto tecnico Gentileschi di Milano: «Per le classi prime —
dice il preside Agostino Miele — al pomeriggio abbiamo solo il
cosiddetto sportello metodologico, per insegnare ai ragazzi come
studiare. Tutto il resto lo facciamo al mattino» . La stessa scelta del
liceo Pigafetta di Vicenza, dove il recupero al mattino si fa solo
nelle classi dove gli insufficienti sono almeno uno su quattro.
«Apprezzo gli sforzi per trovare nuove soluzioni— dice Giovanni Biondi,
capo dipartimento per la programmazione al ministero dell’Istruzione—
ma non si può ridurre tutto ad una questione di risorse. Se c’è bisogno
di recupero il vero problema è rinnovare la didattica: abbiamo un
metodo narrativo che vorrebbe insegnare le scienze nello stesso modo
della storia» (di Lorenzo Salvia da Corriere della sera)
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