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Umanistiche: Giornata mondiale dei lebbrosi, una riflessione sulla malattia e sulla missione umanitaria di Raoul Follereau

Redazione
Dal 1954 – ogni 31 gennaio - si celebra, in tutto il mondo la giornata dei malati di lebbra, scientificamente l’Hanseniàsi o Morbo di Hansen dal nome del norvegese Gerhard Armauer Hansen, che nel 1873 isolò il virus della malattia  probabilmente più antica di cui si ha notizia, insieme alla peste. Oggi la lebbra è una malattia curabile, ma nelle aree più povere del mondo il morbo continua a colpire milioni di persone. Le cause principali continuano ad essere l’assenza di servizi sanitari, la povertà ed i pregiudizi, per i segni che la malattia lascia sul corpo.  E’ contagiosa, ma molto meno di un raffreddore. Con poco più di 10 € al mese un malato di lebbra può ricevere le cure adeguate. Le deformità provocate agli hanseniani  sono devastanti ed inconfondibili. Da questo morbo è possibile guarire completamente: ma i lebbrosi sono considerati "diversi" e socialmente emarginati.   C’è il retaggio della paura secolare per una malattia che a lungo ha evocato terrore a causa dell'incurabilità e delle tremende mutilazioni che provoca.
Studente a Roma negli anni 60 avevo  l’imbarazzo della scelta per spendere il mio tempo. “Paese Sera” mi indicava in un paginone  le occasioni e possibilità che la capitale - caput mundi – mi offriva: Cine, Teatri, Concerti, Mostre, Fiere, Musei, Mostre, Esposizioni, Dibattiti, Incontri, Conferenze…
Ad una di queste ho conosciuto e visto da vicino un uomo col papillon. Ha “parlato” per più di due ore  nell’aula magna dell’università gremita all’inverosimile e gli ho posto anche qualche mio giovanile interrogativo. Ormai parli, scrivi, discuti di Lebbrosi e pensi a quest’uomo straordinario dei nostri tempi: giornalista, filantropo, poeta…  l'ispiratore dell'Associazione AIFO che dal 1961 aiuta e difendei diritti dei malati di lebbra in tutto il mondo: Raoul Follereau (1903-77). Il quale nel 1935 seguendo, per interesse personale e come inviato speciale del giornale "La Nation" le orme del missionario Charles de Foucauld , durante uu safari in Africa venne a contatto per la prima volta con la terribile realtà dei lebbrosi. L'automobile con la quale viaggiava fu costretta a fermarsi presso uno stagno: in quel momento dal fitto della foresta vennero fuori i lebbrosi, dai visi impauriti e dai corpi distrutti e rovinati dalla malattia, con un disperato bisogno di cibo. Questo incontro cambiò la sua vita. Nel 1942, in piena guerra, lanciò l'iniziativa di solidarietà L'ora dei poveri. Scrisse: « Nel secolo XXdel Cristianesimo ho trovato lebbrosi in prigione, in manicomio, rinchiusi in cimiteri dissacrati, internati nel deserto con filo spinato  attorno, riflettori e mitragliatrici. Ho visto le loro piaghe brulicare di mosche , i loro tuguri infetti, i guardiani col fucile. Ho visto un mondo inimmaginabile di orrori, di dolore, di disperazione »  Gridò al mondo la sua rabbia e lo sdegno che lo pervadevano: iniziò a   tenere conferenze, manifestando la sua ira su giornali e libri; contemporaneamente compì l'equivalente di ben trentuno volte il giro del mondo per raccogliere fondi per curare i malati di lebbra.  Rendendosi conto che questa malattia non poteva mai essere vinta fino a quando milioni di persone erano colpite dalla povertà, dallo sfruttamento, dalla guerra, allargò il discorso a quelle che lui chiama le "altre lebbre": l'indifferenza, l'egoismo, l'ingiustizia. «I lebbrosi siamo noi con il nostro egoismo, e la nostra preoccupazione di sapere “quale contagio per noi”, prima di conoscere quali cure e quali sofferenze per chi è ammalato ». Si rivolse ai capi di stato. Tra il 1964 e il 1969 animò la campagna "il costo di un giorno di guerra per la pace", rivolta all'ONU, a cui aderirono 4 milioni di giovani in 125 paesi. Chiese - ma invano - ai leaders di USA e URSS di donare i soldi che spendevano in una giornata della guerra del Vietnam per curare tutti i 15 milioni di hanseniani (non li chiamava mai “lebbrosi”), oppure in modo bipartisan l’equivalente di un cacciabombardiere Phantom e di un Mig… I capi di Stato amano e preferiscono da sempre la morte e la guerra “unica e sola igiene del mondo”. Nella sua lunga attività in favore dei lebbrosi è riuscito a guarirne circa un milione. Gli insegnamenti e l'esempio sono riproposti nei numerosi libri che ha scritto, il più famoso dei quali è "Le livre d'amour" , pubblicato nel 1920 quando aveva solo 17 anni.
 
La gente si stupisce a sentir parlare di lebbra in “casa” nostra. Ma anche in Italia ci sono centri di cura per il morbo di Hansen: a Genova, a Gioia del Colle, a Cagliari e a Messina  dove esisteva già nel XII secolo un lebbrosario: “Casa degli Infetti per gli uomini”. Tutto ciò non è stato casuale: là infatti nel passato esistevano focolai autoctoni, con contagio avvenuto sul luogo. Al momento tutti i nostri casi autoctoni sono finiti. Possiamo dire che questo è un momento storico per la lebbra: risale a tre anni fa l’ultimo contagio avvenuto in Italia. Tutti i casi trattati da allora sono “importati” da Paesi dell’area tropicale. Genova poi è l’unico centro cura e prevenzione di questa malattia senza essere un lebbrosario…
 
Da Gioia del Colle, il 1° settembre 2010,  i degenti Hanseniani scrivono in un blog: “Nella diatriba tra giornalisti, che vogliono fare gli scoop senza fare delle inchieste serie, partiti politici che vogliono dimostrare che gli avversari sperperano denaro pubblico, bilanci regionali e statali, dipendenti licenziati che hanno voglia di vendicarsi, “CI SIAMO ANCHE NOI”, gli Hanseniani venuti alla ribalta in questi ultimi giorni e ricordati su vari articoli di giornale come i Lebbrosi.  Di colpo il quotidiano “La Repubblica” in data 19/08/10 si è accorto che “ci siamo anche noi” parlando di sperpero di denaro pubblico ed accusando la diocesi di lucrare sulla nostra condizione fisica e psichica, tenendoci volontariamente reclusi al suo interno (il giornalista della Repubblica è mai stato presso questa struttura?).  Nell’articolo in questione hanno descritto la Chiesa come la detentrice della nostra libertà, dimenticando che negli anni ’50 la nostra malattia faceva paura e che per tutelare la salute pubblica bisognava allontanarci dalla società, oggi invece che abbiamo realmente bisogno di assistenza per i postumi della nostra patologia “amputazioni di arti, ulcere agli arti inferiori e superiori, cecità, insufficienza renale ecc.”, vogliono mandarci a casa. “Quale casa?”, quella che molti di noi non hanno o non hanno mai avuto? La maggior parte di noi ha la residenza presso la Colonia Hanseniana da decenni (diritto di usucapione), pur liberi di andare via , ma dove? La società è pronta ad accoglierci e come? Mandarci via per usufruire di strutture pubbliche, facile a dirsi ma difficile da realizzarsi, infatti chi malauguratamente in passato è stato costretto ad usufruire in urgenza di altre strutture. Avremmo potuto denunciare l’accaduto, ma poiché memori di tristi episodi accaduti in passato, si preferiva il silenzio emarginandoci sempre di più. All’insorgere della patologia, negli anni cinquanta i sanitari, con grande pubblicità disinfettavano le nostre case e tutto quello che ci riguardava bruciando i laceri indumenti che avevamo e ci buttavano nei “lazzaretti” di Messina, Cagliari, Genova ed Acquaviva delle Fonti, per anni isolati non potevamo avere contatti neanche con i nostri parenti. Dove era lo Stato in quella circostanza? Solo alcune organizzazioni umanitarie si ricordavano di noi e saltuariamente venivano a visitarci portandoci qualche sigaretta o qualche caramella. Nel 1954 abbiamo ottenuto, dopo lunghe e penose lotte, un sussidio di Lire 50 giornaliero e fu per noi una grande festa, serviva per sfamare i nostri figli in quanto, reclusi in queste strutture non potevamo lavorare considerando anche che nessun datore di lavoro ci avrebbe mai assunto. Lo stesso prof. E. Nunzi, tra i maggiori esperti del morbo di Hansen in Italia, nel convegno tenutosi nel ’94 ad Acquaviva delle Fonti su questa patologia, conveniva nel dire che la struttura doveva rimanere aperta, alla luce degli aumentati flussi migratori che si stanno avendo nel nostro paese. L’ OMS sostiene che nel mondo ci sono circa 13 milioni di  malati di lebbra registrati (non conosciamo il numero dei non censiti).  Una proposta seria invece sarebbe stata da parte dei vari quotidiani di utilizzare al meglio il nostro centro, organizzando direttamente in prima battuta controlli bacilloscopici direttamente presso i centri di accoglienza per immigrati al fine di avere la certezza che nel nostro paese e nella comunità Europea non circolino soggetti positivi che magari entreranno nelle nostre case come badanti per i nostri anziani o Baby sitter per i nostri bambini (come già accaduto ad un architetto romano). Gli scriventi sono i pazienti della Colonia Hanseniana di Gioia del Colle.”

Il motto della GML di quest’anno è  “C’È UN SOLO CIELO PER TUTTO IL MONDO” L’Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau  (AIFO  info@aifo.it - www.aifo.it) è una ONLUS: non vuole i tuoi soldi:  cerca volontari.

Giovanni Sicali
giovanni@gmail.com








Postato il Domenica, 30 gennaio 2011 ore 16:30:00 CET di Giovanni Sicali
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