Ora il
problema va sollevato con forza anche maggiore, per non averlo
affrontato prima, nemmeno in un contesto culturale meno ostile di
quello attuale.
In concomitanza con l'introduzione dei test d'italiano per stranieri,
ai quali sarà subordinata la concessione del documento per soggiornanti
di lungo periodo, da più parti si sta giustamente facendo notare che a
questo obbligo che viene imposto ai cittadini stranieri non corrisponde
alcun piano per l'insegnamento della lingua italiana. Il problema della
mancanza di un'offerta adeguata per l'apprendimento dell'italiano
acquisisce una nuova rilevanza in relazione all'obbligo dei test, ma
non è un problema nuovo.
In Italia i pochi corsi disponibili sono sempre stati a pagamento,
oppure erogati da soggetti di volontariato. Il problema, dunque, non è
nuovo, tanto che ne ho scritto circa cinque anni fa:
(http://www.l-arcadinoe.com/it/?p=99). Non per una mia speciale
lungimiranza sul tema: credo, piuttosto, che tutta la problematica
fosse già presente allora. Al tema, semmai, ero e sono sensibile da
quando ho vissuto e studiato un anno in Danimarca e ho visto
tutt'altro: corsi per l'apprendimento del danese rivolti ai cittadini
stranieri che intendevano ottenere la residenza gratuiti e di
eccellente livello, con ottimi docenti e tanto di supporto di strumenti
audiovisivi. È davvero difficile non imparare quando si viene messi in
condizioni del genere. Il principio è semplice, ma è il cuore di una
concezione basata sul diritto: una democrazia avanzata deve prima di
tutto offrire le condizioni necessarie affinché l'inserimento e
l'inclusione siano possibili. In Italia, invece, si sta chiedendo agli
immigrati di inserirsi senza fornir loro nemmeno le condizioni minime
che a questo scopo sarebbero necessarie.
Ora la mancanza di un piano per l'apprendimento dell'italiano per
stranieri, che pure devono superare una prova di conoscenza della
lingua italiana se vogliono ottenere il permesso di soggiorno di lungo
periodo, emerge come problema.
Ma questo disastro, purtroppo, è stato lungamente preparato. Le
politiche sull'immigrazione espresse dalla Lega e da questa maggioranza
di governo sono quanto di peggio si possa immaginare, ma la mancanza di
un piano per l'apprendimento dell'italiano non è affatto una crepa
nuova: non c'è ora e non c'è mai stato. E forse questo dovrebbe
suggerirci che se oggi berlusconismo e leghismo sono in grado di
interpretare, alimentare e cavalcare gli umori più beceri e non perdere
occasione per fare a pezzi lo Stato di diritto, questo accade anche
perché ben poco è stato fatto, nel lungo termine e anche a sinistra,
per avvicinare l'Italia a uno Stato di diritto più maturo e compiuto.
Né ha mai aiutato, in quest'ottica, il fatto che molte delle iniziative
in materia siano sempre state appannaggio della Chiesa, che, certo, ha
parzialmente colmato un vuoto, ma ha anche, sostituendo carità a
diritti, contribuito a perpetuare il medesimo stato di cose.
In Italia manca storicamente quella solida intelaiatura che deve
esistere per rendere possibile l'inclusione. Questa carenza strutturale
è la precondizione migliore di quanto sta accadendo oggi, in un
contesto come quello attuale, dove le politiche sull'immigrazione sono
dettate dalla Lega. Ora, a guardare le cose con l'occhio dei diritti e
di un minimo di buon senso, tutto sembra essersi trasformato in una
battaglia dai contorni epocali, diritti contro barbarie, e certamente
ora è indispensabile sollevare il problema con forza anche maggiore. Ma
questo può accadere perché non si è fatto abbastanza nemmeno in un
contesto culturale meno ostile di quello attuale. (Pier Paolo
Caserta da http://www.paneacqua.eu/)
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