Un segno d’identità può
anche essere un segno dei tempi? Oppure rischia di trasformarsi in uno
strumento d’omologazione che ricondurrebbe al passato? È questo il
dibattito di fondo emerso al liceo classico di Trani «Francesco De
Sanctis» a seguito della proposta del dirigente scolastico, Cosima
Damiana De Gennaro, di istituire una divisa da fare indossare agli
alunni nello svolgimento della loro attività didattica. Impossibile che
per quest’anno se ne faccia nulla, ma l’idea resta sempre in piedi e le
motivazioni a sostegno non mancano.
Per la verità, il progetto non è nuovo in Italia, ma lo è da queste
parti. L’idea era venuta al ministro dell’istruzione Gelmini nel 2008:
un abbigliamento uniforme per tutti gli studenti di una stessa scuola,
che avrebbe totale autonomia di scelta. A Treviso, lo scorso anno, si è
partiti fra i mugugni, ma si è partiti. Lo stesso dicasi a Vicenza. E
se questo accade nel nord Italia, apparentemente più emancipato, allora
vi è da chiedersi se davvero l’idea non possa prendere piede anche
altrove. Motivo? Spesso i ragazzi e le ragazze vanno a scuola vestite
in un modo inadeguato, mostrando un po’ più del necessario e generando
distrazione generale. Ma non solo: è dimostrato che vestirsi tutti
nello stesso modo aiuta a combattere il "razzismo di classe" e rafforza
lo spirito di gruppo e il senso di appartenenza.
E la preside è proprio a questo che mira, utilizzando la parola
“identità”: «Mi piacerebbe che un indumento di riconoscimento della
scuola sia visto soprattutto come un segno d’identità in chiave
moderna».
Ma qual è, più nel dettaglio, il progetto della professoressa De
Gennaro? «La premessa fondamentale – spiega - è l’esistenza di fondi a
sostegno della sua realizzazione. Non vorremmo gravare in alcun modo
sulle tasche delle famiglie degli alunni, quindi dovremmo sforzarci di
trovare un finanziamento statale, o magari anche uno sponsor, per la
fornitura degli indumenti. Peraltro, non si tratterebbe di realizzare
divise totali come nei college inglesi. Nel nostro caso, non si
andrebbe oltre una felpa d’inverno ed una polo d’estate. Mi piacerebbe
il bianco come colore di fondo e, sul petto, il logo del nostro
istituto. In parti periferiche della maglia, il richiamo ad uno dei
tanti programmi operativi nazionali (i famosi Pon, ndr) cui la scuola
aderisce allargando la base già vasta della nostra offerta formativa.
Le divise, ovviamente, resterebbero a vita proprietà degli alunni e
rappresenterebbero per loro un ricordo tangibile della loro esperienza
nella nostra scuola».
L’idea della preside è stata presentata nel consiglio d’istituto, che
non si è ancora espresso formalmente perché le opinioni, com’era da
aspettarsi, sono diverse e spesso contrastanti. Parallelamente, è stato
realizzato un sondaggio nelle classi da parte degli studenti
rappresentanti d’istituto. E qui le risposte sono state decisamente più
fredde, perché i ragazzi guardano con diffidenza l’eventuale
anteposizione dell’identità collettiva a quella individuale. In altre
parole, non tanto, e non solo, un problema di omologazione, ma anche
una presunta repressione della libertà individuale. E tuttavia, anche
fra gli alunni, chi mostra reale attaccamento alla scuola vedrebbe
proprio in quelle maglie l’estrinsecazione del senso di appartenenza
all’istituto.
Sul web, invece, la tendenza delle opinioni pare decisamente contraria
all’idea. Un’ex studentessa, Marina, afferma sul forum di Radio Bombo
che «queste divise sono solo l’ulteriore repressione della libertà
espressiva dei ragazzi, e non credo che vedere i jeans griffati del mio
compagno di classe abbia provocato in me chissà quale nefasto
risultato. È un messaggio di omologazione che comprime la personalità
degli studenti». Ma i consessi scolastici sono ancora aperti. Docenti e
studenti presto diranno ufficialmente la loro. Nero su bianco. Lo
stesso bianco delle già tanto chiacchierate divise. (da
http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it)
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