Spulciando tra
le circolari e i documenti in sala professori, prima di Natale gli
insegnanti potevano leggere la lettera aperta inviata dal segretario
generale della FLC CGIL, Domenico Pantaleo, sul ripristino dei fondi
per il finanziamento ordinario delle scuole: 120 milioni di euro, che
il MIUR si è impegnato a erogare per il funzionamento didattico e
amministrativo dell’anno scolastico in corso.
Perché un ripristino? Ripercorriamo brevemente la storia.
Con il D. M. n. 21 del 1 marzo 2007, l’allora ministro Fioroni
decretava l’assegnazione di una dotazione finanziaria annuale alle
istituzioni scolastiche statali autonome, indicandone criteri e
parametri in apposite tabelle allegate. Tuttavia negli ultimi due anni,
il 2008/9 e il 2009/10, i fondi per il funzionamento didattico e
amministrativo alle scuole statali non sono mai arrivati, coerentemente
con il taglio di circa otto miliardi di euro decretato dal governo
Berlusconi con la legge 133 del 2008, in corso di realizzazione
attraverso il triennale piano programmatico attuativo.
Come è potuto accadere che un capitolo di spesa specificamente indicato
in un decreto ministeriale in vigore sia sparito per due anni dai
bilanci delle scuole?
E’ semplice. Nei programmi annuali compilati dal Ministero per ogni
istituto si assegnavano budget complessivi piuttosto generici, da cui,
tolti i pagamenti per i supplenti, i compensi per i commissari degli
esami di Stato, la quota del fondo d’istituto e i contributi
previdenziali ed erariali, per il funzionamento didattico e
amministrativo non restava più nulla.
E mentre, di fatto, si cancellavano quei fondi, con le stesse circolari
che fornivano le indicazioni operative sulla predisposizione dei
programmi annuali (datate 14/12/2008 e 22/2/2010), il MIUR invitava le
istituzioni scolastiche, cioè i dirigenti che firmano il bilancio, ad
inseririre i residui attivi nell’aggregato “Z – Disponibilità da
programmare”, costringendoli dunque di fatto a rinunciare anche al
recupero dei crediti pregressi che tutte le scuole d’Italia vantano nei
confronti dell’amministrazione centrale e che ammontano oggi a circa
1,3 miliardi di euro.
Soldi, per inciso, già spesi dalle scuole con legittimi anticipi di
cassa, ovvero con prelievi fatti dai fondi non vincolati, in teoria
destinati all’ampliamento dell’offerta formativa, all’innovazione o
alla messa in sicurezza delle scuole. Uno fra tutti, il contributo
volontario delle famiglie, quell’erogazione liberale privata voluta da
Pierluigi Bersani nel 2007 che attualmente è considerata una specie di
manna da chi deve pagare prestazioni indispensabili per garantire la
sopravvivenza della scuola pubblica.
Oggi, lo sforzo congiunto di sindacati e movimenti, insieme alla
resistenza passiva di tanti dirigenti che hanno ignorato i fantasiosi
suggerimenti contabili del ministero, garantiscono il ripristino di
questo specifico finanziamento.
Si tratta di 120 milioni di euro, così calcolati: 8 euro l’anno per
coprire le spese amministrative e didattiche di ogni bambino delle
scuole elementari e medie, 12 euro l’anno per ogni studente di liceo,
12 euro l’anno forfettari per ogni alunno diversamente abile,
indipendentemente dall’età e dal tipo di scuola frequentata.
Con soli 8 euro complessivi una maestra deve fare tutte le fotocopie e
acquistare tutti i materiali didattici che servono a un bambino in un
anno, un ufficio di segreteria deve espletare tutte le sue pratiche,
una scuola deve acquistare e manutenere le sue attrezzature per quel
singolo bambino.
Con soli 12 euro l’anno la scuola deve provvedere al funzionamento
amministrativo e didattico dell’istituzione per un alunno disabile.
Per le attività didattiche dei bambini con bisogni speciali, che vanno
da forme lievi di disgrafia e dislessia a disturbi del comportamento o
ai deficit dell’attenzione, e che sono in continuo aumento, nessun
ministro dell’istruzione ha mai previsto finanziamenti di alcun tipo.
Ça va sans dire, maestre e insegnanti comprano e pagano di tasca loro
tutti i materiali che servono quotidianamente.
Di questi fatti e di queste cifre parliamo. E questa è solo una parte
di ciò che per due anni ci è stato tolto e che ora viene ripristinato
ma non restituito. Queste sono le cifre degli sprechi che giustificano
i tagli draconiani nel comparto della pubblica amministrazione
rappresentato dalla scuola, la cui incidenza negli investimenti del Pil
è storicamente ben al di sotto della media europea. Oggi, ben al di
sotto della soglia della dignità di un paese e della sopravvivenza di
un’istituzione garantita dalla Costituzione.
E intanto continuano a essere inseriti, anche nella legge di stabilità
che il Parlamento ha votato a dicembre, finanziamenti statali alle
scuole private paritarie, finanziamenti che la Corte Costituzionale,
con la sentenza del 27/2/2009, ha dichiarato illegittimi.
Anna Angelucci
L. S. S. “L. Pasteur”, Coordinamento scuole secondarie di Roma
(da http://nodoingola.blogspot.com/)
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