Lo scorso
luglio, dopo aver tagliato gli scatti di anzianità per tre anni ai
docenti e al personale Ata, la ministra Gelmini promise due cose: che
avrebbe sistemato tutti i precari della Gae e che entro il 2010 avrebbe
bandito un concorso per 2.871 posti di dirigente scolastico.
La prima promessa appare irrealizzabile, soprattutto se il decreto
Milleproroghe vedrà incluso il blocco delle graduatorie a esaurimento;
la seconda, come è possibile verificare dal calendario, è già scaduta e
del concorso a dirigente si parla solo per protestarne la mancanza.
Eppure la Gelmini e tutto il suo staff ci hanno bombardato a colpi di
merito, di riforme epocali, di innovazioni, di efficienza, di
premialità, ma scordandosi clamorosamente della scuola: degli alunni,
professori, personale e dirigenti. Eppure una legge del 2006 stabiliva
la cadenza triennale dei concorsi a preside e, se l'ultimo fu bandito
nel 2004, significava che nel 2007/8 se ne doveva bandire un altro e
invece, a inizio 2011, siamo ancora in attesa. Un letargo che sta
danneggiando quelle scuole affidate a un reggente, il preside di
un'altra scuola, il quale è costretto a dividere una doppia e pure
tripla responsabilità. Per alcuni tuttavia il bando non potrà uscire
che verso la prossima estate e per motivi di finanza non per semplice
pigrizia. Se infatti già coi reggenti lo Stato risparmia un bel po' di
denari, bandendo il concorso dovrebbe pagare subito un esercito di
persone per vigilare i previsti 120mila aspiranti alle pre-selezioni,
poi pagare gli esperti per correggere gli elaborati, poi nominare e
pagare le varie commissioni per vigilare e correggere i compiti scritti
e valutare gli esami orali e infine, dalle graduatorie scaturite, si
assegneranno i posti. Per espletare questo iter occorreranno almeno due
anni, ma se si prende come esempio il concorso per soli 150 posti di
ispettore tecnico, bandito nel 2006, a cui parteciparono 30 mila
candidati e che è ancora in alto mare, nulla toglie che le attese siano
bibliche.
Eppure basterebbe una leggina per fare una riforma epocale veramente:
l'elezione diretta dei presidi da parte di ogni scuola autonoma. Oltre
ai grandi risparmi, il preside sarebbe l'espressione democratica della
Istituzione, avrebbe un programma (dal Pof alle attività aggiuntive
alla progettualità) da rispettare, le richieste di trasferimento
diminuirebbero a beneficio della didattica, dovrebbe rispondere delle
sue azioni davanti al collegio, mentre ogni ventata cesaro-papistica
durerebbe solo a tempo.
Pasquale Almirante - La Sicilia del
09 gennaio 2011