Docenti fortemente
integrati con la propria regione, plasmati dal proprio territorio,
cinghie di trasmissione, così li vuole il senatore Mario Pittoni,
senatore della Lega nord e membro della commissione permanente
istruzione di Palazzo Madama, alle cui iniziative in materia di
reclutamento del personale docente della scuola sembra si guardi con
interesse dalle parti di Viale Trastevere.
Se la legislatura non si interrompe
prima, la proposta Pittoni (atto Senato n. 2411), adeguatamente
rivista, è data in pole position per la riforma del reclutamento dei
docenti.
Ecco cosa sostiene il senatore, illustrando la proposta il 5 ottobre
scorso. Chi cerca un posto di lavoro pubblico nella regione nella quale
risiede deve essere valutato «a parità di condizioni con chi proviene
da altre regioni». Poiché negli attuali concorsi il voto conseguito con
il titolo di studio dà diritto a punteggio e poiché ci sono realtà che
userebbero la «manica larga» nella distribuzione dei voti, l'esponente
leghista, per eliminare la discriminazione che viene operata nei
confronti di chi è valutato con la manica stretta, prevede l'istituzione di un albo regionale
del personale docente, in attesa dell'abolizione del valore legale dei
titoli di studio. I docenti che
richiedono l'iscrizione all'albo di una regione devono avervi la
residenza «professionale» ed essere sottoposti a «test di
preparazione», o test d'ingresso, per accertarne l'attitudine
all'insegnamento e l'effettivo livello di preparazione nelle singole
materie. Essi sono quindi iscritti secondo l'ordine del voto conseguito.
Nel suo intervento il senatore non spiega i successivi passaggi, i
quali però si possono desumere dal testo della proposta del 2008, visto
che l'odierno articolato non è stato ancora ufficialmmente diffuso. Ad ogni tornata concorsuale, le istituzioni
scolastiche, singolarmente o in rete, espletano i concorsi, avvalendosi
di una commissione giudicatrice.
Ai concorsi possono partecipare solo gli iscritti all'albo regionale,
essi devono simulare una lezione in classe con la quale dimostrare
capacità comunicative e metodologiche. Il
concorso si supera con un punteggio non inferiore a 35/40 (9 meno), al
quale si aggiungono fino a 5 punti di titoli e, solo nei confronti dei
primi trenta, il maggior punteggio ottenuto in sede di test d'ingresso.
I vincitori sono quindi assunti con contratti a tempo determinato, che
solo dopo un triennio di lavoro valutato positivamente può essere
trasformato a tempo indeterminato.
Il meccanismo è destinato, secondo il senatore e secondo il disegno di
legge n. 3357 della Camera, prima firmataria Paola Goisis, a creare un
circuito virtuoso, mettendo in competizione i vari aspiranti
all'insegnamento. A dire il vero, ad
un analogo criterio competitivo è ispirato anche l'attuale sistema dei
concorsi ma come questo non ha risolto il problema di base, quello
della diversa formazione che i docenti ricevono nelle università di
provenienza e dei diversi criteri di valutazione finale, non lo
risolvono nemmeno i sistemi più o meno complessi delineati nei vari
progetti leghisti. I
quali hanno una caratteristica comune, sono fortemente ideologicizzati
e restituiscono un'idea d'insegnante supino all'autorità e incaricato
di «trasmettere» (Pittoni) cultura e valori locali in sostituzione dei
genitori che non vi possono più provvedere.(da ItaliaOggi Mario
D'Adamo)
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