È andata. E non è andata neppure male, considerando che per la
concessione del nulla osta dalla Questura ci hanno chiesto di tornare
più volte e che, comunque, ogni evento che si rispetti non può non
avere la necessaria dose di imprevisti.
L’iniziativa consisteva nello spiegare in piazza il ddl Gelmini e la
piazza era il Largo Cairoli di Milano, anche se ne avremmo preferito
qualcuna più centrale.
Al megafono si alternano studenti e ricercatori che illustrano le
incoerenze della riforma: il quadro che ne scaturisce è desolante per
l’ego di chi l’ha voluta e per le conseguenze di chi dovrà subirla.
Per la verità saremmo stati ben felici di accogliere qualcuno
favorevole a questa rivoluzionaria riforma della scuola, non fosse
altro per l’incensato contraddittorio che si pretende a prescindere dai
fatti, ma l’unico relatore con questi requisiti ci ha chiesto di
leggere le sue righe, essendo impossibilitato a partecipare al
presidio.
Non l’abbiamo esaudito: ci sembrava eccessivo; dovrà accontentarsi, per
la difesa del provvedimento legislativo, dei modesti mezzi televisivi
che la compatta maggioranza ha ancora nelle sue disponibilità.
Al di là dell’ironia, è proprio questo il limite di questa iniziativa
(che è in fondo anche un limite di questa democrazia): la
consapevolezza di non potere raggiungere che un numero circoscritto di
persone.
Ma sono contenta anche così: vedere dei giovani che, a dispetto del
freddo e dell’indifferenza, vincono la timidezza e parlano al megafono,
spiegando le ragioni di una protesta che, per quanto demonizzata, ha
motivazioni più che valide, è consolante.
Oggi, in Senato, è stato discusso il ddl.
Il nostro presidio non è certo servito a cambiare gli obiettivi di
questo governo, né la mente dei tanti apatici presi dallo shopping
milanese.
Ma a noi, pochi studenti, è servito ad uscire dalla rivolta da
tastiera, dall’immobilismo virtuale: la partecipazione politica può
partire da Internet, ma non può morire in Facebook, non si può fermare
alla sola condivisione di notizie e pensieri. L’aveva capito e cantato,
anni fa, Giorgio Gaber: “C’è solo la strada su cui puoi contare, la
strada è l’unica salvezza.
C’è solo la voglia, il bisogno di uscire di esporsi nella strada, nella
piazza”.
ilfattoquotidiano.it