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Umanistiche: Classicismo romantico del Carducci. Un piccolo saggio su un grande artista.

Redazione
Sulla poesia del Carducci la critica si è variamente espressa, ora per evidenziare il carattere retorico ed accademico del suo classicismo, ora per precisarne il significato polemico positivo e salutare esercitato nei confronti della più sfumata ed edulcorata poesia tardo-romantica.
Nell’un caso e nell’altro non si è andati spesso fuori di un giudizio interessato e di parte, troppo schematico per essere esaustivo, o troppo rigido e convenzionale per poter accogliere e far propri i temi e le forme della più intima e complessa ispirazione poetica carducciana.(1)
L’interpretazione del Croce, per esempio, se è valsa a contrapporre polemicamente l’ideale della “sanità”  del classicismo del Carducci come l’antidoto più sicuro contro il “ veleno delle vacue fantasticherie romantiche, ha finito, poi, per mitizzare la figura del poeta-vate “scudiero dei classici”, precludendosi ogni ulteriore approfondimento dello svolgimento della esperienza lirica carducciana.( 2)
Per non dire di quei critici che, più carducciani dello stesso Carducci, hanno voluto negare persino la presenza di venature romantiche nella sua poesia, ritenendo il classicismo “solare” il sentimento unico fondamentale del nostro poeta.  I risultati di una simile impostazione critica sono stati il fraintendimento del Carducci, e la riduzione della sua poesia agli aspetti più esteriori, più declamati e compiaciuti del suo tecnicismo formale di ascendenza oraziana ed  alessandrina.

In realtà, se è vero che la presenza del Carducci nella letteratura del secondo Ottocento non acquista pieno significato se non viene posta in rapporto con la saldezza della tradizione classica italiana, intesa come fedeltà ad alcuni valori etici  e come culto del mestiere letterario(3), è altrettanto vero che bisogna, poi, in sede di lettura critica, superare i limiti di una interpretazione retorico-moralistica, se vogliamo cogliere i motivi più intimi del classicismo carducciano, vario e mosso nella incontentabile ricerca di una espressione totale del proprio sentimento poetico. Voglio dire che, se ci soffermassimo agli aspetti più polemici e programmatici del suo “realismo vitalistico giambico” o del suo classicismo più “cesellato” e “ parnassiano”, finiremmo per non capire il Carduccio più elegiaco e raccolto, il perché di certi abbandoni e di certe rinunce dell’uomo e del poeta: “Beviam, beviamo ai morti;/ con essi sta il mio cuore/…/Esiste ancora il mondo,/  la gioia e la beltà? / Nei lucidi paesi/ ancora esiste amor? Io giù tra i morti scesi / ed ho sepolto il cuor.”( Brindisi funebre); il perché di certi sfoghi e di certe confessioni : “ […] Meglio sposare te, bionda Maria! / Meglio ir tracciando per la sconsolata / boscaglia al piano il bufalo disperso, / che salta fra la  macchia e sosta e guata, / che sudar dietro al piccoletto verso! /Meglio oprando obliar, senza indagarlo questo enorme mister. dell’universo!” / ( Idillio maremmano) ; “…/ e sempre corsi, e mai non giunse il fine; e dimani cadrò…”(Traversando la Maremma toscana) ; di certi “ movimenti di evasione, di oblio in un carpe diem erotico colorato di edonismo struggente”; : …O Jole;/ amiam l’ultima volta” ( Autunno romantico) ; “… Mescete in vetta  al luminoso colle, / mescete, amici, il biondo vino, e  il sole / vi si rifranga : sorridete, o belle: / diman morremo” ( Sul monte Mario ), ecc. ecc.; finiremmo per non cogliere quel sentimento tutto romantico del mistero della vita e della morte, che è in tanta parte della poesia del “ classico” Carducci : “ O notte, o inverno, / che fanno giù ne le lor tombe i morti?” ( Notte d’ inverno);  “…E voi non nati, a la cui man la face / verrà che scorse da le nostre, e voi / disparirete, radiose schiere, / ne l’infinito” ( Su monte Mario), ecc. ecc.(4).
Di fatto, sotto la varietà dei temi e dei toni della poesia del Craducci , è possibile rintracciare un tema centrale fondamentale : il sentimento doloroso dell’esistenza colto e vissuto come insanabile contrasto di idealità e di realtà “ picciola e meschina” , di entusiasmo e di tedio , di ombra e di luce; contrasto tra i bisogni del cuore  e attacco contro “il vil muscolo nocivo “, fra immagini di pienezza vitale ( si legga, per fare un esempio , Canto di marzo ), e segni di smarrimento: “ Che siam povera razza dei viventi?”; contrasto, insomma, tra classicismo e romanticismo. Tra questi due poli emblematici essenziali si svolge -  afferma il Binni -  la poesia del Carducci, realisticamente concreta e fantasticamente suggestiva.
Senza volere ad ogni costo immergere tutto Carducci in un’unica aura elegiaca e funebre (5), trascurando e negando quanto di “ vitalismo energico è nella sua visione poetica “ ( Binni), bisogna tuttavia riconoscere  che lo stesso suo classicismo, nei momenti migliori, si fa più umano e vero, più energico e pensoso in relazione proprio alla consapevolezza che ne rappresenta la morte “ via da le memorie, via dagli affetti”, e il presente “ arido mondo che non crede a nulla “.
Il classicismo più autentico del  Carducci si svolge  nel segno di questa bipolarità di toni e di temi; esso non è punto morto di riferimento costante di valori ideali eterni e immutabili, passivamente accolti e idoleggiati, ma momento dinamico di tensione e di contrasto tra ciò che è stato e ciò che non è più; tra passato luminoso e felice, e il presente caliginoso e triste. Si legga  ad  esemplificazione di quanto letto : Alle fonti del Clitumno; e ancora : Nella piazza di San Petronio, Presso l’urna di Percy Bysshe Shelley. Tutte poesie in cui “ trema un desiderio vano de la bellezza antica “.
E questo contemplare il passato con rimpianto e nostalgia, come quello in cui l’attimo fuggente supremamente bello si è realizzato, è posizione – scrive De Lollis – tipicamente romantica.
Classicismo romantico, se così vogliamo definirlo questo del Carducci, che, mentre ritrae “realisticamente” le vestigia del passato storico, ne evoca , al presente, i fantasmi poetici.
In conclusione ci sembra di poter affermare che classicismo, realismo, romanticismo nel poeta maremmano, lungi dal rappresentare momenti separati, a sé stanti, della sua ispirazione, sono, in effetti,  istanze e aspirazioni convergenti e spesso dialetticamente contrapposte della sua poesia.

                                                                                                                      Nuccio Palumbo
Note:
1) Per l’impostazione critica di questo problema si veda il saggio, per noi fondamentale, del Binni, Carducci e altri saggi, ed.Einaudi. 1960.
2) “ L’Italia, nel risorgere a nazione, nell’imprendere e condurre innanzi una larga ricognizione storica della sua vita civile,letteraria e artistica, nel rientrare nel circolo della storia universale, produsse un poeta che nella sua storia, impregnata della nuova vita, si fece voce possente…La poesia del Carducci…può dirsi un vero epos riflesso della storia d’Italia nella storia del mondo…Il Carducci fu  il poeta –vate della nuova Italia”.  B.Croce, La letteratura della nuova Italia,vol.II,ed. Laterza,1973,pag.101.
3) Scrive L. Russo in Carducci senza retorica, ed. Laterza 1973,pag.238 : “ …il Carducci, storicamente, rappresentava la reazione al vago poeticismo romantico, ed egli voleva essere l’archiatra, il curatore impietoso della ‘scrofola romantica’;[…] Egli continuava e concludeva la grande tradizione che si partiva dal Parini e dall’Alfieri, che si era affermata col Foscolo, ampliata col Leopardi, e con lo stesso Manzoni…”.
4) Sul contrasto tematico vita-morte, ombra-luce, si rimanda al saggio del Binni,op.cit.
5) Scrive L.Russo : “ Poeta funebre direi il Carducci…Se si legge attentamente tutto il suo canzoniere più giovanile, noi cogliamo sempre questo accento funebre di tristezza….Ahimé, il poeta della terza Italia,…era un poeta che preferiva cantare la solitudine,l’ombra e la morte. E il suo pensiero fu sempre coi trapassati…”. Carducci senza retorica, op. cit. pgg.253-257.




 Nuccio Palumbo








Postato il Lunedì, 20 dicembre 2010 ore 07:00:00 CET di Nuccio Palumbo
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