Proteste e
occupazioni, non scatta la tregua. La prossima settimana si vota la
fiducia al governo. Se l’esecutivo incasserà un risultato positivo, si
tornerà a discutere in Parlamento di riforma dell’università. In attesa
di quella data le contestazioni anti-Gelmini non si placano: ieri sono
stati occupati altri licei e facoltà, a Bologna sono stati invasi i
binari della stazione, davanti ad un istituto romano gli studenti hanno
rovesciato letame, come qualcuno aveva già fatto a casa del ministro.
Ma dopo quasi due mesi mese di proteste serrate, cortei e sit-in c’è
chi comincia a fare la conta dei danni. Ad un passo dagli scrutini (in
molte scuole si svolgeranno a gennaio) i presidi delle superiori
lanciano l’allarme assenze.
Quest’anno la riforma Gelmini ha fatto scattare un tetto preciso: chi
non frequenta i tre quarti dell’orario annuale (che equivale, in media,
a seconda degli indirizzi, a 50 giorni di scuola) viene bocciato. Il
problema, fanno notare i presidi, «è che qualcuno si sta già
avvicinando a quel limite». Nelle ultime settimane è stato tutto un
susseguirsi di cortei improvvisati, flash mob, sit-in. «Ci sono
studenti che non hanno fatto i compiti in classe, non si sa come
giudicarli- spiega Mario Rusconi, preside del Newton di Roma, il liceo
dove ieri gli alunni hanno gettato letame all’ingresso, ma non sono
riusciti ad occupare-. I professori stanno cercando di correre ai
ripari, di interrogare, ma non escludo qualche non classificato».
L’incubo bocciatura è dietro l’angolo. Anche perché molti istituti
stanno decidendo di conteggiare i giorni di occupazione come assenze.
Su questo punto la normativa Gelmini non dà regole precise. Specifica
solo che senza una certa frequenza l’anno non è valido. Si parla di
deroghe per casi “motivati e straordinari”, ma non di occupazioni.
«Questo perché deve decidere l’autonomia scolastica- fa notare Max
Bruschi, consigliere del ministro Gelmini- sono le scuole che valutano
caso per caso». E infatti sta scattando il fai-da-te. Un esempio: al
liceo Virgilio di Roma i ragazzi hanno occupato dal 16 novembre al 30.
Ma «quei giorni non saranno conteggiati come assenze- spiega un
rappresentante degli studenti- dovremo solo recuperare il tempo perso
per rispettare il minimo di 200 giorni di lezione da fare all’anno per
legge». Al liceo Visconti, nella Capitale, l’occupazione è durata solo
due giorni, ma peserà come assenza. Al Manara, altro istituto romano,
saranno contati come assenze solo i giorni di occupazione in cui i
docenti hanno fatto gite o visite fuori: chi non c’era sarà
penalizzato. Emilia Marano, preside dell’Albertelli, liceo storico di
Roma, ha fatto una scelta diversa. I suoi studenti sono rimasti
barricati a scuola un giorno e mezzo, ma li pagheranno. Con l’assenza
sul registro. «Va dato un segnale- dice- i ragazzi si fanno male da
soli saltando la scuola. La circolare Gelmini prevede deroghe per casi
gravi, per le malattie, non certo per le occupazioni. Inoltre i tanti
scioperi e cortei stanno pesando sulla didattica: da un mese si fa poco
e niente e mancano interrogazioni e compiti in classe». Il fai-da-te
preoccupa i genitori di chi non ha contestato, che invocano chiarimenti
dal ministero. Ma il Miur non sembra intenzionato ad intervenire per
lasciare mano libera all’autonomia delle scuole
(da Il Messaggero di Alessandra Migliozzi)
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