Strano Paese il
nostro. Fino a qualche giorno fa si sottolineava l’essenziale
compattezza della comunità universitaria nella protesta contro il ddL
Gelmini. Una compattezza di cui la stessa CRUI, la Conferenza dei
Rettori, doveva alla fine prendere atto. Si metteva bene in evidenza,
almeno nei mezzi di comunicazione sia di destra che di sinistra ancora
non asserviti a tesi precostituite, come gli enunciati di principio
(autonomia, merito, responsabilità, valutazione) venissero puntualmente
disattesi nell’articolato della legge. E si faceva emergere come al
contempo la stragrande maggioranza della comunità universitaria
(studenti, personale tecnico, docenti) ritenesse importante un
intervento riformatore, ma volto a invertire una tendenza al declino
del nostro sistema di formazione e ricerca e non ad accelerarla.
Oggi invece sembra stia progressivamente passando, anche nei mezzi
d’informazione non proprio filogovernativi, il messaggio sbagliato che
la protesta dei giovani sia sì stata innescata dal ddL sull’università
ma abbia cause riconducibili essenzialmente al disagio sociale sempre
più diffuso e finisca per risolversi in un mantenimento dello status
quo. Con buona pace per la meritocrazia. Nessuno vuole negare cogenza
ad analisi sociologiche e psicologiche delle masse in tempo di crisi,
come quelle di Barbara Spinelli, Ilvo Diamanti o Michele Boldrin.
Aiutano sicuramente a capire le dimensioni e la durata di un fenomeno
di protesta come quello cui assistiamo. Ma risulta francamente
discutibile fare queste analisi «senza entrare nel merito della
riforma». Si finisce per creare fittizie contrapposizioni tra il
movimento di protesta e principi importanti, come la rilevanza del
merito, dando l’impressione all’opinione pubblica che proprio di
meritocrazia e della sua esaltazione parli il ddL sull’università. Ma
questo non è assolutamente conforme al testo della legge. Ad alimentare
la confusione si trovano le solite frasi fatte sulla mancanza di
proposte alternative di riforma. Peccato che queste proposte siano
tante. E ben congegnate. Ma che non trovino spazio adeguato nei nostri
mezzi d’informazione. Non credo che il14 dicembre assisteremo a una
palingenesi del quadro politico. Credo tuttavia che sia importante che,
qualunque sia la sorte di questo Governo, questa nefasta riforma venga
ripensata profondamente. La protesta continua, anche dopo il rinvio
della data in cui il provvedimento passerà in discussione al Senato,
proprio perché nessuno di coloro che stanno (in varie maniere)
contestando questo provvedimento si fa soverchie illusioni sulla classe
politica e i suoi trasformismi. Sono troppi i politici che hanno
espresso il loro parere favorevole al provvedimento senza sapere cosa
davvero contiene. (da L'Unità Giulio Peruzzi - docente universitario)
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