Marco Meloni, responsabile
Università del Pd, risponde all’intervista rilasciata al Messaggero dal
ministro Gelmini.
«Non è vero che il Pd non vuole la riforma. Noi ne vogliamo una
che sia più incisiva di quella del governo». Marco Meloni, responsabile
Università del Pd, risponde all’intervista rilasciata al Messaggero dal
ministro Mariastella Gelmini.
Il ministro dice che il paese è con lei sulla riforma.
«Non è vero che questa legge è popolare. Non a caso il ministro Gelmini
è fra i meno amati del governo in questo momento. E non è vero che la
sinistra non vuole riformare l’università. Noi volevamo una riforma più
incisiva, non questa».
Più incisiva in che senso?
«La legge Gelmini mette molte regole su tutto ciò che riguarda, ad
esempio, la governance degli atenei, che vengono oppressi da un iper
controllo del ministero. Invece su punti dove andavano messe norme
certe la riforma è vaga.
Per la valutazione si dice che i meritevoli otterranno più soldi, ma
senza dire come. Il Pd aveva messo sul piatto delle idee concrete su
come fare, ma non siamo stati ascoltati. E per quanto riguarda la
tenure track, la nuova formula di reclutamento a termine dei
ricercatori, noi avevamo fatto una proposta per fare in modo che i
migliori potessero salire in cattedra entro i 32-35 anni: un unico
contratto iniziale al posto dei vari assegni e borse di ricerca per 4
anni. Poi era previsto un contratto di 3 anni e dopo la possibilità di
diventare docenti. Ma con la certezza, da subito, delle risorse per
assumere professori. La ministra, invece, propone contratti a termine
3+2+3 senza eliminare la galassia dei contratti precari e non mette
garanzie sulla successiva assunzione».
Eppure Gelmini dice che nella riforma ci sono molte misure per i
giovani, come le assunzioni di 1.500 docenti associati all’anno.
«Quelle assunzioni non basteranno neppure per coprire la metà dei
pensionamenti. I posti sono pochi. Come scarse sono le risorse sul
diritto allo studio. Il ministro ha detto che finanzierà il Fondo per
il merito, ma per ora non c’è un soldo. E, comunque, quel fondo darà
premi solo a pochissimi. Mentre già oggi la maggior parte di coloro che
hanno diritto ad una borsa di studio non la ottengono perché non ci
sono risorse per coprire i sussidi».
Per il ministro chiedere solo risorse è pura demagogia.
«Non si può dire che siccome non ci sono i soldi si deve disinvestire
sull’Università che in tre anni ha perso quasi un miliardo e mezzo.
Mentre per l’Alitalia e il taglio dell’Ici per i più abbienti il
governo ha speso 6 miliardi. I tagli sono cominciati prima della crisi.
E Tremonti non sta mettendo soldi, sta solo mitigando i tagli. Il
governo ha fatto la scelta di non investire sull’istruzione e
sull’università».
Cosa chiedete alla Gelmini?
«Di sospendere l’esame della legge e tornare a discutere per averne una
migliore. E non dica più che noi soffiamo sul fuoco della protesta. La
verità è che per evidenziare i problemi bisogna salire sui tetti in
questo paese. Ricercatori e studenti stanno cercando un dialogo, se
davvero vuole una riforma che duri si fermi e si confronti su temi che
per noi sono fondamentali come il diritto allo studio, la governance,
il reclutamento»
(da Il Messaggero)
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