Non siamo
certamente di fronte a un nuovo “68. Quello infiammò tutto il mondo,
questo interessa solo il nostro paese e la controparte è il Governo,
mentre all'ora perfino i professori e i gangli della società medesima
erano sotto inchiesta. Con ogni probabilità molti studenti non si
stanno rendendo conto della loro ribellione, ma dire, come ha
dichiarato la ministra del Miur, che subiscono strumentalizzazioni
dalle opposizioni di sinistra è riduttivo e forse pure aggressivo, ma
certamente astioso. Il problema di un riordino della istruzione è
avvertito ormai da oltre un ventennio, ma giudicare quello avviato da
quest'anno scolastico affrettato e con lo sguardo rivolto alla sola
riduzione della spesa pubblica è un dato ormai incontrovertibile e per
certi versi ammesso anche da Tremonti, mentre i veri tentativi di
riforma, il ddl Aprea per esempio, giacciono nel deserto della
indifferenza politica.
Ma al parlamento è stato depositato un altro ddl sulla scuola da parte
dell'on. Giambrone dell'Idv che però, siccome è dell'opposizione, non
verrà nemmeno considerato benchè contenga elementi di riflessione e di
indirizzi di cambiamento condivisibili e comunque meritevoli di
discussione. Ma c'è di più. All'avvizzimento dei decreti delegati del
1976 si sta cercando di rispondere con meccanismi legislativi che non
hanno di mira la valorizzazione della autonomia scolastica e una più
moderna governance della scuola, ma tendono solamente a incombere
autoritariamente sulla libertà di insegnamento dei professori e perfino
nei rapporti interpersonali, assimilando la funzione educativa con
quella di un grigio travet nei vari uffici della pubblica
amministrazione.
Con ogni probabilità il mito del fratricidio, quello che accompagna la
nascita di questa nazione, insegue il nostro Parlamento per cui chi
vince detta la sua legge, scordando che l'istruzione non ha fazioni e
che per certi versi rappresenta la compattezza di un esercito
efficientissimo pronto a difendere, sia il suo patrimonio culturale, e
sia a espandere nel mondo il frutto delle sue scoperte.
Né d'altra parte è pensabile di cambiare la scuola a colpi di decreti
se non si avvia una fase di coinvolgimento di tutte le istituzioni e di
tutte le forze sociali e politiche del paese; se non si implementa tra
scuole e Miur e tra reti di scuole una prassi di collaborazione, di
verifica dei risultati raggiunti e degli obiettivi prevedibili, e
questo pur in presenza di una riforma universalmente condivisa.
Fino a quando la scuola sarà vista come un “potere forte” in mano a
qualcuno, nelle nostre aule si respirerà aria di crisi.
Pasquale Almirante - La Sicilia del
28 novembre 2010