Intervista a
Maristella Curreli, presidente
nazionale del Coordinamento Insegnanti Precari.
E nell'Italia dove nulla è più stabile del provvisorio, i precari
rappresentano la stabilità della scuola...
Nell'Italia dove nulla è più stabile del provvisorio, i precari
rappresentano la stabilità della scuola: se non ci fossero loro, la
mattina la campanella d'avvio delle lezioni non suonerebbe in molte
classi.
Una delle "precarie d.o.c." è Maristella Curreli, presidente nazionale
del CIP, il Coordinamento insegnanti precari. Un ruolo che
forse Mariastella farebbe volentieri a meno di ricoprire, visto che non
si sceglie d'essere precari, soprattutto quando non fai il manager
superpagato che è disposto al precariato di lusso, alla mobilità
continua, al cambiamento di sede e di azienda, ma lavori nel sistema
dell'istruzione pubblica con stipendi inadeguati e con l'incertezza
continua, perché se un manager è bravo di solito non lo licenziano,
mentre tu puoi essere anche il miglior professore del mondo, ma se sei
precario il posto lo rischi ogni giorno.
Si sono moltiplicate le sentenze di giudici del lavoro che riconoscono
le ragioni di docenti precari in merito alla carriera e alla
retribuzione. E’ un segnale importante?
Sono cauta, perché non ho letto le sentenze, e vorrei farlo prima di
esprimere una valutazione compiuta. Se sarà riconosciuto lo stipendio
estivo, equiparando quindi i docenti precati a quelli di ruolo, allora
potremmo considerarlo un vero successo. Se questo fosse l'avvio di un
processo per trasformare i contratti dei precari da tempo determinato a
tempo indeterminato, allora sarebbero ampiamente rispettate le
direttive europee che non permettono l'uso/abuso dei contratti a tempo
determinato.
Sia la proposta della Flc-Cgil, sia il documento programmatico sulla
scuola del Partito Democratico, fanno della questione precari un punto
centrale, poiché è chiaro che nessuna riforma della scuola sarà mai
tale se non dirima, positivamente, una condizione contrattuale che
riguarda più di centomila docenti. Nei calcoli che gli esperti del
sindacato fanno, si dimostra che con l’assunzione dei precari lo Stato
risparmierebbe. E’ così?Noi abbiamo sempre detto che lo Stato,
assumendoci, risparmierebbe. Attenzione: lo Stato, non il ministero
dell’Istruzione, perché se noi consideriamo semplicemente il bilancio
del MIUR, è chiaro che mantenendoci precari si risparmiano 9 mila euro
all’anno. Ma il conto cambia completamente se consideriamo ferie non
godute, Tfr, disoccupazione, ecc, in tal caso è vero: assumendoci,
andremmo a costare allo Stato più o meno lo stesso.
E allora dov’è l’inghippo?
L’inghippo è negli scatti di anzianità che noi precari non percepiamo,
mantenendo anche dopo tanti anni lo stesso stipendio iniziale. Ecco
perché preferiscono docenti giovani che non devono fare la
ricostruzione della carriera.
C’è però un’altra questione: una scuola moderna, una scuola adeguata
alle sfide dell’innovazione, deve svecchiarsi anche nell’età del corpo
docente. O no?
La qualità della scuola è l'aspetto essenziale, e allora mi chiedo
perché in qualsiasi posto di lavoro l’esperienza è importante, mentre
nella scuola quando hai acquisito esperienza ti considerano vecchio, da
rottamare. Si parte dal presupposto che un docente precario sia un
dinosauro nell’uso delle tecnologie, che non si aggiorni, che non sia
preparato, ma chi l’ha detto? La questione del docente ‘vecchio’, la
richiesta di portare linfa nuova nella scuola è storia antica. Lo disse
Berlinguer, e poi Moratti, e Fioroni e ora anche Gelmini. Io sono stata
giovane, sono entrata giovane nella scuola e nella scuola sto
invecchiando, e ora che vogliono fare? Mi vogliono sbattere fuori? Se
vogliono solo docenti giovani, allora dovrebbero mandar via non solo i
precari, ma anche tutti i docenti di ruolo che dentro la scuola ci sono
già da qualche anno!
Ci sono, invece, problemi veri, ad esempio quelli della continuità
didattica, della formazione in servizio, che nessuno vuole risolvere.
Come si vive da precaria?
Le racconto questo episodio. Questa estate mi ha telefonato una
giornalista australiana per un servizio radiofonico sulla scuola
italiana. Le ho parlato della nostra vita di insegnanti precari e la
giornalista è rimasta allibita, non aveva mai sentito una cosa del
genere, e mi ha chiesto: “Mi scusi, ma l’Unione Europea permette una
cosa del genere?”. (di Giovanni Belfiori da Pd-Scuola)
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