Mancano i soldi:
così il governo giustifica i pesanti tagli alla scuola pubblica. Invece
ci sono. Vengono usati non per le esigenze della scuola e
dell'università, ma per quelle del settore militare. La spesa militare italiana per il 2010
ammonta a circa 25 miliardi di euro: di questi poco più di 20 iscritti
nel bilancio della Difesa, i restanti in quelli dei ministeri di
economia e finanze e dello sviluppo economico.
Eppure - dice la nota aggiuntiva del ministro La Russa allo stato di
previsione per la Difesa 2010 - «permane la sostanziale assenza di
forze militari ostili, ovvero capaci di portare nel medio e breve
termine minacce dirette all'Italia».
Che bisogno ha allora l'Italia di mantenere una spesa militare che su
base pro capite si colloca al sesto posto mondiale e, in base
all'ammontare, al decimo posto? Perché l'instabile quadro
internazionale, frutto della crisi economico-finanziaria, rende
necessaria «un'estensione del tradizionale concetto di difesa, al fine
di tutelare gli interessi nazionali con ogni strumento». Compito delle
forze armate non è più solo la difesa della patria, come sancisce la
Costituzione, ma «la difesa dello Stato e salvaguardia dei suoi
interessi vitali attraverso operazioni multinazionali anche a grande
distanza dal territorio nazionale».
Si capisce quindi perché, mentre si vara la manovra che taglia le spese
sociali, il Parlamento approva la spesa di un miliardo di euro per
nuovi sistemi d'arma, tra cui siluri di nuova generazione e unità
navali per incursori, e infrastrutture militari, in primo luogo l'Hub
aereo nazionale delle forze armate a Pisa, da cui transiteranno tutti i
militari e i materiali (anche statunitensi) diretti dal territorio
italiano ai teatri operativi. Essi si trovano - specifica la nota del
ministro La Russa - nelle «aree di interesse strategico», non solo
l'Europa (Balcani, Europa dell'Est e Caucaso), ma l'Africa
settentrionale, il Corno d'Africa e il Medio Oriente, inclusa l'area
del Golfo Persico.
La lotta contro i tagli alla scuola pubblica, all'università e alla
ricerca non può quindi rinchiudersi nell'ambito settoriale. Basti
pensare che la spesa complessiva del Miur per l'istruzione
universitaria, la ricerca e l'innovazione sta scendendo con i tagli
sotto i 10 miliardi annui, ossia a meno della metà della spesa
militare, che viene invece aumentata (con consenso bipartisan) per
«tutelare gli interessi nazionali nelle aree di interesse strategico».
Ben altro uso va fatto del denaro pubblico per tutelare i veri
interessi nazionali. Occorre tagliare la spesa militare, non
partecipando a guerre spacciate per missioni umanitarie, e investire le
risorse risparmiate nelle vere aree di interesse strategico: scuola
pubblica, università e ricerca.(da Il manifesto di Manlio Dinucci)
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