Sale sul palco, si
toglie la giacca ed esclama: «Eliminiamo questa ufficialità che non
serve a nulla». Si presenta così ai ragazzi di Volalibro il
professore-cantautore Roberto Vecchioni, che con il suo fare
autentico e fuori dagli schemi, indossando un paio di blue jeans e una
camicia casual, spiazza immediatamente l’uditorio di Volalibro 2010,
entrando in confidenza con il numeroso pubblico presente (ieri
pomeriggio) nell’Aula Magna del seminario vescovile di Noto.
Subito il colloquio – moderato dal giornalista Andrea Lodato – si
apre con un lungo monologo come atto d’amore per la Sicilia «che è
madre di tutte le culture» e verso il popolo e i ragazzi siciliani «che
sono tra i più avanti di tutta Italia, anche se purtroppo non hanno
spesso i mezzi per dimostrarlo».
Sul palco Vecchioni è un perfetto padrone di casa: senza
concedere spazi alle formalità aggredisce la platea, inondandola di
riflessioni sulle parole e sul valore della lingua, «vero ponte
comunicativo per gli uomini». Tra considerazioni personali sulla
società attuale, sulla scuola contemporanea e sulle nuove generazioni,
le citazioni di autori di ogni epoca si susseguono: «Io non posso
adirarmi con un mio affine e neppur sentirmi a lui nemico.
Siamo nel mondo per reciproco aiuto, come piedi, come mani, come
palpebre, come i denti di sopra e di sotto in fila; in conseguenza è
contro natura ogni azione di reciproco contrasto.
Ed è contrasto l’ira e la reciproca avversione». Le parole tratte dai
pensieri di Marco Aurelio introducono il dialogo paterno – e fraterno
al tempo stesso – che il cantautore intreccia con i ragazzi. «Il mondo
non va a caso, agisce secondo delle logiche ben precise che gli uomini
tessono. Non si può sconoscere una cosa e possederla, è un assurdo
pensiero. Come si fa, ad esempio, ad amare senza conoscere? I tuoi
figli, tua madre, la tua compagna: li ami quando li conosci. Conoscere
è amare, conoscere è vivere».
Calde le raccomandazioni contro le lusinghe che la società
dell’immagine offre: «Non fidatevi dei paradisi meravigliosi, della
felicità regalata con poco sforzo, offertavi dalla pubblicità. Il
principio del “voglio tutto e subito” è lo slogan ufficiale. Ma questo
mondo che corre e consuma non vi lascia il gusto della conquista, del
domani, del sogno. Questo è il senso che vi dovrebbe instillare la
scuola, anche se adesso non ve ne accorgete, ma quando avrete bisogno,
quando vi salteranno addosso, ritroverete delle cose che avete
incamerato in precedenza».
Una lunga riflessione viene poi riservata al mondo della cultura e in
particolare dell’istruzione: «La scuola italiana è cambiata
tantissimo, sempre in peggio. Ho visto i tentativi dei ministri:
i tentativi di cambiare senza riuscirci. Ma c’è una base
fondamentale: l’istruzione a qualunque livello è la cartina al
tornasole della civiltà di un popolo. Non esiste nel mondo un sistema
di istruzione che oggi faccia così schifo come quello italiano. Da cosa
dipende? Dai tagli all’istruzione, perché giudicata facoltativa. Gli
insegnanti sanno benissimo di quanti e quali bisogni avete. E queste
capacità e sensibilità sono premiate con l’elemosina, non con stipendi
proporzionati alle responsabilità enormi che i docenti hanno nei
confronti dei giovani. Sarà sempre così finché la scuola italiana non
diventerà una priorità». I minuti si accavallano, ma la platea non lo
molla e Vecchioni si concede con trasporto, raccontando i ricordi di
gioventù, il percorso professionale all’interno della scuola, le
avventure con Francesco Guccini, il rapporto di amicizia viscerale
con Alda Merini: «Mi svegliava nel cuore della notte, dettandomi
delle poesie. Ne conservo molte inedite e lo farò gelosamente per
sempre».
Il saluto, infine, si è tinto ancora una volta d’affetto per l’Isola e
di ironia verso i ragazzi che gli hanno chiesto di cantare e di
continuare a rispondere alle domande: «Non temete, cari ragazzi, tanto
tornerò presto. Ho pensato bene che d’ora in poi metà della mia
esistenza la passerò in Sicilia, l’altra metà nel resto
d’Italia». (da http://www.ilgiornaledipachino.com)
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