Nella lettera 9 ^ del II libro delle Familiari – “
Responsio ad quandam iocosam epjstulam Jacobi de Columna Lomberiensi
episcopis”- si tocca un problema scottante : quello del discrimine, in un testo poetico,
tra verità e inganno, realtà e finzione, tra naturalezza e artificio..
La insinuazione del vescovo, essere l’amore per Laura una
finzione, una invenzione poetica, finti i versi, simulati i sospiri,
possiamo, a tutt’oggi, farla nostra. La poesia del Petrarca è la poesia
dell’amore per Laura o l’amore della poesia ( dell’amore per Laura )?
E’ parola del desiderio o desiderio della parola, della parola poetica
che si costituisce come parola sull’oggetto (“parlare di lei”) e come
oggetto di parola, da parte degli altri, di tutti quelli che
costituiscono il “ Voi che ascoltate in rime sparse il suono”?
Il problema in effetti si pone, e con solo per il Canzoniere, ma per
ogni testo poetico che, in quanto tale, ha sempre un carattere di
ambiguità semantica inesauribile. Il linguaggio poetico è ambiguo per
sua propria natura ( Segre, I segni e la critica ). Dunque, discutere
della poesia del Petrarca è discutere su linguaggio poetico di
quella poesia , costituendosi il linguaggio stesso della scrittura (
nella dimensione della “confessione” ) come “metalinguaggio”. E tutto
questo- ( la inesauribilità del testo)-, quando si ha l’impressione di
trovarsi di fronte a una poesia tutta “esplicita”, di fronte a “forme”
e “contenuti” tutti codificati, cioè incanalabili entro la
tradizione cortese –stilnovistica, nobilitata attraverso alle
ascendenze classiche.
Lo “spazio letterario” entro cui si inscrive il Canzoniere è quello
della ambiguità, dell’artificio del testo, il cui linguaggio poetico è
sempre “altro”, “ procul –come scrive lo stesso Petrarca – ab omni
plebeio aut publico loquendi stilo” Familiari, X, 4). L’Altro
linguaggio, l’Altro Discorso ( quello poetico) che, ponendosi dentro lo
statuto del linguaggio, ne opera costantemente la destrutturazione,
impedendo alle strutture linguistiche la trasmissibilità della parola,
la comunicatività cui sono deputate, e costituendosi come
ambiguità, come il non dicibile della parola stessa che diviene il
significante di un significato anomalo. “ L’opera letteraria tende a
costituirsi in un monumento di reticenza e di ambiguità…come un
luogo di incertezza e di interrogazione , come una retorica del
silenzio “ ( Gerard Genette, Figure I, pag.185) .
Quindi, pur senza obliterare il livello della lettura letterale, è
necessario poi fare una lettura sopra la lettura , che non segue i
vincoli lessematici del meccanismo grammaticale , onde ricevere senso,
ma stabilisce legami ad ogni livello ( fonologico , morfologico,
lessicale, sintattico, connotativo, semantico ), mediante ‘ una
grammatica ‘ diversa che tesse una rete complessa di
correlatività (Lotman).
Il Canzoniere è, metalinguisticamente, interrogazione sulla possibilità
del linguaggio poetico, sulla possibilità di dire l’indicibile, di
includere il “silenzio” nella parola, nell’atto stesso in cui si pone :
“ la doglia mia la qua’ tacendo io grido” (C.n.71)
Date queste premesse, accostiamoci al Canzoniere,
Qual è il suo centro? Laura. Ma Laura è la donna sempre presente e
sempre assente; la donna dal nome di Laura che, mentre sembra
raggiungibile, sempre si sposta verso un centro imprendibile, segnando
così non solo la proliferazione del testo, ma anche la reduplicazione
speculare del suo centro. Siamo di fronte ad un gioco di specchi che
rimanda all’infinito. Allora, il perimetro del Canzoniere è in realtà
il perimetro di un labirinto (“ un lungo error in cieco labirinto”,
-canta il Petrarca -). E Laura, con l’incatenarsi delle metafore
generate dal nome attraverso una serie di rimandi omonimici o
sinonimici, che tramano tutta l’intera rete del sistema poetico,
diventa forza centripeta e centrifuga nello stesso tempo, parola del
tacere gridando : “ L’aura che il verde lauro e l’aureo crine …( C. n.
246). La parola vive all’interno di un sistema di rapporti di
equivalenza e continuamente si reduplica e rimanda ad altro ( Laura
=aura=alloro=poesia; Laura genera “aurora”che , a sua volta, si lega al
sema della rinascita del giorno, e convoglia pure il sema
della volatilità, onde “i sospiri” che , per metonimia,
richiamano la vanità dell’amore di Laura, e così via.) . La “
lettera “ del nome di Laura diventa emblema, immagine nel e del
discorso poetico, parola del desiderio ma anche desiderio della parola,
significante di un significato nascosto e assente ma presente
attraverso la connotazione del suo significante.
Nel De Magistro di S. Agostino c’è un riferimento a quanto si è
detto a proposito dell’assenza-presenza che si istituisce nella
parola –immagine, non certo ignoto a quel lettore assiduo del Santo,
quale fu il Nostro.
S.Agostino coglieva nettamente nel De Magistro la distanza che c’è tra
le parole e le cose, tra il segno e il referente, racchiudendo lo
spazio del linguaggio nello spazio dell’assenza della cosa, nella
funzione del simbolico. Leggiamo dal De Magistero(XII,39) :” Noi non
parliamo delle cose stesse, ma delle immagini da esse impresse in noi
ed affidate alla memoria, ed io non so come possiamo chiamarle vere,
mentre non sono la realtà”. E ancora, rivolto al suo immaginario
interlocutore, S.Agostino rispondeva : “ Io posso solo spiegarti
una cosa con altre parole, non posso, come tu vorresti, darti, con la
parola, la cosa “. Siamo alla “ impossibile cattura della verità da
parte del linguaggio “di cui parla Lacan, allo slittamento continuo
della catena metonimica dei significanti, che rimandano all’infinito la
presa di un reale.
Non diversamente, sollecitato dalla riflessione agostiniana, nel De
ocio religioso Petrarca scrive :”I luoghi ci offrono le cose da amare,
il tempo ci sottrae ciò che amiamo e ci lascia nell’animo turbe di
fantasmi, per i quali dall’uno all’altro si accende il desiderio.
Perciò, l’anima diviene inquieta e infelice, col desiderio di possedere
ciò da cui è posseduta “.
I fantasmi poetici che ci prendono l’anima non sono dunque – ci
ammonisce il Poeta – che surrogati delle cose reali, presenze di
assenze. Come la sua Laura che sta al centro-non centro del Canzoniere,
presenza ubiquitaria e dispersa, realtà e sogno.
Bibliografia essenziale.
Bosco, F.Petrarca
Contini, La lingua del Petrarca, sta in Il Trecento
Noferi, Il Canzoniere del P. : scrittura del desiderio e desiderio
della scrittura,in “Paragone”,296,’74
Fassò, Significante e significato nell’opera letteraria , in”
Lingua e stile”, a. VI,n.2,1971
Sansone, Assaggio di simmetrie petrarchesche, in Lingua e
stile,a.VI,n.2,’71
Nuccio Palumbo
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