Intervista a Roberta
Roberti, insegnante del Coordinamento "Istruzione bene comune" di
Parma: "Le nostre battaglie e proposte. Il PRC è il partito che più ci
è vicino".
ParmaDaily intervista l'insegnante parmigiana Roberta Roberti, co-fondatrice del
movimento "la Scuola siamo noi" e promotrice, insieme a tante altre
realtà locali, del Coordinamento "Istruzione bene comune".
Cos'è il Coordinamento "Istruzione bene comune"?
Il Coordinamento “Istruzione bene comune” è una sorta di consorzio che
raccoglie i comitati, i gruppi e i movimenti di Parma che si sono
impegnati negli ultimi anni in difesa della scuola, dell’università e
della ricerca statali. Esprime la nostra volontà di genitori, studenti,
docenti, ricercatori e personale ATA di coordinare le nostre iniziative
ed unire le nostre forze dai nidi all’università in difesa del diritto
allo studio, della libertà di insegnamento, della democrazia e della
legalità nei luoghi della conoscenza, al fine di garantire i diritti
costituzionali e la qualità e il sostegno finanziario al sistema di
istruzione statale. Intendiamo collegarci con i movimenti in difesa dei
beni comuni e con le forze impegnate nella difesa dei diritti dei
lavoratori.
Nel merito cosa non condividete della riforma Gelmini dell'Università?
Innanzitutto riteniamo che questa non sia una “riforma”, ma piuttosto
un taglio drastico delle risorse finanziarie e del personale
finalizzato a: realizzare risparmi; agevolare un processo di
progressiva privatizzazione del sistema universitario e della ricerca;
introdurre meccanismi anticostituzionali lesivi delle pari opportunità
di accesso al sapere, dato il pesante aumento delle tasse
universitarie. Del resto, la ministra Gelmini ed il suo collega
Tremonti hanno ripetutamente ribadito che “l’università non è un
diritto di tutti”: una dichiarazione che rivela l’obiettivo sotteso a
questi provvedimenti governativi, vale a dire consentire la
realizzazione di un modello sociale neoliberista, basato sulle
distinzioni di classe.
In secondo luogo, riteniamo che le proposte Gelmini, ben lungi dal
risolvere i reali problemi dell’università e della ricerca (sappiamo
bene quale impoverimento culturale abbiano portato il famoso 3+2 e
quali danni abbia causato la competizione fra le diverse sedi
universitarie con la moltiplicazione dei corsi) aggravino invece il
processo di dequalificazione dei percorsi di studio e aumentino la
precarietà del personale docente e non docente, consolidando le
peggiori pratiche tuttora in essere, dal baronato allo sfruttamento del
personale a contratto.
La trasformazione delle università in fondazioni, infine, non solo
condurrà ad una subordinazione dei corsi e degli indirizzi universitari
e dei settori della ricerca agli ambiti di interesse dei partner
privati presenti nei consigli di amministrazione, ma eliminerà ogni
speranza di gestione e di partecipazione democratica negli atenei e
negli enti di ricerca, deprivando al contempo la collettività
dell’ingente patrimonio immobiliare degli enti e delle università, che
diverrà proprietà delle fondazioni.
Il ricatto fatto ai ricercatori, che da soli hanno per anni gestito
oltre il 30% dei corsi universitari restando precari e sottopagati,
consiste nel chiedere loro di accettare una riduzione dei compensi e la
totale cancellazione di qualsiasi prospettiva di stabilizzazione. Per
fortuna, di fronte all’evidenza di questo attacco anche i docenti
universitari hanno in buona parte accettato di sostenere la battaglia
dei ricercatori, rifiutandosi di tenere corsi al loro posto.
Secondo te, in estrema sintesi, cosa dovrebbe fare il Governo per
rilanciare la scuola e l'università?
Il primo passaggio necessario da compiere sarebbe garantire il rispetto
delle norme costituzionali, sulla base delle quali vanno definiti
chiaramente gli obiettivi del sistema di istruzione.
Negli ultimi 15 anni abbiamo assistito ad una progressiva
aziendalizzazione dei settori della conoscenza: rifiutiamo
categoricamente questo processo di trasformazione di un diritto e di un
bene comune in un servizio a domanda.
In secondo luogo sono indispensabili investimenti adeguati: va
destinata all’istruzione statale una quota del PIL in linea con quella
dei paesi UE, in modo indipendente dalle finanziarie. In terzo luogo è
necessario procedere ad una riforma complessiva ed organica, sulla base
delle proposte di chi vive nel mondo della conoscenza e ben conosce i
punti di forza e di debolezza che lo definiscono.
Non è accettabile che vengano calati dall’alto provvedimenti dissennati
e disorganici, senza alcun progetto pedagogico, didattico e scientifico
e che vengano scelti i consulenti e gli “esperti” in modo non
trasparente e quanto meno opinabile, come non è accettabile l’evidente
asservimento del mondo del sapere e della formazione ai voleri e agli
interessi economici.
I movimenti una proposta sui nidi e sul sistema scolastico l’hanno
democraticamente elaborata e condivisa. E’ diventata una Legge di
iniziativa popolare e si chiama “Per una buona scuola della
Repubblica”. E’ lì nel cassetto della Commissione Cultura della Camera,
pronta per essere base di partenza di un confronto allargato.
La scuola in passato è stata un tradizionale bacino elettorale della
sinistra. Lo è ancora?
Bella domanda, ci sarebbe da chiedersi prima chi è oggi la sinistra.
Mai come oggi la scuola ha avuto un ruolo sociale tanto importante. In
una società, che ci piaccia o meno, globalizzata, multimediale, in
piena emergenza ambientale, multiculturale e multietnica, dove il
futuro è rappresentato non tanto dalle competenze, come vogliono farci
credere, ma dalla creatività nel risolvere i problemi e nel prevenirli
usando le proprie conoscenze e abilità, la scuola ha un ruolo
fondamentale ai fini del modello sociale di riferimento e può essere
uno strumento di controllo potentissimo. Essere di sinistra significa
essere consapevoli dell’importanza del sistema di istruzione statale e
assumersi la responsabilità di scelte coraggiose.
Credo che in questo senso una buona parte del mondo della scuola sia
fondamentalmente orientata a sinistra. Tra queste persone troppi sono i
rassegnati e i disillusi, da tutti i governi degli ultimi 15 anni e
dunque anche dai partiti di centrosinistra. Ce ne sono molti che
guardano al PD perché non se la sentono di essere troppo idealisti. Ma
ce ne sono molti che come noi invece sono e vogliono restare idealisti:
gli studenti, perché hanno il futuro davanti a loro, e non sono per
niente contenti di come glielo stanno preparando, né di vivere in
perenne competizione ed etero diretti; i docenti, perché se non lo
fossero non potrebbero reggere nelle attuali condizioni professionali e
sociali il ruolo di educatori; i genitori, perché tengono al diritto
allo studio e al futuro per i loro figli. Sappiamo che se smettiamo di
essere idealisti non saremo più liberi, e saranno gli altri a scegliere
persino i nostri sogni e i nostri desideri.
Per questo credo che molti nel mondo della scuola stiano aspettando
come noi di capire se la variegata e scomposta compagine della Sinistra
di questo povero paese saprà avere il coraggio di unirsi in nome di una
proposta culturale, sociale ed economica veramente alternativa,
sostenendo scuola, università e ricerca libere, democratiche, plurali.
Quali sono i partiti che a Parma vi seguono con più attenzione?
Dobbiamo riconoscere una certa attenzione nei nostri riguardi da parte
delle forze di centro e di sinistra: da anni è aperto un dialogo con il
PD, che pur nelle profonde differenze che ci distinguono ha portato
spesso ad una intensa collaborazione; negli ultimi due anni si è
approfondito un rapporto di collaborazione con l’IdV, il Movimento a 5
stelle e il Popolo Viola; sono in programmazione alcune iniziative con
il PdCI e con SEL; ma sicuramente chi ci ha dato maggiore sostegno è
stata Rifondazione Comunista, che ha sempre aderito alle nostre
iniziative, divulgandole e partecipandole in modo attivo e massiccio.
Per quanto concerne i movimenti attivi nella difesa dei diritti e dei
beni comuni, c’è da sempre una stretta collaborazione con Libera
Cittadinanza.
Cosa potrebbero fare le istituzioni locali per sostenere la vostra
battaglia?
Le istituzioni locali possono fare molto per sostenere la nostra
battaglia.
Innanzitutto, investendo in Cultura e non in eventi appariscenti e
spettacolari, magari efficaci mediaticamente, ma di scarso spessore
culturale. Se la società che le sta attorno si impronta a questi
valori, si crea un clima favorevole perchè la scuola possa educare con
successo i cittadini di domani.
In secondo luogo, le istituzioni locali possono esserci di grande
aiuto, facendo formalmente presente al governo e al MIUR quali sono le
reali condizioni delle nostre scuole, del nostro ateneo e degli enti di
ricerca e chiedendo con determinazione che non venga disperso un tale
patrimonio a causa dei tagli alle risorse e al personale. La scorsa
primavera siamo stati ricevuti dal sindaco Vignali, che ha ascoltato le
nostre ragioni e inviato una lettera al ministro Gelmini nella quale si
illustravano correttamente le ragioni della nostra protesta e della
nostra grande preoccupazione. A tale sollecitazione non è mai stata
data risposta da parte del MIUR.
A giugno, l’assessore Bernini aveva garantito ascolto e collaborazione
ai movimenti in difesa della scuola della Costituzione, soprattutto
alla componente genitori, essendo la sua competenza relativa alla
scuola materna, elementare e media; da tempo sono aperti il dialogo e
la collaborazione con l’assessore provinciale alla scuola Romanini.
Tuttavia, abbiamo saputo che su richiesta dei dirigenti scolastici il
Tavolo per la Scuola convocato per novembre escluderà una
rappresentanza dei genitori eletti nei Consigli di Istituto.
Chiediamo con determinazione che si riveda questa decisione e che si
allarghi il Tavolo alla componente genitoriale. Chiediamo che si
continui ad investire nella scuola e che si abbandonino tutti i
progetti estetici e di facciata, privilegiando la sostanza dei processi
formativi.
Infine, la cosa più urgente: chiediamo che il Tavolo definisca in tempo
per le iscrizioni di gennaio-febbraio 2011 una proposta formativa
omogenea sul territorio provinciale, che sia tesa a salvaguardare la
qualità della scuola e ad ottimizzare le scarse risorse per rispondere
ai bisogni delle famiglie, ma senza snaturare e impoverire i percorsi
educativi dei bambini e dei ragazzi e senza frammentare in maniera
pedagogicamente discutibile ed ineguale le proposte orarie e
organizzative dei singoli istituti. Vorrei concludere ricordando a
tutti la vergogna della Scuola per l’Europa, per la costruzione della
cui sede sono stati stanziati oltre 30 milioni di euro, mentre le
scuole del territorio non hanno nemmeno i soldi per la carta e il
sapone.
Ci pare che Comune e Provincia dovrebbero assumere una posizione più
chiara e meno discutibile in merito.
Andrea Marsiletti
(da http://www.parmadaily.it/Notizie/)
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