Il fondo che
finanzia le borse di studio per gli studenti universitari scenderà nel
2011 a 70 milioni di euro dagli attuali 96 milioni, tornando più o meno
sui livelli del 1998. In Francia e in Germania la spesa annua per il
sostegno agli studenti è di 1 miliardo e 400 milioni. E mentre in altri
paesi il pacchetto di aiuti è uniforme su tutto il territorio
nazionale, per gli universitari giovani i criteri di ammissione alle
borse variano di Regione in Regione e talvolta anche all'interno di una
stessa Regione. Perché nessuna voce si leva in difesa del diritto allo
studio?
Il diritto allo studio universitario sembra destinato a scomparire
nell’imminente futuro nel quasi assoluto silenzio generale. Non c’è
nessuna associazione pronta a tentare di salvarlo dall’estinzione.
Nemmeno la voce degli studenti – che pure si unisce al coro di protesta
di ricercatori e docenti sulla riforma Gelmini e sui tagli al Fondo di
finanziamento ordinario – appare forte e compatta su questo punto.
L’ala destra della rappresentanza studentesca si smarca perché anche in
questo campo l’affiliazione politica conta più della salvaguardia del
sostegno agli studenti stessi.
NUMERI INEQUIVOCABILI
I numeri non lasciano dubbi: il fondo che finanzia le borse di studio
nel 2010 è pari a 96 milioni di euro, ma nel 2011 sarà di 70 milioni di
euro circa: dopo un trend di risorse crescenti – quadruplicate dal 1998
al 2009 – si fa un balzo indietro di una dozzina di anni, a quando il
Fondo ammontava a 77 milioni di euro. La vincita al Superenalotto mette
a disposizione più risorse.
In Francia e Germania la politica a supporto degli studenti è invece
presa sul serio. Su una popolazione di due milioni di studenti, circa
mezzo milione beneficia di borsa di studio, per una spesa annua di 1
miliardo e 400 milioni di euro, una cifra da capogiro.
La mobilità studentesca è resa effettiva dalla disponibilità di posti
letto, ed è noto che il costo dell’alloggio è quello che pesa di più
nel budget di spesa degli studenti fuori sede. Nei due paesi cugini tra
i 160 e i 180 mila studenti alloggiano in residenza universitaria,
contro i 41 mila dell’Italia. La più alta quota di studenti
“casalinghi” che caratterizza il nostro Paese forse non è solo una
questione di attaccamento alla famiglia. Se si introducesse un
contributo alloggio, un aiuto monetario per l’affitto, come in Francia
dove ne beneficiano 700 mila studenti, i supposti “bamboccioni”
resterebbero tali?
Due ulteriori elementi contribuiscono ad ampliare il divario con
l’estero. In primo luogo, fuori dell'Italia non è concepito, né
probabilmente concepibile, lo studente avente diritto alla borsa non
beneficiario per mancanza di risorse, caratteristica che da noi
riguarda oggi, in media, uno studente idoneo su cinque. In secondo
luogo, all'estero gli importi degli interventi e i criteri di accesso,
in primis per la borsa di studio, sono uguali per tutti su tutto il
territorio nazionale.
Lo studente francese e quello tedesco sanno all’inizio dell’anno su
quale pacchetto di aiuti potranno contare iscrivendosi all’università,
a prescindere dalla sede di studio. Lo “studente italiano”
semplicemente non esiste: in base alla Regione in cui studia, e
talvolta anche alla sede di studio all’interno della stessa Regione,
accederà o meno a interventi differenti con criteri differenti, sempre
dopo aver superato la prova della decifrazione dei bandi. Come si
giustifica, ad esempio, che uno studente fuori sede di prima fascia
riceva una borsa in denaro di 4.600 euro in Piemonte, 4.100 euro in
Lombardia, 2.800 euro in Toscana e 4.090 euro in Puglia e altrettanti
variegati importi nelle diverse sedi universitarie? L’uniformità di
trattamento non è proprio di casa.
Italia vs Francia e Germania, nel 2008/09
ITALIA
FRANCIA
GERMANIA
N° studenti universitari
1,8 milioni
2,2 milioni
2 milioni
N° beneficiari di borsa
151.760
525.000
510.000
N° posti letto
40.935
160.000
180.000
Finanziamento statale per borse di studio (euro)
152 milioni
1,4 miliardi
1,4 miliardi
Il diritto allo studio in Italia, quindi, non necessita solo di una
forte dose di finanziamenti, ma certo questa è la condizione necessaria
perché non scompaia. E il rischio scomparsa è reale se alla scure
statale si somma quella regionale. La manovra finanziaria Tremonti,
difatti, avrà ripercussioni anche sul sostegno allo studio poiché grava
sulle Regioni la spesa per interventi e servizi agli studenti
universitari, incluso una quota parte di quella per borse di studio.
Èemblematico il caso del Piemonte, una delle poche realtà in Italia in
cui avere diritto alla borsa ha sempre equivalso a riceverla, che ha
ridotto lo stanziamento all’ente per il diritto allo studio da 25
milioni di euro nel 2009 a 6 milioni di briciole nel 2011 (ma prevede
di destinarne cinque in più per i buoni scuola).
Quale rimedio? La crisi in cui versa il Paese sembra non lasciare
spazio ad altra risposta che una fatalistica alzata di spalle, ma
invece è proprio questo il momento in cui si deve levare alta la voce
perché università e diritto allo studio non scendano nella scala delle
priorità della politica.
http://www.lavoce.info/articoli/-scuola_universita/pagina1001967.html
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