Per l’ANIEF potrebbe
essere incostituzionale la riforma Gelmini. Ordinanza interlocutoria
dei giudici del Consiglio di Stato n. 349/10, che, nel dubbio,
richiedono l’intervento chiarificatore del ministro Gelmini. La
sentenza, prevista nel dicembre prossimo, per l’ennesimo ricorso n.
4139/10 promosso anche dal Sindacato.
A mettere a rischio la riforma che ha imposto il taglio di oltre
100.000 posti di lavoro tra personale docente e ata in quest’ultimo
triennio, potrebbero essere i giudici di Palazzo Spada che, in
un’udienza relativa all’appello avverso la sentenza n. 3291/10 del Tar
Lazio che dava il suo bene placito all’operato del ministro di Viale
Trastevere, sembra dare speranza ai ricorrenti - CIDI e ANIEF tra le
altre sigle - che contestano la legittimità costituzionale del DPR
81/09 (regolamento sul dimensionamento della rete scolastica) alla base
di tutta la riforma. giudici del massimo organo del tribunale
amministrativo con l’ordinanza n. 349/2010 ritengono che, ai fini della
decisione, è necessario acquisire dal Ministero dell’Istruzione,
dell’Università e della Ricerca documentata relazione volta a
rappresentare la situazione amministrativa a valle della sentenza della
Corte costituzionale n. 200 del 2009, con particolare riguardo alle
fonti normative dichiarate incostituzionali e tenendo conto delle
censure dedotte in appello nel presente processo.
La sentenza della corte costituzionale ha già dichiarato
l'illegittimità costituzionale dell'art. 64, comma 4, lettera f-bis) e
f-ter) del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112. Nel dicembre, i
giudici del consiglio di stato, dunque, dovranno esprimersi sulla
legittimità dell’art. 1, c. 1 del DPR N. 81/09 e sulla costituzionalità
dell’art. 64, c. 4-quinquies, della legge 133/2008, dopo aver letto le
carte del processo di I grado.
Per il presidente dell’ANIEF, Marcello Pacifico, infatti, come ha
precisato il giudice delle leggi nella sentenza n. 200 della corte
costituzionale, il dimensionamento delle reti scolastiche è di
spettanza strettamente regionale e non può essere definito con atto
regolamentare che ha invaso uno spazio, per la costituzione, riservato
esclusivamente alle regioni. I giudici della corte costituzionale, già
nella sentenza citata, avevano affermato che se le Regioni o qualcun
altro attore, avessero chiesto, invece, sulla potestà regolamentare per
quanto riguardo l’emanazione delle norme relative al dimensionamento, è
chiaro che ne avrebbero legato la legittimità costituzionale. A questo
punto potrebbe saltare l’intera riforma voluta dai ministri Tremonti e
Gelmini, per la violazione dell’art. 117, terzo comma della
Costituzione non essendo nei poteri dello Stato l’emanazione di una
norma che è alla base di tutti regolamenti successivi approvati dal
Parlamento, dal primo ciclo di istruzione ai nuovi licei, e che hanno
prodotto, purtroppo, i tagli perpetrati. Dopo lo sciopero del 3
novembre 2010 che l’ANIEF ha indetto per dare un segnale forte contro
questa politica dei tagli, si attende ora l’esito del processo,
previsto per il mese successivo. La spada di Damocle dei giudici pende
ancora sul MIUR.
Scuola: a rischio la riforma Gelmini.
Per l’ANIEF potrebbe essere incostituzionale la riforma Gelmini.
Ordinanza interlocutoria dei giudici del Consiglio di Stato n. 349/10,
che, nel dubbio, richiedono l’intervento chiarificatore del ministro
Gelmini. La sentenza, prevista nel dicembre prossimo, per l’ennesimo
ricorso n. 4139/10 promosso anche dal Sindacato.
A mettere a rischio la riforma che ha imposto il taglio di oltre
100.000 posti di lavoro tra personale docente e ata in quest’ultimo
triennio, potrebbero essere i giudici di Palazzo Spada che, in
un’udienza relativa all’appello avverso la sentenza n. 3291/10 del Tar
Lazio che dava il suo bene placito all’operato del ministro di Viale
Trastevere, sembra dare speranza ai ricorrenti - CIDI e ANIEF tra le
altre sigle - che contestano la legittimità costituzionale del DPR
81/09 (regolamento sul dimensionamento della rete scolastica) alla base
di tutta la riforma.
I giudici del massimo organo del tribunale amministrativo con
l’ordinanza n. 349/2010 ritengono che, ai fini della decisione, è
necessario acquisire dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e
della Ricerca documentata relazione volta a rappresentare la situazione
amministrativa a valle della sentenza della Corte costituzionale n. 200
del 2009, con particolare riguardo alle fonti normative dichiarate
incostituzionali e tenendo conto delle censure dedotte in appello nel
presente processo.
La sentenza della corte costituzionale ha già dichiarato
l'illegittimità costituzionale dell'art. 64, comma 4, lettera f-bis) e
f-ter) del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112. Nel dicembre, i
giudici del consiglio di stato, dunque, dovranno esprimersi sulla
legittimità dell’art. 1, c. 1 del DPR N. 81/09 e sulla costituzionalità
dell’art. 64, c. 4-quinquies, della legge 133/2008, dopo aver letto le
carte del processo di I grado.
Per il presidente dell’ANIEF, Marcello Pacifico, infatti, come ha
precisato il giudice delle leggi nella sentenza n. 200 della corte
costituzionale, il dimensionamento delle reti scolastiche è di
spettanza strettamente regionale e non può essere definito con atto
regolamentare che ha invaso uno spazio, per la costituzione, riservato
esclusivamente alle regioni. I giudici della corte costituzionale, già
nella sentenza citata, avevano affermato che se le Regioni o qualcun
altro attore, avessero chiesto, invece, sulla potestà regolamentare per
quanto riguardo l’emanazione delle norme relative al dimensionamento, è
chiaro che ne avrebbero legato la legittimità costituzionale. A questo
punto potrebbe saltare l’intera riforma voluta dai ministri Tremonti e
Gelmini, per la violazione dell’art. 117, terzo comma della
Costituzione non essendo nei poteri dello Stato l’emanazione di una
norma che è alla base di tutti regolamenti successivi approvati dal
Parlamento, dal primo ciclo di istruzione ai nuovi licei, e che hanno
prodotto, purtroppo, i tagli perpetrati. Dopo lo sciopero del 3
novembre 2010 che l’ANIEF ha indetto per dare un segnale forte contro
questa politica dei tagli, si attende ora l’esito del processo,
previsto per il mese successivo. La spada di Damocle dei giudici pende
ancora sul MIUR.
Estratto della sentenza n. 200/2009 del 2 luglio che ha già dichiarato
l'illegittimità costituzionale dell'art. 64, comma 4, lettera f-bis) e
f-ter) del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti
per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
come convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.
19.— In definitiva, alla luce di quanto sin qui
esposto, è necessario sottolineare, ai fini della delimitazione del
thema decidendum, come le censure prospettate dalle Regioni ricorrenti
si incentrino, principalmente, sulla violazione dell'art. 117, terzo e
sesto comma, Cost., in quanto le norme impugnate atterrebbero, ai sensi
dell'art. 117, terzo comma, Cost., alla materia istruzione, rimessa
alla potestà legislativa concorrente dello Stato e delle Regioni e non
a quella esclusiva dello Stato di cui all'art. 117, secondo comma,
lettera n); ciò che escluderebbe la possibilità per lo Stato di
adottare disposizioni regolamentari…
21.— In proposito, va ricordato, innanzitutto, che
il riferimento alla predetta categoria si rinviene già nell'art. 33,
secondo comma, Cost., in base al quale «la Repubblica detta le norme
generali sull'istruzione (…)»…
In questo contesto si colloca l'art. 117, secondo comma, Cost. lettera
n), Cost., nel testo novellato dalla riforma del titolo V della parte
seconda, che, utilizzando la medesima locuzione “norme generali
sull'istruzione”, stabilisce che titolare esclusivo della relativa
potestà legislativa è lo Stato, in tal modo precisando il riferimento
alla “Repubblica” contenuto nel citato art. 33, secondo comma, Cost.
Inoltre, lo stesso art. 117, terzo comma, Cost., attribuisce la materia
dell'istruzione, «salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con
esclusione della istruzione e della formazione professionale», alla
potestà legislativa concorrente…
24.— In tale contesto assume particolare importanza
la individuazione di una precisa linea di demarcazione tra le “norme
generali sull'istruzione” e i “princípi fondamentali” di tale materia,
atteso che le prime sono espressive di competenza legislativa esclusiva
dello Stato e i secondi di competenza, pure statale, ma nel quadro di
una competenza di tipo concorrente con quella regionale…
È bene aggiungere, ma il punto verrà ripreso nel
prosieguo, che le disposizioni contenenti norme generali
sull'istruzione possono legittimamente prevedere l'emanazione di
regolamenti statali proprio perché adottati nell'ambito di una
competenza legislativa esclusiva dello Stato, in conformità a quanto
espressamente previsto dall'art. 117, sesto comma, Cost.
25.— Appartengono, invece, alla categoria delle
disposizioni espressive di princípi fondamentali della materia
dell'istruzione, anch'esse di competenza statale, quelle norme che, nel
fissare criteri, obiettivi, direttive o discipline, pur tese ad
assicurare la esistenza di elementi di base comuni sul territorio
nazionale in ordine alle modalità di fruizione del servizio
dell'istruzione, da un lato, non sono riconducibili a quella struttura
essenziale del sistema d'istruzione che caratterizza le norme generali
sull'istruzione, dall'altro, necessitano, per la loro attuazione (e non
già per la loro semplice esecuzione) dell'intervento del legislatore
regionale il quale deve conformare la sua azione all'osservanza dei
principi fondamentali stessi.
In particolare, lo svolgimento attuativo dei
predetti principi è necessario quando si tratta di disciplinare
situazioni legate a valutazioni coinvolgenti le specifiche realtà
territoriali delle Regioni, anche sotto il profilo socio-economico. In
questa prospettiva viene in rilievo, come si dirà oltre nell'analisi
delle specifiche censure prospettate, sia il settore della
programmazione scolastica regionale sia quello inerente al
dimensionamento sul territorio della rete scolastica…
…27… Tuttavia, la fissazione dei livelli essenziali di prestazione del
servizio scolastico non può includere la definizione dell'assetto
organizzativo e gestorio del servizio (sentenza n. 120 del 2005), che
comunque non rileva nella specie.
Ulteriori titoli di legittimazione dello Stato a
dettare norme in materia possono, inoltre, essere rinvenuti nella
competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell'art. 117, secondo
comma, lettere g) ed l), in materia di organizzazione amministrativa
dello Stato e degli enti pubblici nazionali ed in materia di
ordinamento civile relativamente, in particolare, alla disciplina
privatistica del rapporto di lavoro del personale della scuola…
29.— L'articolo richiamato, nel suo complesso, reca norme in materia di
organizzazione scolastica nazionale.
f-bis. definizione di criteri, tempi e modalità per la determinazione e
l'articolazione dell'azione di ridimensionamento della rete scolastica
prevedendo, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione
vigente, l'attivazione di servizi qualificati per la migliore fruizione
dell'offerta formativa» (lettera aggiunta dalla legge di conversione n.
133 del 2008);
«f-ter. nel caso di chiusura o accorpamento degli
istituti scolastici aventi sede nei piccoli comuni, lo Stato, le
regioni e gli enti locali possono prevedere specifiche misure
finalizzate alla riduzione del disagio degli utenti» (lettera aggiunta
dalla legge di conversione n. 133 del 2008).
31.— Ammissibili sono, invece, le impugnazioni dei
commi 3 e 4, ma soprattutto 4, proposte dalla stessa Regione Piemonte,
nonché dalle Regioni Emilia-Romagna, Toscana, Lazio e Puglia.
I suindicati commi prevedono, da un lato, l'adozione
di un piano programmatico di settore per la realizzazione di interventi
volti ad una maggiore razionalizzazione dell'utilizzo delle risorse
umane e strumentali disponibili, che conferiscano una maggiore
efficacia ed efficienza al sistema scolastico; dall'altro, stabiliscono
i criteri che debbono orientare tale razionalizzazione, per
l'attuazione della quale è prevista l'adozione di regolamenti
governativi….
35.— Il secondo profilo di esame della normativa, oggetto di censure da
parte delle ricorrenti, attiene alle modalità procedurali previste nel
suindicato comma 4 e nel precedente comma 3.
35.2.— Con riguardo, invece, alla potestà regolamentare, il legislatore
ha fatto espresso riferimento ai regolamenti di delegificazione
contemplati nel comma 2 dell'art. 17 della legge n. 400 del
1998. Sul punto, è bene chiarire che il sesto comma
dell'art. 117 Cost., da un lato, autorizza il legislatore statale, come
già sottolineato, ad esercitare la potestà regolamentare in tutte le
materie di legislazione esclusiva dello Stato; dall'altro, non pone
limitazioni, in linea con la sua funzione di norma di riparto delle
competenze, in ordine alla tipologia di atto regolamentare emanabile.
Ne consegue che risulta conforme al sistema delle fonti la previsione
di regolamenti di delegificazione anche in presenza dell'ambito
materiale in esame. Deve, anzi, ritenersi che le “norme generali
sull'istruzione” - essendo fonti di regolazione di fattispecie relative
alla struttura essenziale del sistema scolastico nazionale - si
prestano a ricevere “attuazione” anche mediante l'emanazione di atti
regolamentari di delegificazione, purché in concreto vengano rispettati
il principio di legalità sostanziale e quello di separazione delle
competenze…
Rimane comunque fermo – è bene precisare – il
controllo di legittimità dell'esercizio del potere regolamentare
innanzi alle competenti sedi giudiziarie ed eventualmente, ricorrendone
i necessari presupposti, anche innanzi a questa Corte mediante ricorso
per conflitto di attribuzione…
38.— A diversa conclusione deve, invece, pervenirsi
per quanto concerne le disposizioni (aggiunte in sede di conversione)
contenute nelle lettere f-bis) ed f-ter) del medesimo comma 4, attesa
la loro diretta incidenza su ambiti di specifica competenza regionale.
38.1— Quanto, infatti, alla lettera f-bis), è pure
vero che essa prevede che, con atto regolamentare, si dovrà provvedere
alla «definizione di criteri, tempi e modalità per la determinazione e
l'articolazione dell'azione di ridimensionamento della rete
scolastica»; tuttavia, agli effetti del riparto di competenza
legislativa tra lo Stato e le Regioni, ciò che rileva è il riferimento
al dimensionamento della rete delle istituzioni scolastiche, vale a
dire ad un ambito che deve ritenersi di spettanza regionale.
Sul punto, infatti, questa Corte ha avuto modo di
rilevare che, da un lato, l'art. 138, comma 1, lettere a) e b), del
d.lgs. n. 112 del 1998 aveva già delegato alle Regioni, nei limiti
sopra esposti, funzioni amministrative in materia, tra l'altro, di
programmazione dell'offerta formativa integrata tra istruzione e
formazione professionale, nonché di programmazione della rete
scolastica; dall'altro, l'art. 3 del d.P.R. 18 giugno 1998 n. 233
(Regolamento recante norme per il dimensionamento ottimale delle
istituzioni scolastiche e per la determinazione degli organici
funzionali dei singoli istituti, a norma dell'articolo 21 della legge
15 marzo 1997, n. 59) aveva disposto che «i piani di dimensionamento
delle istituzioni scolastiche (…) sono definiti in conferenze
provinciali di organizzazione della rete scolastica, nel rispetto degli
indirizzi di programmazione e dei criteri generali, riferiti anche agli
ambiti territoriali, preventivamente adottati dalle Regioni» (sentenza
n. 34 del 2005).
Avendo riguardo alle riportate disposizioni
legislative, la Corte ha così ritenuto, con la citata sentenza, che
«proprio alla luce del fatto che già la normativa antecedente alla
riforma del Titolo V prevedeva la competenza regionale in materia di
dimensionamento delle istituzioni scolastiche, e quindi postulava la
competenza sulla programmazione scolastica di cui all'art. 138 del
d.lgs. n. 112 del 1998, è da escludersi che il legislatore
costituzionale del 2001 abbia voluto spogliare le Regioni di una
funzione che era già ad esse conferita» sia pure soltanto sul piano
meramente amministrativo.
In altri termini, la definizione del riparto delle
competenze amministrative attuato con il citato decreto legislativo
fornisce un tendenziale criterio utilizzabile per la individuazione e
interpretazione degli ambiti materiali che la riforma del titolo V ha
attribuito alla potestà legislativa concorrente o residuale delle
Regioni.
Ed in effetti, se si ha riguardo all'obiettivo
perseguito dalla disposizione in esame, si deve constatare che la
preordinazione dei criteri volti alla attuazione di tale
dimensionamento ha una diretta ed immediata incidenza su situazioni
strettamente legate alle varie realtà territoriali ed alle connesse
esigenze socio-economiche di ciascun territorio, che ben possono e
devono essere apprezzate in sede regionale, con la precisazione che non
possono venire in rilievo aspetti che ridondino sulla qualità
dell'offerta formativa e, dunque, sulla didattica.
E non è senza significato che il comma 4-quater
dello stesso art. 64, introdotto dall'art. 3, comma 1, del successivo
decreto-legge n. 154 del 2008, come convertito nella legge n. 189 del
2008, abbia previsto – in sostanziale discontinuità con quanto
contenuto nella disposizione censurata – che le Regioni e gli enti
locali, «nell'ambito delle rispettive competenze (…) assicurano il
dimensionamento delle istituzioni scolastiche».
La disposizione in questione, pertanto, lungi dal
poter essere qualificata come “norma generale sull'istruzione” nel
senso prima precisato, invade spazi riservati alla potestà legislativa
delle Regioni relativi alla competenza alle stesse spettanti nella
disciplina dell'attività di dimensionamento della rete scolastica sul
territorio.
La sussistenza di un ambito materiale di competenza
concorrente comporta che non è consentita, ai sensi del sesto comma
dell'art. 117 della Costituzione che attua il principio di separazione
delle competenze, l'emanazione di atti regolamentari.
39.2.— Analoghe considerazioni devono essere fatte
anche per quanto attiene alla lettera f-ter) del comma in esame, la
quale demanda al regolamento governativo di prevedere, nel caso di
chiusura o di accorpamento degli istituti scolastici aventi sede nei
piccoli Comuni, specifiche misure finalizzate alla riduzione del
disagio degli utenti.
La disposizione contenuta in tale lettera opera una
estensione allo Stato di una facoltà di esclusiva pertinenza delle
Regioni, mediante l'attribuzione allo stesso di un compito che non gli
compete, in quanto quello della chiusura o dell'accorpamento degli
istituti scolastici nei piccoli Comuni costituisce un ambito di sicura
competenza regionale proprio perché strettamente legato alle singole
realtà locali, il cui apprezzamento è demandato agli organi regionali.
La disposizione in esame, per il suo contenuto
precettivo, non può, pertanto, trovare svolgimento in sede
regolamentare, atteso che, per le ragioni già indicate, al regolamento
governativo non è consentito intervenire, in ossequio al principio
della separazione delle competenze, in ambiti materiali la cui
disciplina spetta anche alle fonti regionali.
È, però, bene puntualizzare, che non sussistono
dubbi in ordine alla facoltà spettante alle Regioni e agli enti locali
di prevedere misure volte a ridurre, nei casi in questione, il disagio
degli utenti del servizio scolastico, proprio per l'impatto che tali
eventi hanno sulle comunità insediate nel territorio e con riguardo
alle necessità dell'utenza delle singole realtà locali.
La norma impugnata deve, dunque, essere dichiarata
costituzionalmente illegittima per violazione dell'art. 117, comma
terzo, Cost., fermo restando che l'obiettivo di consentire l'adozione
delle predette misure può essere raggiunto sulla base di autonome
determinazioni assunte in sede locale.
39.3.— Conclusivamente, poiché si è in presenza di
disposizioni che, nei limiti innanzi precisati, non sono riconducibili
alla categoria delle norme generali di cui all'art. 117, secondo comma,
lettera n), Cost. e non possono, quindi, formare oggetto di disciplina
regolamentare da parte dello Stato, deve essere dichiarata la
illegittimità costituzionale delle lettere f-bis) e f-ter) del comma 4
dell'art. 64 del d.l. n. 112 del 2008, aggiunte entrambe dalla relativa
legge di conversione n. 133 del 2008, mentre, per il resto, devono
essere respinti i ricorsi proposti nei confronti del comma 3 e del
comma 4, lettere da a) a f), del medesimo comma. (da Anief)
redazione@aetnanet.org