Nel
programma presentato da Berlusconi nel 2008, scuola e università erano
nascoste sotto la voce «sostenere la famiglia, dare ai giovani un
futuro» ed in quello dedicato ai servizi ai cittadini. Il Pdl
prometteva «un’effettiva libertà di scelta educativa tra scuola
pubblica e scuola privata; assegnazione di libri di scuola gratuiti per
le famiglie meno agiate, estesa fino al 18° anno di età per garantire
il diritto/dovere all’istruzione».
Quella che poi si è rivelata una vera e propria rivoluzione che ha
scatenato un terremoto dalle elementari ai licei e messo alla porta
decine di migliaia di precari e insegnanti, due anni e mezzo fa era una
formulazione ancora vaga per la necessità di sintesi chiesta dallo
stesso Berlusconi. Il primo obiettivo del Pdl era «Ripresa nella
scuola, per gli alunni e per gli insegnanti, delle 3i: inglese,
impresa, informatica». Cosa è stato fatto in questi primi due anni e
mezzo di attività di governo per l’inglese nelle scuole?
«Tanto», risponde Valentina Aprea, del Pdl, presidente della
commissione Cultura della Camera. «Un aumento delle ore di lezione
nella riforma del secondo ciclo dell’istruzione, e dello studio di due
lingue nel primo ciclo». Per Mariangela Bastico, senatrice del Pd, le
cose stanno in modo un po’ diverso: «Sono stati cancellati i docenti
specializzati nelle primarie, sostituiti da maestri tuttofare a cui è
stato fornito un corso di formazione di 150 ore. Si pensa che un corso
di inglese possa bastare per insegnare l’inglese ai bambini delle
elementari? E poi l’aumento delle ore di inglese alle superiori è vero
solo al liceo classico». Anche sull’informatica per Valentina Aprea
«molto è stato fatto sia nella diffusione delle lavagne multimediali
nelle scuole, sia nella preparazione degli insegnanti». «Un fallimento»
è il giudizio di Mariangela Bastico. «Le lavagne, introdotte dal
governo Prodi, sono presenti solo in 40 mila classi, una goccia del
totale». Circa una su dieci, per la precisione. «E la vera scommessa da
vincere sarebbe stata l’introduzione della banda larga per permettere
agli studenti di usare i propri apparecchi, ma non ce n’è traccia.
Oltretutto negli istituti tecnici le ore di laboratorio, anche di
informatica, sono state ridotte». Sulla «i» di impresa Valentina Aprea
rivendica al governo il merito di essere riuscito «dopo 38 tentativi
falliti» di riformare la scuola superiore, e in particolare i tecnici.
E poi l’aumento degli stage per studenti. Mariangela Bastico ricorda
però che aumentare gli stage sulla carta non serve. «Si tratta di
iniziative che vengono pagate con i fondi dell’autonomia scolastica.
Peccato che siano stati cancellati».
La seconda promessa prevedeva la «difesa del patrimonio linguistico e
delle tradizioni» anche per «favorire l’integrazione degli stranieri».
Valentina Aprea, sottolinea «l’impegno del governo nel rafforzare lo
studio della lingua italiana» e gli «interventi specialistici per
insegnare l’italiano come seconda lingua». Mariangela Bastico ricorda
che «per fortuna l’idea di introdurre i dialetti è rimasta
un’iniziativa politica» e che l’italiano «è aumentato in proporzione
solo perché gli altri insegnamenti sono stati ridotte ma ore sono le
stesse».
La terza promessa di Berlusconi sulla scuola era la garanzia - «per la
prima volta» si sottolineava – del diritto allo studio. Per Valentina
Aprea promessa mantenuta: «E’ stata la rivoluzione del merito,
riportando rigore nelle valutazioni scolastiche e chiudendo
definitivamente la partita del Sessantotto». Mariangela Bastico
specifica che il diritto allo studio è di competenza delle Regioni: «lo
Stato deve limitarsi a garantire le risorse. E le ha tagliate».
Berlusconi aveva poi promesso aumenti di merito agli insegnanti più
«preparati e impegnati». «Ci stiamo lavorando. E’ una sfida che
contiamo di vincere», afferma Aprea. Per Bastico si tratta di un
annuncio ben lontano dall’essere stato messo in pratica: «Anche in
questo caso quello che c’era è stato cancellato». Il fascicolo
proseguiva poi con l’Università promettendo la loro trasformazione in
«Fondazioni associative», la realizzazione di «Fondi dei fondi» e
maggiore competizione tra atenei premiando qualità e risultati. Delle
prime due promesse non c’è traccia nell’attività di governo. La
competizione è stata prevista in atti amministrativi, ricorda Valentina
Aprea, e nel disegno di legge all’esame della Camera. «Ripetere più
volte che si vuole introdurre il merito non basta a rendere vera
quest’affermazione. Ci vogliono atti concreti», conclude Mariangela
Bastico.
(da La Stampa)
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