Docente di relazioni
industriali alla facoltà di scienze politiche dell'università di
Bologna, per anni componente del direttivo dell'Aran, l'agenzia
governativa per la contrattazione nel pubblico impiego, dalla quale ha
seguito la conclusione di tanti contratti della scuola, Mario Ricciardi è molto scettico che la
sentenza di Siena possa sopravvivere al giudizio di secondo grado.
«La questione ha un'evidenza socio-politica che non può essere
nascosta. C'è un utilizzo abnorme dei contratti a tempo determinato nel
settore della scuola, a cui le infornate di assunzioni che
periodicamente si fanno non riescono a porre un rimedio», accusa
Ricciardi, «ma non è questa sentenza che potrà risolvere il problema».
Perché, dice Ricciardi, «non tiene conto di quanto stabilito dalla
Costituzione e dalle leggi ordinarie. La sentenza dice che siccome sono
stati utilizzati contratti a tempo determinato in maniera impropria, la
sanzione per il ministero e il risarcimento per il docente può essere
solo l'assunzione a tempo indeterminato. E ciò nonostante quanto
previsto dalla Costituzione», che per le assunzioni nel pubblico
impiego stabilisce la procedura obbligatoria del concorso, salvo i casi
stabiliti dalla legge. «Dalla legge e non dal giudice», precisa il
giuslavorista.
C'è poi il decreto 112/2008, che stabilisce il divieto espresso di
trasformazione a tempo indeterminato dei rapporti di lavoro a tempo
determinato formati in violazione della legge. «Il lavoratore ha
diritto al risarcimento, ma non può avere l'assunzione», questo è il
succo, «perché escluso dalla legge. E invece il giudice di Siena arriva
a conseguenze troppo pesanti in termini di risarcimento, addirittura
all'immissione in ruolo».
Ma la direttiva europea? «Dice che è meglio che non ci siano differenze
tra pubblico e privato, e che dunque nel pubblico non si abusi dei
contratti a termine. Ma prevede la possibilità di eccezioni». Tanti
precari stanno guardando a questa sentenza con interesse, pensando di
emulare il collega di Siena e sperando così di ottenere quel posto
fisso sognato per anni. «La precarietà non fa bene neanche al sistema
scuola, ci sono migliaia di persone che, costrette alla mobilità
continua da una scuola all'altra, lavorano male e inevitabilmente
abbassano la qualità del sistema, non riuscendo a programmare il
lavoro, a stabilire un rapporto continuo con i colleghi e con gli
studenti», concorda Ricciardi, «dargli stabilità servirebbe a tutti. Ma
questo è compito della politica, non della magistratura». Siamo in
presenza dunque di una sentenza politica? «Diciamo che il magistrato in
questione si è fatto carico di un problema reale, occupando lo spazio
che doveva occupare la politica. E che è vuoto».
(di A.R. da ItaliaOggi)
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