Il ministro Brunetta produce una legge, che
– a suo dire – riforma la pubblica amministrazione, incentrata su un
sistema di premi e punizioni al personale. La legge interviene
pesantemente sulle competenze della contrattazione integrativa (e
quindi sull’assegnazione delle indennità accessorie), i cui nuovi
limiti vanno definiti dai prossimi contratti nazionali. Tutta
l’operazione è finalizzata al restringimento degli spazi del contratto
nella disciplina del rapporto di lavoro, facendo del contratto
nazionale una sorta di gabbia in cui contenere quello integrativo e
decentrato. Il contratto, così ridimensionato, diventa uno strumento di
applicazione della cosiddetta riforma (L. 15/2009 e Dlsg 150/2009).
Il ministro Tremonti con la manovra
finanziaria di luglio (Dl 78/2010, convertito con voto di
fiducia nella L. 122 del 30/7/10) blocca i contratti pubblici e congela
anzianità, carriere ed emolumenti accessori per 3 anni.
Niente nuovi contratti, dunque.
Il danno per i lavoratori è enorme e
tangibile.
Ma anche il ministro Brunetta ha qualche motivo (molto meno grave) di
insoddisfazione.
Il potente ministro dell’economia ha di fatto messo in soffitta la
riforma “epocale” della pubblica amministrazione (mai che si parli
riforme “normali”). Perché? Perché se
non si stipulano nuovi Ccnl che ridisegnino le competenze della
contrattazione integrativa, le modalità di finanziamento delle
indennità accessorie sono anch’esse congelate, restano cioè in vigore
con i vecchi Ccnl fino a che questi non saranno sostituiti con i nuovi.
Leso nella sua maestà, Brunetta corre ai ripari con la CM n. 7 del 15
luglio 2010 che scrivi i nuovi indirizzi della contrattazione
integrativa nel pubblico impiego, forzando oltre misura lo stesso
dettato della sua legge e compiendo un atto illegittimo quando
stabilisce la retroattività degli effetti del Dlgs 150.
Questi fatti, raccontati in estrema sintesi, hanno conseguenze
disastrose sui lavoratori, sull’organizzazione del lavoro, sul
funzionamento dei servizi, sulla certezza e sulla trasparenza
nell’erogazione di voci importanti della retribuzione, di una
retribuzione, si badi bene, strettamente legata all’attività svolta dai
singoli, o come usa dire adesso alla performance e alla produttività.
È compito del sindacato, almeno della Cgil, evitare che tanta
incompetenza e tanta confusione (ma in consiglio dei ministri di che
parlano?) ricadano ancora una volta sulle spalle dei lavoratori. Per Questo la FLC CGIL ha preparato delle
schede per spiegare alle RSU cosa devono fare a partire proprio da
queste settimane, affinché nei luoghi di lavoro non ricada l’anarchia
legislativa prodotta dal governo.
La situazione, nella sua gravità, presenta aspetti grotteschi e
dimostra la totale assenza, in questo governo e nei suoi ministri, di
un’idea e di un disegno davvero riformatore. Una babele di norme
inapplicabili, confusione legislativa, procedimenti inventati,
illegalità.
Chi sa che ne pensa il ministro per la
semplificazione, della cui esistenza si sono accorti solo i vigili del
fuoco accorsi a spegnere falò che si è divertito ad appiccare.
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