Il diritto allo
studio è stato indubbiamente una conquista importante verso
quell’evoluzione sociale a cui tende, con tanta buona volotà ma anche
molti impasse, la nostra epoca.
Purtroppo, il concetto di egualitarismo, dal punto di vista educativo,
viene spesso frainteso se non addirittura alterato.
Se da una parte è necessario l’accesso alla conoscenza a tutti,
dall’altra è necessario anche che tale conoscenza sia calibrata alla
struttura dell’individuo.
Non conoscere l’individuo e parlare di egualitarismo è un’ingenuità che
rischia di rendere tutti uguali rispetto ad un modello variabile nel
tempo e nei luoghi.
Non c’è peggiore ingiustizia al mondo che rendere tutti uguali.
Quest’uniformità che alcuni presunti saccenti dell’educazione
proclamano e che spesso indossano solidi paraocchi ideologici, si
riduce, in buona sostanza, ad una omologazione di massa in cui chi è
più capace deve abbassarsi ad un certo livello ma raramente al
contrario.
Alcuni pessimi dirigenti scolastici ( per fortuna pochi) credeno di
donare perle di saggezza quando cercano di persuadere i vari consigli
di classe ad adottare “criteri uguali” di didattica. Dimenticano ,
infatti, che già gli stessi programmi scolastici sono realizzati
prevedendo capacità medie degli alunni. Insomma i criteri omogenei sono
già nella natura della didattica e dei contenuti ma forzare la mano
significherebbe perdere quel bene fondamentale che è l’individuo e la
sua specificità.
Ma si sa, chi non sa dirigere, presumibilmente , secondo un vecchio
detto, non sa neppure insegnare.
Stesso discorso vale per la valutazione. Se si deve bacchettare il
docente che osa parlare di bocciatura, se deve essere coperto di accuse
chi metta un voto al di sotto della sufficienza, si abbia almeno il
coraggio di andare sino in fondo a questo discorso. Togliamo, dunque,
gli esami, i registri, gli scrutini, le prove invalsi…e si potrà dire
con coerenza: non bocciate.
A che serve, infatti, perdere tempo a compilare registri, pomeriggi a
fare gli scrutini e giornate intere a fare gli esami se tutto deve poi
risolversi nel gioco del “libera tutti”?
Probabilmente i dirigenti fautori della promozione per tutti parlano
per esperienza personale: evidentemente hanno ottenuto ciò che hanno
con molta facilità e non esattamente con mezzi propri per esprimersi in
questo modo.
Si comincia col promuovere tutti e si finisce col fare vincere i
concorsi a gente che magari non ha nemmeno i requisiti per
parteciparvi, trascinando tutti, anche chi non ha colpa, in un’angoscia
senza fine di corsi e ricorsi, questo è il triste epilogo
dell’egualitarismo ad oltranza, del dare tutto a tutti indistintamente.
Ed ecco dunque apparire i maghi della demagogia, questi illusionisti
dell’egualitarismo, che si dichiarano appartenere ad una grande
“confederazione generale del lavoro” e che poi non esitano a creare
fratture nel fronte dei lavoratori quando si tratta di dare sfogo alla
loro mania di grandezza, al loro esibizionismo.
La riforma Gentile, che certa becera sinistra non ha mai compreso,
bollandola come elitaria e discriminatoria, è stata invece, a
tutt’oggi, la migliore riforma scolastica che abbiamo avuto in Italia.
In primo luogo aveva il grande merito di non creare illusioni
nella gente; non si creava terreno di coltura di un precariato a vita,
insanabile.La selezione avveniva a monte, non quando è troppo tardi, in
virtù della coerenza con il tipo di studi scelto. Non creava un
esercito di laureati a forza dove il mito della laurea e della
professione viene scambiato per uguaglianza e democrazia. Una società ,
infatti, dove non si riconosce più la dignità di ogni tipo di lavoro,
anche quello più umile, è una società malata; dove per dimostrare di
esistere bisogna a tutti i costi inseguire il successo a prescindere
dai propri limiti, una società che , appunto, ha perso di vista il
senso dell’individuo.
La storia, sebbene ancora molti lo credano, non è mai stata fatta dalla
massa, ma da pochi individui d’eccezione a cui , semmai, la massa
si è accodata. E quando essi mancano la società langue e decade.
In ultima analisi, continuare a balbettare che i criteri valutativi
devono essere uguali e concessivi per tutti è sintomo inequivocabile di
una arterosclerotica procedura mentale che penalizza sia l’alunno che
l’insegnante scollegata con tutto un sistema che seppure blando, non
può non prevedere un’attenzione verso il merito, la capacità, l’impegno
personali.
Tecla Squillaci
Stairwayto_heaven@libero.it