La
scuola “di qualità non è la scuola della Gelmini o del governo
Berlusconi, ma è la scuola della maggioranza silenziosa. Dobbiamo dare
voce a quella maggioranza silenziosa che non ha tempo di scendere in
piazza, che non la usa per fini politici. Per fare questo serve la
capacità di puntare su poche ma indispensabili materie: conoscenza
buona dell’italiano, più competenze scientifiche, così come le lingue
straniere”. Questa una parte dell’intervento che la ministra
dell’istruzione, Mariastella Gelmini, ha pronunciato al convegno del
Pdl veneto nei giorni scorsi, citando una categoria, quella della
maggioranza silenziosa, composta dagli impiegati e dai dirigenti delle
industrie che apparve improvvisa nei primi anni settanta dopo la
stagione degli scioperi generali di sessantottina memoria. Un
riferimento ambiguo trattandosi di scuola, perché non si capisce da chi
possa essere formata quella maggioranza che non parla e che non ha
tempo per scendere in piazza. Sarebbe composta forse dai docenti, i
primi coinvolti nella catena produttiva della istruzione? Tuttavia
quasi tutti sono con l’acqua alla gola, sia perché improvvisamente si
stanno ritrovando con un numero di alunni spropositato in classe, sia
perché le gran parte degli edifici dove lavorano, oltre a non essere a
norma, è pure inadeguato, e sia perché sono pagati malissimo, i peggio
salariati d’Europa. Non hanno fra l’altro avuto rinnovato il contratto
di lavoro e gli scatti di anzianità, ogni sei anni, sono stati cassati.
E se non possono essere loro, saranno allora le famiglie? E come può
essere, se molte hanno scelto le scuole e l’indirizzo per i propri
figli al buio, per mancanza di informazioni e di delucidazione? E come
può essere ancora, se sono state costrette a pagare le ripetizioni
private per i figli rimandati a settembre, perché sono venuti a mancare
i fondi per i corsi di recupero organizzate dalle scuole? A parte
il fatto che tantissime di esse giornalmente, oltre a dare la colazione
ai figli o la paghetta per la merendina, devono pure provvedere alla
carte igienica, alla cancelleria e agli arredi (“Portatevi le sedie da
casa” è stato l’appello di un preside ai genitori) per la scuola. Non
parliamo poi delle istituzioni catanesi e siciliane, in particolare,
dove perfino il tempo scuola (che è diverso dal tempo pieno che sta
sparendo) è terribilmente diminuito, lasciando appunto molte mamme
disperate. Sarà allora quella maggioranza silenziosa formata dagli
studenti? E come può essere soddisfatta se per le contrazioni di orario
ha dovuto cambiare quasi tutti i docenti? E può mai essere che sia
soddisfatta perché è senza arredi? O perché non intravvede sbocchi
professionali? O perché non ha spazi adeguati per fare didattica e
perfino la ricreazione? Da chi dunque sia formata questa maggioranza
silenziosa non è dato capire, perché all’appello mancherebbero a questo
punto solo i funzionari degli Usp, ma a leggere un comunicato di un
provveditore emiliano si scopre che il Miur viene accusato di lesinare
fondi e personale per consentire al suo ufficio l’ordinaria
amministrazione. Sarebbero allora i presidi la maggioranza silenziosa?
Impossibile, perché oltre a essere una minoranza hanno gravi difficoltà
di gestione, mentre all’appello mancano circa 3000 posti che Gelmini ha
promesso di mettere a concorso, mentre tanti sono coloro che hanno due
reggenze, cioè più scuole da dirigere.
Ma la ministra mette altra benzina sul fuoco: “Questa maggioranza
silenziosa non usa a fini politici la scuola.” E quale fine politico
inventerebbe la presunta minoranza rumorosa se non ci fossero di tutta
evidenza 20mila precari che non avranno quest’anno il posto di lavoro?
Quale oscuro fine escogiterebbe per criticare lei e il governo quando
si individuano tagli indiscriminati e lineari di ore e di insegnamenti?
Tranne che lei vorrebbe il plauso erga omnes, anche quando dice, sempre
nella stessa convention, che bisogna incrementare l’italiano, la
lingua straniera e le competenze scientifiche. Se la maggioranza di chi
fa scuola fosse stata presente sicuramente l’avrebbe fischiata (ma per
lei sarebbe rimasta comunque una stretta e faziosa minoranza di
facinorosi politici) perché ha ridotto le ore di italiano alla media,
nei tecnici e nei professionali; ha tolto il docente di lingue alle
elementari; ha cancellato l’insegnante di madre lingua nei tecnici a
indirizzo linguistico; ha sbrindellato le classi di concorso cosicché i
tecnici informatici devono competere coi i colleghi di matematica,
mentre la competenza scientifica ha subito rilevanti menomazioni. Certo
si è introdotto col riordino (la sua riforma epocale) l’insegnamento di
una materia in lingua inglese: ma in quale anno e con quali modalità e
con quali insegnanti potrà partire?
Non diamo giudizi di merito, ma una domanda ci ha sempre martellato
l’intelligenza: ma tra tanti uomini e donne di cultura profonda e piena
all’interno del Pdl, perché proprio un avvocato al Miur, senza neanche
un titolo accademico, anche piccolo piccolo?
(da I Vespri)
Pasquale Almirante
p.almirante@aetnanet.org