A scuola con
l'elmetto? Ben altre sono le priorità secondo i pedagogisti, che
avvertono: la scuola non può prestarsi a esperimenti che non appaiono
ispirati ai valori del dialogo come strumento di soluzione dei
conflitti.
Il direttivo della Sird, la Società italiana di ricerca didattica, che
raccoglie i docenti universitari dei settori della didattica e della
ricerca educativa, riunito in occasione del Seminario nazionale sulla
ricerca nelle Scuole di dottorato, condanna il progetto «Allenati per
la vita», l'iniziativa della direzione scolastica regionale della
Lombardia, con il sostegno dei ministeri dell'Istruzione e della
Difesa, finalizzata ad allenare gli studenti familiarizzandoli all'uso
delle armi. Un progetto contestato dall'opposizione che l'ha
ribattezzato "scuola di guerra". «Altre sono le priorità che emergono
dalla ricerca educativa sulla scuola a partire dai livelli di
competenza raggiunti dai nostri studenti, ai tassi di abbandono e di
dispersione, ai problemi di integrazione e di bullismo, alla educazione
alla cittadinanza, ai diritti umani e alla solidarietà e alla legalità.
Per queste priorità assistiamo invece a una costante riduzione di
risorse umane e finanziarie», dicono i pedagogisti della Sird.
«La scuola è un ambiente di importanza fondamentale e non può prestarsi
a iniziative e esperimenti condotti senza un retroterra consolidato di
competenze e di ricerca e che non appaiano ispirati dalle priorità e
dai principi valoriali della Costituzione che propone il dialogo come
strumento di soluzione dei conflitti».
Contro il protocollo «Allenati alla vita» si è espresso oggi anche
Savino Pezzotta. Secondo il coordinatore regionale dell'Unione di
Centro in Lombardia: «Allenati alla vita deve essere subito sospeso e
il governatore lombardo, Roberto Formigoni, prenda una posizione chiara
su questa vicenda».
Afferma Pezzotta in una nota: «Dopo Adro un altro vulnus verso la
scuola in Lombardia, proprio nel momento in cui abbiamo bisogno di
un'istruzione che dia strumenti conoscitivi adeguati alla complessità
dei tempi che viviamo e che educhi alla solidarietà e all'amicizia».
Per l'ex sindacalista, «la scuola dovrebbe essere il luogo privilegiato
di educazione alla pace, alla non violenza e all'amicizia, non all'uso
delle armi e mi preoccupa constatare che nella cultura e nel
pensiero di certi ministri vi siano ancora cromosomi che richiamano a
tempi della patria».
Conclude l'esponente centrista: «Ai ragazzi occorre far conoscere i
principi che regolano le nostre forze armate, che sono di difesa e non
offensivi e magari far scoprire loro l'opportunità del servizio civile,
ma questo è pretendere troppo da un governo che ha ridotto le risorse».
Il ministero dell'Istruzione intanto ha rigettato, con una nota, le
critiche piovute sul progetto: «Le polemiche nate dopo la firma del
protocollo Allenati per la vita sono assolutamente infondate e
finalizzate solo alla distorsione del progetto». Il protocollo, ricorda
viale Trastevere, «non è stato firmato dai ministri Gelmini e La Russa,
come erroneamente riportato da alcuni giornali. I ministri sono stati
semplicemente invitati a partecipare ma non erano presenti né alla
firma né alla cerimonia. L'attività, nata in maniera sperimentale
cinque anni fa, è stata ufficializzata con il primo protocollo nel
settembre 2007, sotto il governo di centrosinistra».
Non c'è alcuna «polemica ridicola sulla esercitazioni militari a
scuola». È quanto replica al Miur il senatore radicale Marco Perduca,
che presentato un'interrogazione per chiedere, tra l'altro, ai
ministeri Istruzione e Difesa di spiegare «il perchè si usi la divisa e
di rendere noti i costi» dell'iniziativa «allenati alla vita», siglata
in Lombardia dal Comando regionale militare e dall'Ufficio scolastico.
«Il fatto che i ministri non fossero presenti all'effettivo lancio
dell'iniziativa non ne diminuisce il ruolo. Visto però - è detto in una
nota - che le attività vengono svolte in divisa militare, abbigliamento
non strettamente necessario nè per il tiro con l'arco, nè per quello
con la carabina ad aria compressa nè tantomeno per conoscere,
approfondire o praticare la conoscenza della Costituzione o proteggere
e promuovere i diritti di cittadinanza, e tenuto presente che i corsi
verranno tenuti da personale dell'Esercito in congedo e che
necessiteranno di attrezzature non in dotazione ai plessi scolastici e
che le stesse dovranno essere svolte, come si evince sempre dal
summenzionato opuscolo, in luoghi debitamente attrezzati con la
Senatrice Poretti abbiamo presentato un'interrogazione parlamentare che
chiede: 1) la lista aggiornata dei complessi scolastici che aderiscono
al programma; 2) quanti siano gli studenti che hanno deciso di
partecipare; 3) quali siano in criteri di selezione; 4) quanti siano a
oggi gli istruttori militari in congedo coinvolti; 5) che tipo di
rimborso spese venga loro corrisposto; 6) a quanto ammontino i costi
generali dell'iniziativa».
Nella nota del ministero c'è anche una descrizione del progetto: «È un'
attività sportiva complessa e articolata che ha come primo obiettivo la
conoscenza di se stessi, la capacità di lavorare in gruppo e di
cooperare e l'acquisizione di competenze nei settori della protezione
civile e del soccorso. Non è affatto finalizzata all'esaltazione della
cultura militare, come riportano alcuni organi della stampa. Alla firma
del protocollo infatti, erano presenti enti come la Croce Rossa e
Associazioni di volontariato a vario livello, che poi parteciperanno
alla realizzazione delle attività.
«Uno degli aspetti del progetto, e non il più importante, sono le prove
di tiro con l'arco e con la carabina ad aria compressa. Non sono
attività paragonabili a tecniche militari, bensì sono le stesse che si
svolgono a livello olimpionico. Sono dunque da respingere tutte le
interpretazioni finora avanzate, dettate solo dalla volontà di
infangare un'iniziativa a cui aderiscono esclusivamente ragazzi e
ragazze volontari, nell'ambito dell'insegnamento di Cittadinanza e
Costituzione».(da http://www.ilmessaggero.it)
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