sono Carlo, ma
anche Sara, oppure potrei essere Alberto, Maria, Paola…insomma uno dei
vostri alunni. Ho pensato di scrivervi all’inizio di quest’anno
scolastico e spero abbiate un minuto per leggere questa lettera tra le
tante carte in cui siete immersi e le numerosissime riunioni,
programmazioni, aggiornamenti, progetti, ecc.
Vi scrivo come scriverei ad un amico – non vi
offenderete per questo – ma spesso la cattedra crea barriere quasi
invalicabili e io mi faccio sempre più piccolo dietro un banco già
troppo piccolo. Lo so che non potete e non dovete essere degli
“amiconi”, ma nemmeno degli estranei o dei contabili.
Ritorno a scuola dopo un’estate serena, con la voglia di rivedere i
miei compagni e, perché no, anche voi. Mi auguro che lo stesso valga
per voi, che il pensiero che ricominci la scuola non sia un peso, che
non vi annoi il fatto di avere davanti degli alunni non sempre
all’altezza della situazione o un po’ esuberanti o magari con qualche
problema irrisolto in famiglia.
Sì la famiglia, quella che mi piacerebbe trovare in
classe almeno per quanto riguarda lo stile, che credo si chiami
familiarità, nel modo di discutere, di stare insieme, di organizzare i
vari momenti, di scherzare, di studiare…
Non vi chiedo di essere mamma, papà, nonno, fratello, cugino, ma almeno
di considerarmi una persona con i propri limiti e ricchezze, capacità e
debolezze.
Forse penserete che io stia esagerando, che stia
andando oltre i limiti, che le stia sparando grosse, ma mi chiedo, da
qualche anno, perché i Proff. debbano sempre avere ragione, non possano
mai chiedere scusa oppure ammettere di aver sbagliato. Conoscere il
greco, l’inglese, la matematica, la chimica, l’italiano corrisponde
forse a possedere la verità assoluta?
A proposito di materie mi domando pure che senso
abbiano tante nozioni, molteplici datazioni, grandi teoremi imparati a
memoria, quando poi, se mi permetto di esprimere la mia opinione su
qualcosa, mi sento rispondere che il programma non lo prevede o che
sono troppo giovane. Ma come faccio a crescere se non c’è nessuno che
mi dia la possibilità di sbagliare e correggermi senza mettermi in
ridicolo davanti agli altri, senza rimandare a domani qualcosa che
potrei apprendere subito solo perché la campana ha suonato?
A volte in classe mi sento solo anche in mezzo ai
compagni, la mia identità è confusa, mi sento un numero di un elenco,
che vive appena l’emozione o la paura di essere chiamato quando si apre
il registro. Eppure mi basterebbe poco, una parola, un sorriso, una
pacca sulla spalla, un incoraggiamento, un “sta’ sereno”, un “vali più
di un voto”.
So, miei cari Proff., che non è facile insegnare e
che noi siamo dei veri ossi duri, che non vi diamo tregua; so pure che
lo stipendio non è alto e che meritereste molto di più. Ma avete scelto
voi di percorrere questa strada, di rischiare di incontrarmi, di
mettere a disposizione le vostre competenze, il vostro tempo, la vostra
passione…e di questo vi ringrazio.
Infine ho due richieste da farvi a cuore aperto e
con anticipata gratitudine: quest’anno datemi un po’ più di fiducia e
per favore chiamatemi, rimproveratemi, lodatemi usando il mio nome
proprio!
Marco Pappalardo
redazione@aetnanet.org