Caro collega,
quest’anno scolastico si sta aprendo all’insegna della protesta, della
preoccupazione, della precarietà: che non è solo condizione di chi in
questo momento è fuori dalla scuola, estromesso dal mondo a cui pur
sente di appartenere in base ai meccanismi di una presunta
razionalizzazione, tradotta in impoverimento di risorse, di tempi, di
discipline e saperi.
Precaria, la scuola pubblica, lo è anche dal di dentro: ci
sentiamo tutti, docenti e studenti, precari perché disconosciuti nelle
professionalità e nei diritti, in primis il diritto ad una scuola di
qualità, che non sia fatta solo di parole d’ordine. I provvedimenti
della Gelmini, profittando delle debolezze presenti nel sistema,
portando indietro le lancette della storia, hanno reso possibile
l’azzeramento di tante conquiste positive, hanno fatto scuola contro la
scuola, con la sfrontatezza di raccontare menzogne mentre si
smantellava, pezzo per pezzo, togliendole ossigeno, l’istruzione
pubblica intesa come spazio e strumento di uguaglianza emancipazione
libertà.
Torna alla memoria la severa diagnosi di Pier Paolo Pasolini negli anni
Settanta, quando denunciava che l’imporsi di una società neocinica,
omologante e conformista, interessata al profitto e non ai valori,
avrebbe spazzato via le differenze invece di tradurle in ricchezza: lo
scrittore additava come simbolo del genocidio culturale in atto la
scomparsa delle lucciole.
Saperi-lucciole sembrano i frammenti che faticosamente ci sarà dato di
insegnare.
Parole-lucciole le parole della scuola in cui sempre abbiamo creduto:
la scuola della valutazione autentica e formativa, che guardi agli
studenti non come somme di errori e devianze ma come insieme di
possibilità; la scuola del tempo lungo e lento, perché ricco di
opportunità di crescita; la scuola del sapere che valorizza invece di
canalizzare; la scuola delle conoscenze e non della competizione, la
scuola del saper fare ma anche del “fare sapere” cioè della ricerca,
volta alla conquista dell’autonomia degli individui, cittadini
consapevoli.
Viviamo invece l’emergenza-scuola: e non ci sfugge che la situazione di
continua emergenza spegne il pensiero critico: il rischio è quello del
ripiegamento, che si è manifestato in tanti comportamenti irriflessivi
e nella facilità con cui certe norme anche provvisorie e illegittime
sono state solertemente applicate.
Ma non deve accadere: e di fronte ad una cattiva politica che si
preoccupa solo di togliere e tagliare, domare e punire, privare e
premiare sulla base della competizione, il CIDI non tace, né aspetta
rassegnatamente che la tempesta passi.
Il CIDI, con tutte le forze che può mettere in campo, dalla tradizione
delle buone pratiche all’impegno democratico, è al fianco dei
moltissimi insegnanti che ogni giorno entrano nelle aule e offrono la
propria umanità, i propri corpi e le proprie energie a quella
meravigliosa esperienza di mediazione che è educare ed istruire bambini
e giovani: al fianco di tutti gli insegnanti che insieme a noi dicono
no. Ora basta. Perché non è vero: così come non si sono spente le
lucciole, anche la scuola è una passione che non si spegne, nonostante
il decadimento dell’idea di cittadinanza e lo svilimento della
considerazione sociale.
E non si estingue un’altra possibilità d’essere della scuola: e fin
tanto che ci sarà bisogno di una scuola che sappia valutare il processo
e non il prodotto, che integri invece di dividere, e che veicoli un
sapere che cambia in senso transitivo (perché trasforma gli esseri
umani), e in senso intransitivo (perché evolve e si aggiorna), noi
saremo accanto ai docenti e li sosterremo contro le sirene della
semplificazione o contro la riduzione a condizioni minime di
sopravvivenza e di emergenza.
Non solo contro ma soprattutto per: per fare rete tra docenti, genitori
e allievi e sollecitare che si formi un cordone unitario di solidarietà
e di impegno, per sollecitare la politica a scegliere bene, e a reagire
anche a livello locale alla miopia del centro; per impedire che in
classi sovra-affollate, prive di risorse e laboratori, con docenti
ridotti all’asfissia, la trasmissione culturale, esaltata a parole, si
riduca e si frantumi in nozionismi privi di significato e di valore
formativo.
Per tutto questo, e perché si affermi come valore condiviso e non
negoziabile l’idea di scuola pubblica che non ha paura della qualità,
qualità che vuole per tutti, il CIDI offrirà il suo sostegno: con il
coraggio della critica, la capacità di non piegare la testa, ed insieme
la volontà di riflettere e costruire.
Buon anno scolastico!
Sofia Toselli (pres. cidi)
redazione@aetnanet.org