Gli investimenti italiani in fatto di educazione occupano il penultimo
posto dell’ultima classifica OCSE: 4,5% del PIL contro una media OCSE
del 5,7%. E questo con dati risalenti al 2008, cioè prima dei tagli,
quelli sì davvero epocali, della Gelmini.
Figuriamoci dopo i tagli!
Come se non bastasse anche gli stipendi annui degli insegnanti sono di
almeno 10.000 dollari inferiori alla media degli stipendi dei paesi
OCSE. E dire che oggi nell’OCSE rientrano anche paesi come la Turchia,
il Messico o paesi dell’Est europeo i cui redditi non fanno certo
salire le medie. E si tratta di dollari “ppa” cioè “a parità di potere
d’acquisto”. Quindi di differenze reali non nominali!
Questi dati, che farebbero arrossire qualsiasi governo, dovrebbero far
sprofondare il nostro governo che sulla scuola si sta accanendo da due
anni (e per i prossimi tre) con i tagli di organici e di risorse di
dimensioni bibliche e che, non pago di ciò, ci ha aggiunto il blocco
degli avanzamenti stipendiali automatici, l’allungamento dei
pensionamenti femminili (in una categoria a prevalenza femminile) e la
rateizzazione delle liquidazioni.
Naturalmente né Berlusconi, né la Gelmini, né Tremonti né Brunetta
arrossiranno né penseranno di sprofondare. Tanto più che c’è sempre
chi, con l’aria di dare un colpo al cerchio e un colpo alla botte,
cerca di alleviare le loro pene con dei “se” e con dei “ma”.
Dicono costoro: un insegnante tedesco di scuola secondaria di primo
grado percepisce dopo 15 anni di carriera 57.978 euro l'anno, contro i
32.859 del collega italiano, ma ha una media di 14,9 studenti contro
10,2, e resta in classe per 758 ore contro 601 (il 26% in più).
Errore!
Sì, errore!
I docenti tedeschi lavorano si 758 ore all’anno ma si tratta di 758 ore
di 45 minuti, che in ore “geografiche” reali fanno una trentina di ore
in meno dei loro colleghi italiani.
Dunque l’OCSE calcola gli stipendi a parità di potere d’acquisto, ma
non calcola l’orario a parità di condizioni di lavoro. Questa cosa è,
per altro sottolineata, nel testo stesso che accompagna le tabelle,
laddove si avverte il lettore che le ore di lavoro sono identificate in
base alle condizioni in cui queste vengono erogate agli alunni.
Questo dovrebbero saperlo soprattutto coloro che scrivono queste
notizie sui quotidiani a grande tiratura, prima di alimentare erronee
impressioni o suggerire improvvisate innovazioni. Ma non lo sanno.
E dovrebbero saperlo anche i giornali “di scuola” che le veicolano. E
dovrebbero contestarle invece di limitarsi pilatescamente a riportarle.
Naturalmente il tutto è fatto per far credere che, se fossero un po’ di
meno e lavorassero un po’ di più, i docenti italiani forse potrebbero
guadagnare un po’ di più. Un modo come un altro per cercare di
giustificare i tagli che invece gli insegnanti proprio non possono
digerire!
Ma i conti non tornano comunque: anche così gli insegnanti tedeschi in
questione guadagnano 78 dollari per ora di lezione contro i 57 dollari
degli italiani (il 36,6% in più!). Non a caso in Germania lo stipendio
di un insegnante è pari al 97% di uno stipendio medio di un laureato,
mentre in Italia è pari ad appena il 58%. Ed anche queste cose stanno
ben scritte nella relazione dell’OCSE, ma i “cerchiobottisti” nostrani
forse non le hanno neppure lette.