I precari della scuola
finanziano l’acquisto agevolato della prima e addirittura della seconda
casa dei loro colleghi di ruolo. Ma se loro, i precari della scuola e
quelli del pubblico impiego, chiedessero al proprio ente pubblico
previdenziale un prestito anche di infime dimensioni, magari per
sbarcare il lunario durante l’attuale disoccupazione estiva,
riceverebbero un niet: ai precari - spiega il regolamento dell’Inpdap -
non si fa credito. E’ l’ennesimo esempio della babele di
incredibili discriminazioni di cui sono vittima i precari della scuola
statale. Il fatto singolare è che i precari subiscono in busta paga il
prelievo forzoso preordinato al finanziamento agevolato delle
abitazioni, delle cure termali e di tante altre iniziative, e magari
neppure lo sanno.
A meno che qualcuno non abbia spiegato loro il significato della voce
riportata nel cedolino e intitolata “Fondo credito” che è proprio il
fondo per i finanziamenti, inibiti ai precari ma pensati per il
personale a tempo indeterminato. Spesso leggi apparentemente pensate
per i bisognosi vengono sfruttate solo dai ricchi. Proprio in
questi giorni l’Inpdap ha comunicato un tasso ancora più appetibile: un
tasso fisso del 3,75 per cento o uno variabile con spread dello 0,90
per cento. Se intendono comprare casa, l’ente ha previsto per i
lavoratori più protetti un mutuo che finanzia l’intera somma necessaria
(fino a 300.000 euro) per l’acquisto della prima e (fino a oggi) anche
della seconda casa. Ma questo vale solo se il richiedente - recita il
relativo regolamento - è un lavoratore “a tempo indeterminato, con
un’anzianità effettiva globale, computando anche i periodi di servizio
a tempo determinato per i quali sia stato versato il contributo
credito, di almeno 3 anni”. Dunque, il periodo di precariato vale ma
solo se e in quanto si sarà passati di ruolo. Altrimenti si perdono i
soldi versati. Quanto ai piccoli prestiti personali, la musica
non cambia. Una nota dell’Inpdap sull’accesso al credito con cessione
del quinto dello stipendio spiega infatti che i prestiti pluriennali
vengono concessi dall’istituto solo in presenza di requisiti
predefiniti e certificati quali “stabilità nel rapporto di impiego,
retribuzione avente carattere fisso e continuativo”. Eppure ai
supplenti è richiesto in maniera coercitiva di versare una quota
mensile di solidarietà per i colleghi di ruolo e per i pensionati.
Possibile che i sindacati abbiano fatto passare questa indecenza a
danno dei precari? La Cgil tempo fa ha evidenziato “le condizioni
di miglior favore” e le novità introdotte dal nuovo regolamento Inpdap
(appena abolito, ndr) a beneficio del personale stabile, visto che
“d’ora in poi” secondo la Cgil “si potrà ottenere il prestito per
l’acquisto-ristrutturazione della prima casa anche quando si è già
proprietari di un’altra abitazione sul territorio nazionale, a
condizione che quest’ultima sia distante dalla residenza del dipendente
almeno 50 km”. Non c’è che dire, una bella conquista sindacale: ai
precari neppure uno spicciolo di prestito, agli stabili invece anche la
seconda casa (e con i soldi dei precari), magari al mare o in
montagna. Tuttavia c’è un’amara delusione dell’ultima ora: non si
sa se per l’indignazione manifestata da qualcuno, ma l’Inpdap ha appena
deciso di rivedere la faccenda e con il nuovo regolamento in vigore dal
1 luglio 2010 ha vietato l’accesso al mutuo ipotecario a chi abbia già
una casa. Non si è ancora appreso se seguiranno scioperi.
Vincenzo Brancatisano
vincenzo.brancatisano@gmail.com