Anche
l’accademia della Crusca è stata coinvolta su invito dell’Invalsi,
l’Istituto nazionale di valutazione degli apprendimenti, per capire
come i ragazzi della nostra scuola superiore usano la lingua italiana
scritta. A questo scopo sono stati presi dei campioni dei temi
elaborati dai maturandi nella scorsa edizione degli esami di stato e
vagliati dagli esperti che ne hanno tratto un risultato del tutto
sconfortante, anzi sembra proprio che siamo di fronte a una sorta di
Caporetto dell’italiano.
Praticamente sembra che più della metà degli elaborati dello scorso
anno non raggiungano nemmeno la sufficienza e siccome lo studio
condotto è scientifico possiamo togliere senza dubbio il condizionale e
dire che i loro scritti “sono” del tutto insufficienti.
Qualche osservatore piluccoso ha immaginato cosa ne avrebbe pensato
Dante e in quale girone, se avesse assistito o coretto quei temi,
avrebbe collocato i ragazzi, compreso certamente qualche professore, ma
senza dimenticare di lasciare un posticino pure per i responsabili più
alti del Miur che invece di investire sulla scuola tolgono risolse.
Gli elaborati esaminati sono stati 545, tenendo conto delle tre
tipologie di percorsi degli studi superiori: licei, tecnici e
professionali, mentre quattro sono state le competenze dove si è
concentrata la valutazione: competenza testuale, competenza
grammaticale, competenza lessicale-semantica e competenza
ideativa.
Ogni accademico della Crusca ha avuto in consegna una cinquantina di
temi da giudicare, e per ognuno di essi una scheda di valutazione da
compilare. Lo stesso elaborato è stato affidato a due correttori i
quali hanno agito in maniera del tutto autonoma ed indipendente tra di
loro. Tutto questo per rendere il più possibile oggettiva una verifica
mai tentata nel nostro sistema di istruzione, con l’obiettivo,
pensiamo, di porre rimedi piuttosto che di lanciare accuse che
poi, pensandoci bene, sono esiziali soprattutto per chi ha le
responsabilità delle politiche scolastiche.
Nel dettaglio i risultati usciti da queste urne lessicali sono stati i
seguenti: il 58% delle prove per la competenza testuale, il 54,1% delle
prove per la competenza grammaticale, il 63,2% delle prove per la
competenza lessicale-semantica, il 58,9% delle prove per la competenza
ideativa sono tutti risultati insufficienti. Anche i licei nell’occhio
del ciclone che, sebbene siano risultati migliori rispetto ai tecnici e
ai professionali (non si dimentichi però che l’italiano per i licei è
una materia di indirizzo), dimostrano una padronanza della lingua
italiana molto bassa se non bassissima e forse pure scadente. Dai
temi dei liceali è risultato infatti che il 33,8% degli
scritti è insufficiente. Ma non finiscono qui le sorprese
perché subito dopo sono state fatte le comparazioni con i giudizi delle
commissioni di esame, con la valutazione cioè che ne hanno dato i
professori a conclusione della loro correzione, sempre relativa
all’anno scorso. Ed ecco la sorpresa: in pratica gli stessi compiti
giudicati del tutto insufficienti dagli accademici della Crusca sono
stati invece valutati positivamente dai professori, tranne un 12,6% il
cui giudizio appare similare. “Nel giudizio dei correttori, dopo almeno
13 anni di scuola, la gran parte degli allievi frequentanti gli
istituti tecnici, che pure sotto altri profili si dimostrano buone
scuole, non raggiunge un livello sufficiente di padronanza della lingua
italiana”: questo il commento che si legge nel Rapporto, insieme
all’invito a “recuperare nella istruzione secondaria superiore lo
studio della grammatica che spesso si esaurisce nella media.”
Significativo il commento della preside Elena Ugolini, del consiglio di
indirizzo dell’Invalsi: “Dopo 13 anni di scuola ci troviamo davanti a
ragazzi di un’estrema povertà dal punto di vista linguistico. La mia
rabbia è constatare che non siamo riusciti a insegnare loro a
scrivere”. Certo i nostri ragazzi sanno parlare, anche troppo,
sanno mandare sms, usare le tecnologie più sofisticate (almeno chi ne
dispone), magari sognare un confessionale nel Grande fratello, ma di
scrivere proprio non hanno competenza. Non sarà che la
comunicazione del nuovo millennio esiga non già la scrittura ma la
parola al vento, quella che si disperde nell’effimero come una voce tra
le valli della incertezza?
PASQUALE ALMIRANTE
Pasquale Almirante
p.almirante@aetnanet.org