Forse
si sta arrivando finalmente alla conclusione del lungo e tortuoso
percorso di approvazione del
regolamento sulla formazione dei docenti. È un provvedimento
importante e urgente, anzi urgentissimo. L’Italia è in questo momento è
tra i pochi paesi occidentali che non possiede un percorso
istituzionale di formazione dei futuri docenti. (Fabrizio Reberschegg
da www.ilsussidiario.net)
redazione@aetnanet.org
Ciò nonostante, se si intende mettere mano pesantemente all’impianto
del provvedimento, si rischia ancora di allungare i tempi. Il
regolamento prodotto dalla Commissione presieduta dal prof. Israel non
è stato infatti gradito da alcuni esponenti politici, anche dell’area
di governo. Se si analizza la prima stesura del progetto di legge Aprea
si può facilmente verificare come essa tendesse ad essere
omnicomprensiva, a legare direttamente il percorso di formazione al
sistema di reclutamento e ad un nuovo status giuridico dei docenti. La
proposta parallela presente nel regolamento sulla formazione ha
costretto Aprea a rivedere il testo originario e a stralciare tutta la
parte inerente l’organizzazione della formazione puntando sulla
questione del reclutamento, dello status giuridico dei docenti e sulla
riforma degli organi collegiali. Un conflitto che apre contraddizioni e
che può ritardare l’approvazione del regolamento.
È in ogni caso da porre in rilievo il contesto difficile in cui si
collocano sia il regolamento sulla formazione dei docenti che le
ipotesi di riordino del reclutamento e dello status giuridico dei
docenti. Il peso della crisi, le scelte di riduzione delle risorse nel
campo dell’istruzione e della formazione, le frettolose e confuse
riforme dell’ordinamento scolastico non stanno agevolando il futuro
avvio della formazione, che abbisogna di risorse specifiche per il suo
avvio con il coinvolgimento dell’università e delle scuole in una
prospettiva di nuovo rapporto sinergico e di collaborazione.
In sede di audizioni parlamentari abbiamo espresso, come Centro Studi
della Gilda degli Insegnanti un parere nel complesso positivo rispetto
all’impianto del provvedimento, ma abbiamo evidenziato anche alcune
incongruenze e debolezze che possono e devono essere risolte con grande
urgenza, anche mediante ulteriori regolamenti delegati che possono
essere posti in approvazione in tempi rapidi e con iter abbreviati.
In particolare abbiamo considerato sicuramente apprezzabili nel
provvedimento:
1. il peso più consistente riconosciuto al sapere disciplinare e
l’attenzione alle modalità della didattica disciplinare;
2. la definizione con maggiore chiarezza dei percorsi di formazione; la
previsione di cinque anni per la scuola dell’infanzia e per la scuola
primaria è di garanzia per il riconoscimento di un ruolo unico dei
docenti;
3. il superamento dell’esperienza delle SSIS, che hanno creato
ulteriori aspettative e tensioni nell’ambito del precariato della
scuola;
4. il riconoscimento delle figure di tutoraggio, legate sempre
all’insegnamento attivo, sia a livello di formazione universitaria che
nei singoli istituti scolastici;
5. la previsione di un numero chiuso programmato per le varie aree
disciplinari e per la scuola dell’infanzia e primaria; tuttavia si
ritiene che la quota prevista all’art. 5, che definisce una
maggiorazione del 30% del limite programmato degli accessi, debba
essere ulteriormente aumentata anche per garantire la libertà
individuale di scelta dei percorsi universitari.
Il provvedimento in analisi ha per oggetto la formazione, non il
reclutamento. È un dato importante. L’abilitazione è un titolo che, pur
con un’approssimativa programmazione dei numeri di accesso, non può
automaticamente legittimare l’assunzione negli organici della scuola
statale e pubblica in generale. Da qui è necessario immaginare modalità
serie di reclutamento dei docenti a tempo indeterminato nello Stato
partendo dalla necessità di programmare l’organico dei docenti dei vari
ordini di scuola a livello regionale e/o provinciale. La Costituzione
prevede che lo strumento per l’assunzione nel pubblico impiego sia il
concorso pubblico. Dopo la formazione abilitante è necessario quindi
prevedere forme concorsuali pubbliche per l’assunzione in cui è
fondamentale reclamare un ruolo preponderante dei docenti in servizio
attivo.
Restringere eccessivamente il numero di accessi alla formazione
abilitante può determinare elementi di selezione preventiva che
porterebbero a legittimare aspettative al conseguimento quasi
automatico all’abilitazione da parte di chi supera le prove di accesso,
situazione che ha caratterizzato spesso l’esperienza non positiva delle
SSIS. Si ribadisce che il titolo abilitante non deve determinare nessun
automatismo nel reclutamento e che il titolo abilitante deve essere
conclusione di un percorso in cui la selezione deve avvenire in itinere
e soprattutto nella fase finale caratterizzata dall’esperienza di
tirocinio.
Non ci convincono, invece, del disegno di legge i seguenti aspetti e
sui quali riteniamo necessaria una opportuna e rapida revisione:
1. non è accettabile che la nomina del tutor per i tirocinanti sia
affidata alla discrezionalità dei dirigenti scolastici senza definire
formalmente e con modalità precise un albo regionale dei docenti tutor;
mancano, inoltre, riferimenti a requisiti necessari per accedere alla
funzione così come le indicazioni sul ruolo dei Collegio dei docenti o
dell’attuale Comitato di valutazione;
2. rimane aperto il problema della ridefinizione delle classi di
concorso soprattutto per le scuole superiori, con il rischio di una
eccessiva ampiezza degli sbocchi delle lauree; il provvedimento deve
essere quindi tarato sulla definizione delle future classi di concorso
introducendo modelli di implementazione dei crediti formativi necessari
all’insegnamento di discipline confluenti in nuove classi di concorso;
3. c’è una accentuazione degli aspetti accademici dell’organizzazione
della formazione, aspetti che possono penalizzare fortemente il peso
della valutazione del tirocinio da parte delle scuole nella fase della
valutazione finale. Si propone pertanto di rafforzare il ruolo dei
docenti e delle scuole soprattutto nei Tirocini Formativi Attivi;
4. si pone poco l’accento sulle competenze relazionali in presenza di
portatori di handicap, competenze che dovrebbero, pur solo come base,
essere comuni a tutti i docenti;
5. bisogna implementare il provvedimento inserendo percorsi di
formazione specifica per gli Insegnanti Tecnico Pratici (anche con
lauree triennali). La loro mancanza o carenza appare paradossale
proprio quando aumentano i riferimenti alla centralità della didattica
laboratoriale descritta nella riforma in atto;
6. nelle possibilità di ammissione “in soprannumero al tirocinio” il
provvedimento proposto prevede il privilegio per tutti coloro che
abbiano conseguito un dottorato di ricerca o abbiano svolto per almeno
due anni attività di ricerca scientifica nelle università; pur
comprendendo i problemi di ricollocazione del personale impegnato nei
dottorati di ricerca in vista dell’attuazione della riforma delle
istituzioni universitarie, non è condivisibile prevedere che personale
che può non avere mai affrontato problemi e contenuti inerenti la
didattica nella scuola primaria o secondaria possa automaticamente
essere inserito nel percorso di tirocinio;
7. mancano i riferimenti alla situazione dei docenti non abilitati che
stanno già insegnando nella scuola; appare invece necessario ammettere
“in soprannumero al tirocinio” nella fase transitoria i docenti non
abilitati della scuola secondaria che già stanno insegnando nelle
scuole pubbliche a seguito di regolare assunzione con contratto a tempo
determinato. In conformità con il parere del CNPI e del Consiglio di
Stato, si propone che l’ammissione operi di diritto con la presenza di
un periodo di insegnamento di almeno 360 giorni effettuati, a nostro
avviso, a partire dall’a.s. 2004-05. Resta fermo in ogni caso il
principio relativo all’opportunità di adeguati livelli di selezione in
uscita per chi effettua il percorso dei TFA. Non consideriamo opportuno
invece prevedere percorsi agevolati all’accesso al tirocinio per i
docenti non abilitati della scuola dell’infanzia e della scuola
primaria, visto che da dieci anni è vincolante per il conseguimento
dell’abilitazione la laurea nella formazione.
Pur con tutti di distinguo e le osservazioni critiche, consideriamo il
regolamento un necessario passo in avanti rispetto alla situazione
caotica che ha contraddistinto i percorsi di formazione e poi di
reclutamento degli ultimi decenni. Siamo passati dal concorso ordinario
ai corsi abilitanti, ai concorsi riservati, alle SSIS che sono
diventate spesso occasione di speculazione per le università.
Definire chiaramente percorsi universitari, tirocini attivi nella
didattica come elemento essenziale della formazione è dare certezza ed
uscire da una situazione desolante che ha determinato spesso un
abbassamento della qualità dell’insegnamento. Coniugare il processo di
formazione e l’abilitazione ad un serio sistema di reclutamento fondato
su logiche concorsuali selettive è la scommessa per l’immediato futuro.
Intanto abbiamo perso due anni senza dare risposte ai giovani che
vorrebbero consapevolmente fare l’insegnante nella loro vita.