L'appuntamento
è ora per le prove orali, per consentire ai ragazzi
della secondaria superiore di conquistare il fatidico pezzo di carta,
perché di questo si tratta da un po' di tempo. E infatti i maturandi lo
potranno spendere solo per l'iscrizione all'università o per qualche
pubblico concorso, mentre le aziende private sanno bene che quel titolo
con un voto unico dice poco della loro effettiva preparazione. Ma anche
i professori hanno chiaro che gli attuali esami di stato si portano
appresso il modello sperimentale inventato nel 1969 dal ministro Sullo
per rintuzzare le contestazioni del movimento studentesco e che ha
bisogno di essere rivisto e aggiustato.
Un fatto dunque più burocratico che di sostanza e che non ha ancora il
dispositivo per dare al diploma il suo effettivo valore, constatati
pure i mutamenti della nostra società e l'urgenza di competere in
termini di conoscenza col resto del mondo. L'obiettivo allora dovrebbe
essere un nuovo titolo di studio con la certificazione motivata delle
conoscenze e delle competenze acquisite a compimento dell'intero ciclo
scolastico e per singola disciplina; un documento rilasciato da
commissari tutti esterni che certifichi la preparazione dei candidati,
fotografando ciò che il giovane uscendo dalla scuola è in grado di fare
e di capire, di affrontare e di risolvere. Non sarà di certezza
assoluta questa certificazione, ma è sicuramente un modo per evitare
incongruenti bocciature dopo 5 anni di frequenza, perché di fronte a
molte carenze, con una nuova formula d'esami di stato, l'alunno
potrebbe pure decidere o di ripetere il quinto anno o di spiccare il
volo verso altri porti. Sono decenni che si parla di certificazioni e
da decenni si è solo parlato, benché sia nota l'efficacia di un nuovo
sistema di valutazione. Per quanto invece riguarda le prove Invalsi,
visto che è intenzione del Miur di adottarle a partire dal 2012 nelle
superiori, sarebbe il caso che si passasse dalle semplici esercitazioni
a veri e propri compiti scritti standard durante l'intero anno, in modo
da risultare una normale verifica dei saperi, come avviene nell'Ue e
per le rilevazioni Ocse-Pisa. Si rischia altrimenti di creare solo
ansia e incertezza, mentre i cosiddetti quiz potrebbero essere non già
l'eccezionalità solo per gli esami di stato, ma la regola per
l'assegnazione del voto nelle materie scritte.
La Sicilia del 27 giugno 2010
Pasquale Almirante