“Chi non è socialista a vent’anni è senza cuore, chi lo è a
quaranta anni è senza cervello”. Con questa frase Mussolini da un lato
liquidava i suoi trascorsi di sinistra, ormai ingombranti, dall’altro
gettava disprezzo sui suoi avversari politici, non diversamente da chi
oggi pensa che gli avversari e i loro elettori, se proprio non sono
senza cervello, siano per lo meno “coglioni”.
Ecco, se proprio si voleva sdoganare “il Duce” riproponendolo per un
tema su giovani e politica nelle prime prove scritte degli esami di
stato - e non vi è dubbio che questo è il segnale che si voleva dare -
si poteva almeno fare ricorso a questa frase, piuttosto che al discorso
con cui Mussolini giustificava l’omicidio di Matteotti rivendicando a
sé stesso il fatto di essere alla testa non tanto di una banda di
picchiatori (e, visto anche il contesto, di assassini) quanto di un
movimento giovanile e innovativo ma anche, in quanto tale, esuberante e
intemperante. (da Flc-Cgl)
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Ecco, se proprio si voleva sdoganare “il Duce” riproponendolo per un
tema su giovani e politica nelle prime prove scritte degli esami di
stato - e non vi è dubbio che questo è il segnale che si voleva dare -
si poteva almeno fare ricorso a questa frase, piuttosto che al discorso
con cui Mussolini giustificava l’omicidio di Matteotti rivendicando a
sé stesso il fatto di essere alla testa non tanto di una banda di
picchiatori (e, visto anche il contesto, di assassini) quanto di un
movimento giovanile e innovativo ma anche, in quanto tale, esuberante e
intemperante. Un discorso, come è stato ben detto su alcuni giornali,
grondante di sangue, tanto più se lo si mette a confronto con la
riflessività degli altri brani utilizzati che sottolineano invece
l’idealismo (Togliatti), la problematicità (Moro), la ricerca della
verità (Wojtila).
Oltre a chiedersi chi è che ha avuto questa idea di utilizzare il
delitto Matteotti come possibile parametro di giudizio del rapporto tra
giovani e politica, c’è soprattutto da chiedersi quanto il Ministro
Gelmini sia corresponsabile di questa opera di sdoganamento, per di più
fatta all’insegna della truculenza più plateale.
Il tutto all’interno di un contesto di tracce in cui il contenuto
politico è probabilmente il più elevato nella storia delle prove degli
esami di stato E di cui è alto anche il contenuto di destra, politico e
culturale: Mussolini, D’Annunzio e ….naturalmente le foibe, argomento
principe del vittimismo di destra, ormai immancabile in qualsiasi rito
celebrativo “di regime”.
E non serve a velare questa intenzione quella specie di bilanciamento
da manuale Cencelli operato introducendo anche brani di Togliatti e di
Brecht, tanto per limitarci alla parte diametralmente opposta. Per non
parlare poi della scelta del brano di Primo Levi: una prefazione ad una
autobiografia, commissionata all’autore e probabilmente sconosciuta ai
più, che ha a che fare poco con la drammatica vicenda umana dello
scrittore e di più semmai con gli strumenti della sua rappresentazione
letteraria.
Ma a fare giustizia di queste imbecillità ci hanno pensato gli
esaminandi i quali hanno scelto in massa il tema sulla felicità,
riservando alle foibe, per esempio, appena lo 0.6% delle scelte, che
vuole dire di media neppure uno studente ogni cinque classi. E ciò con
tutto il parlare che se ne è fatto quest’anno su giornali e TV!
Questa ci sembra la critica “roditrice” più significativa: le ragazze e
i ragazzi hanno scelto un tema dove si proponevano in positivo
ragionamenti sulla felicità e i passaggi di due testi di rilevanza
costituzionale, la dichiarazione di indipendenza americana e la
costituzione italiana. Questa scelta sembra dirci che i giovani
esprimono soprattutto il bisogno di pensieri positivi e di diritti
inalienabili e non di torbidi, oscuri e surrettizi dejavù.
Roma, 24 giugno 2010