Se
però a questo appuntamento tanto delicato si vuole ridare il suo
effettivo ruolo, constatati i mutamenti sostanziali della nostra
società e l’urgenza di competere in termini di conoscenza e di
innovazioni col resto del mondo, il vecchio diploma dovrebbe
essere sostituito con una certificazione dettagliata e motivata delle
conoscenze e delle competenze acquisite del giovane a compimento del
suo intero ciclo di studi e per singola disciplina. Un documento
rilasciato da commissari esterni che certifichi la preparazione
dei ragazzi con nettezza.
Pasquale Almirante
p.almirante@aetnanet.org
L’appuntamento è per martedì 22 giugno alle 8,30 allorché gli studenti
del quinto anno della secondaria superiore dovranno affrontare la prima
prova scritta di italiano e poi le altre asperità conoscitive per
conquistare il fatidico pezzo di carta, perché di questo si tratta da
un po’ di tempo. E infatti i maturandi lo potranno spendere solo per
l’iscrizione all’università o per qualche pubblico concorso, mentre le
aziende private sanno bene che quel titolo è poco affidabile, sia
perché conoscono lo stato di malnutrizione della scuola italiana
e sia perché capiscono che un voto unico dice poco della
effettiva preparazione del candidato per quel posto di lavoro, se c’è.
Ma anche i professori hanno chiaro che gli esami di stato appaiono come
una sorta di rito iniziatico utile per dimostrare che alla fine dei
conti lo Stato è presente, con tutti i suoi cavilli e le sue
legislazioni. Un fatto più burocratico che di sostanza effettiva,
nonostante gli urli mediatici sul riacquistato rigore e la rinnovata
serietà con l’imposizione della sufficienza in tutte le materie (il cui
ultimo risultato è stato l’ingresso del demonizzato 6 politico da parte
dei consigli di classe), la riconferma delle commissioni esterne
(fagocitate per qualche anno al tempo della ministra Moratti per quelle
interne) e i paletti messi ai candidati privatisti. Se però a
questo appuntamento tanto delicato si vuole ridare il suo effettivo
ruolo, constatati i mutamenti sostanziali della nostra società e
l’urgenza di competere in termini di conoscenza e di innovazioni col
resto del mondo, il vecchio diploma dovrebbe essere sostituito
con una certificazione dettagliata e motivata delle conoscenze e delle
competenze acquisite del giovane a compimento del suo intero ciclo di
studi e per singola disciplina. Un documento rilasciato da commissari
esterni che certifichi la preparazione dei ragazzi con nettezza.
Ha poca importanza il valore legale del titolo di studio, anche in
ambito comunitario, ciò che conta è la più possibile esatta fotografia
di ciò che il giovane uscendo dalla scuola è in grado di fare e di
capire, di affrontare e di risolvere. Non sarà certamente vangelo
questa certificazione, ma potrebbe pure evitare incongruenti bocciature
dopo 5 anni di frequenza, perché di fronte a molte carenze
l’alunno potrà decidere o di ripetere ancora il quinto anno o di
spiccare il volo verso altri porti. Sono decenni che si parla di
certificazioni e da decenni si è solo parlato.
PASQUALE ALMIRANTE