La fretta di tagliare tutto e ovunque, di bloccare turn
over e concorsi da parte del governo sta producendo l’ennesima beffa
per la scuola, la qualità dell’istruzione, il futuro del Paese. Suonano
per il prossimo anno scolastico diversi allarmi. L’ultimo è quello legato alla scarsità di
presidi. Molti se ne vanno in pensione o vengono trasferiti e non ci
sono sostituti, vincitori di concorso da incaricare. Saranno più di
mille le scuole che si troveranno al rintocco della campanella senza
capo d’istituto. Senza strategia, senza cura anche in questo.
(da l'Unità.it di Fabio Luppino)
Non c’è pezza che tenga per un
problema, tra l’altro, pronosticabile per tempo. Sono due le strade per
correre ai ripari che verranno adottate, s’intenda entrambe non a
vantaggio di una corretta ed efficiente gestione di una qualsiasi
scuola: l’accorpamento di più istituti o la creazione di presidi
reggenti. In quest’ultimo caso è come se l’allenatore della Juventus
dovesse anche occuparsi di gestire il Cesena. Un aborto alle viste, una
tegola certa per decine e decine di migliaia di famiglie che oltre al
depauperamento formativo sancito dalla cosiddetta riforma Gelmini delle
superiori si troveranno anche con scuole senza guida: il problema
riguarda ogni ordine e grado.
Con la definizione degli organici sta scoppiando sottotraccia un altro
enorme problema. Molti insegnanti di ruolo stanno scoprendo di non
avere più le 18 ore della loro materia nella stessa scuola. Per più di
un mese il ministero ha preso tempo, rendendosi conto i funzionari
dell’ulteriore danno alla funzionalità scolastica derivante dalla
drastica riduzione di ore insegnate decretata unicamente per motivi
contabili dal governo. Ma non è finita qui. Avendo innalzato la media
di alunni per classe (si può arrivare anche a trenta e oltre, una media
inumana per garantire che tutti i ragazzi vengano realmente seguiti)
sono scomparse, per il combinato disposto dei due fattori (meno ore,
media più alta di alunni) moltissime classi. Ecco, dunque, esplodere il
dramma dei soprannumerari, professori di ruolo che, nella migliore
delle ipotesi, dovranno insegnare su due o tre scuole per raggiungere
il completamento orario e, che, nella peggiore, dovranno riconvertirsi,
fare corsi di aggiornamento abilitanti all’insegnamento di altre
materie.
E non perché, come nel caso per esempio della stenografia e
dattilografia, ci sia stata una evoluzione tecnologica che lo richieda.
Al contrario, perché per legge è stata decretata una riduzione
dell’offerta culturale contravvenendo, nel caso delle lingue straniere,
a precise direttive europee. In definitiva nella scuola da settembre la
macelleria sociale sarà un fatto: oltre 25mila precari definitivamente
disoccupati, alcuni anche a cinquant’anni, migliaia di professori
costretti a vagare, con costi personali elevati (economici e
organizzativi) nella speranza di poter insegnare ancora con orario
pieno. Cosa tutto ciò abbia a che vedere con l’efficienza, il merito,
il rigore, la preparazione dei nostri ragazzi, il futuro del Paese, la
ricchezza dell’istruzione pubblica come prevista dalla Costituzione
ancora nessuno lo ha spiegato.