Sono
quelli di terza fascia delle graduatorie d’istituto, privi di
abilitazione all’insegnamento, requisito non indispensabile per
insegnare ma essenziale per la assunzione in ruolo. Questi precari sono
stati nominati dai presidi da graduatorie Ministeriali di terza fascia,
solo dopo esaurimento di quelle di prima fascia; hanno svolto per anni
insegnamento identico ai colleghi abilitati. I motivi per cui non si
sono abilitati sono per lo più dovuti all’alto costo dei corsi
abilitanti e agli obblighi di frequenza imposti. Dall’anno scolastico
2009/10 il DM 42/09 ha dato la possibilità ai soli docenti abilitati di
fare domanda di insegnamento in tre province in coda alle graduatorie
di prima fascia (degli abilitati) ma sempre davanti a quelle di terza
fascia.
da Maurizio
I tagli indiscriminati nella pubblica istruzione hanno fatto cassa? Su
42.000 cattedre in meno ammortizzate dai 40.000 pensionamenti i
licenziamenti sarebbero dovuti ammontare solo a 2.000, tutti coperti
dal c.d. “decreto salvaprecari”. La realtà è diversa: a perdere
cattedra sono stati 44.000 docenti, quasi tutti non coperti dal
decreto. Ma chi sono questi docenti esclusi dal “salvaprecari”? Sono
quelli di terza fascia delle graduatorie d’istituto, privi di
abilitazione all’insegnamento, requisito non indispensabile per
insegnare ma essenziale per la assunzione in ruolo. Questi precari sono
stati nominati dai presidi da graduatorie Ministeriali di terza fascia,
solo dopo esaurimento di quelle di prima fascia; hanno svolto per anni
insegnamento identico ai colleghi abilitati. I motivi per cui non si
sono abilitati sono per lo più dovuti all’alto costo dei corsi
abilitanti e agli obblighi di frequenza imposti. Dall’anno scolastico
2009/10 il DM 42/09 ha dato la possibilità ai soli docenti abilitati di
fare domanda di insegnamento in tre province in coda alle graduatorie
di prima fascia (degli abilitati) ma sempre davanti a quelle di terza
fascia.
I non abilitati sono quindi scavalcati da chi, pur abilitato, risulta
sprovvisto di esperienza e quindi non avrebbe diritto all’indennità di
disoccupazione. Con questo metodo, per almeno 40.000 docenti precari di
terza fascia, rimasti senza supplenza, i sussidi di disoccupazione sono
stati pagati per posti di lavoro in realtà esistenti. In pratica, per
una supplenza nominata, si pagano due persone: il docente titolare
della cattedra pagato dallo Stato e il docente perdente cattedra il cui
sussidio di disoccupazione dura otto mesi, facilmente prolungato con il
conferimento di qualche supplenza breve. Lo Stato ha operato forti
tagli per risparmiare; invece non si è risparmiato, ma si è speso
addirittura di più per dare meno risorse alla scuola!