Salari congelati per 4 anni nel pubblico
impiego, precari a casa, enti di ricerca sciolti, condono per gli
immobili abusivi: correzione dei conti da 24 miliardi, così il
centrodestra continua a manganellare.
C'è un solo nemico, per questo governo: il lavoro. Ed è anche l'unica
botte da cui spillare qualche goccia di reddito extra. La «manovra
correttiva» da 24 miliardi non lascia alcun dubbio, nonostante
l'evidente sforzo di spalmare su una marea di voci differenti l'effetto
delle «manganellate». ( Manifesto | Economia)
La riduzione delle «spese
della politica» o degli emolumenti ai supermanager pubblici è poco più
di una trovata di marketing, mentre l'entità delle sottrazioni - in
termini di salario, vita lavorativa, servizi in meno o più costosi - è
al momento incalcolabile. E' chiaro che il taglio di 1.000 euro fatto a
chi ne guadagna 100.000 l'anno è inavvertibile, mentre quattro anni di
blocco salariale - eroso da un'inflazione che non dorme nemmeno in
tempi di crisi - per chi ne guadagna 20.000 (o molto meno) è una
bastonata intollerabile. Specie se con quello stipendio dovrai pagare
più tasse scolastiche o universitarie per i tuoi figli, bollette
gonfiate, pedaggi anche sulle strade fin qui gratuite. E' il destino
riservato ai dipendenti pubblici, che vanno già preparando
mobilitazioni. Persino dal «comparto sicurezza» (polizie varie) sale il
malumore, al punto da chiedere ora apertamente il «diritto di sciopero».
Ma è anche un governo che ha il terrore della conoscenza scientifica,
quella che sgombra il campo dalle opinioni da imbonitore e stabilisce -
temporaneamente - una qualche verità. L'elenco degli istituti di
ricerca aboliti da questa manovra è impressionante. E accomuna sia
carrozzoni che si credevano scomparsi (come il «comitato Sir»), sia
presìdi fondamentali della ricerca italiana. E' comunque una manovra
«depressiva», perché comprime i redditi e quindi i consumi in settori
sociali di grandi dimensioni.
In ogni caso, stiamo qui a raccontare non un testo nero su bianco, ma
quanto hanno riferito ai giornalisti i protagonisti degli incontri
avvenuti ieri a palazzo Chigi: rappresentanti degli enti locali, dei
sindacati, delle associazioni di categoria. L'unica cifra fatta sono i
24 miliardi in due anni citati dal ministro dell'economia, Giulio
Tremonti. Persino Romano Colozzi, assessore regionale (Pdl) in
Lombardia, ha dovuto ricalcolare - raddoppiandola - la stima del taglio
operato nei confronti delle Regioni.
Tremonti aveva promesso di «ridurre il perimetro dello stato» e lo sta
facendo. E del resto occorre uno stato più debole, se si vogliono
lasciare campi aperti agli animal spirits del libero mercato. Vedremo
meglio nei prossimi giorni in cosa può consistere l'accorpamento degli
enti previdenziali, ad esempio; da cui certo si possono ottenere
«grandi risparmi» ma, se mal «orientati», sulla pelle di assistiti che
non hanno poi più difesa alcuna.
Facciamo l'esempio annoso della sanità. Qui si sceglie la strada delle
«limature» a diverse voci di bilancio, alcune persino sensate (acquisti
centralizzati, costi certificati, ecc). Nulla si fa contro il vero
cancro che fa levitare i costi della sanità pubblica: le convenzioni
con cliniche private. Un meccanismo di privatizzazione strisciante,
visto che «per convenzione» il pubblico deve garantire alle cliniche
una quota di degenti, pagando anche le relative rette. Ma quelle
cliniche possono privatamente procurarsi altri degenti (veri o falsi)
accollandone egualmente i costi al «pubblico». L'ennesima conferma è
venuta dalla Corte dei Conti, che ha disposto il sequestro delle
cliniche laziali della famiglia Angelucci, che può vantare un onorevole
(Antonio) del Pdl.
E' infine un governo che ama la guerra. I risparmi derivanti dallo
scioglimento degli enti pubblici (scientifici e non) saranno destinati
al rifinanziamento delle missioni militari all'estero. «Di pace»,
ovviamente, come impone la «neolingua» in uso in Italia.
Francesco Piccioni