L'anno scolastico 2008/2009 è stato caratterizzato da una fortissima
protesta che ha portato centinaia di migliaia di persone nelle piazze,
nelle assemblee, nei presidi, nella miriade di iniziative che da subito
hanno cercato di opporsi allo tsunami gelminian-tremontesco sulla
scuola pubblica e in particolare sulla primaria.
L'anno corrente, il 2009/2010, pur tra le molte iniziative di protesta,
è stato prevalentemente caratterizzato, nella primaria, dal tentativo
di contenere l'urto dei tagli, di difendere coi denti modelli orari e
qualità della scuola.
La riduzione del danno, insomma.
Intento assolutamente lodevole. Ma in nome di questo atteggiamento
diffuso, in molte realtà, le maestre e i maestri si sono sobbarcati
oneri enormi, i bambini e le bambine hanno avuto comunque una offerta
formativa impoverita e peggiorata e, nel frattempo, non sempre i
genitori hanno maturato l'esatta percezione dell'effetto combinato,
drammatico!, dei tagli e delle modifiche ordinamentali.
Ci stiamo avviando verso la conclusione dell'anno scolastico, periodo
nel quale una positiva consuetudine fa sì che si cominci a pensare
all'anno prossimo.
E' il momento perciò di proporre qualche riflessione.
Innanzitutto va tenuta alta la consapevolezza che i tagli non sono
finiti,che altri se ne prevedono perché il piano triennale che
istituisce una riduzione progressiva degli organici, poiché la scuola
primaria si sviluppa in cinque anni, è in realtà un piano quinquennale
di tagli.
Nella scheda allegata, focalizziamo la nostra attenzione su alcuni
aspetti:
i modelli orari, i criteri di assegnazione dei docenti alle classi, la
valutazione, la certificazione delle competenze, piano di formazione
per l'insegnamento della lingua inglese.
Si tratta di punti cruciali che emergono sia dalle segnalazioni che
riceviamo, sia dagli incontri, assemblee, iniziative pubbliche dedicate
alla scuola primaria che stanno fiorendo un po' ovunque nel Paese.
Emerge sempre più chiaramente che al di là dei tagli, l'obiettivo vero
è distruggere la scuola pubblica, azzerare la motivazione, denigrare la
professionalità e svilire l'impegno di chi ci lavora. Soprattutto si
vuole svuotare di qualità la formazione delle giovani generazioni.
Salvo quella dei rampolli delle famiglie agiate che possono permettersi
di pagare le rette di splendide scuole private ancorché abbondantemente
sostenute da finanziamenti pubblici. Scuole ricche di personale, di
tempo scuola, di strutture, di attività dove i selezionatissimi
frequentanti possono prepararsi a diventare futura classe dirigente.
A questo disegno la FLC CGIL dice semplicemente: NO.
Sappiamo che la scuola da sola non può farcela. Questo periodo di
mobilitazione che si sta prolungando ben oltre la settimana prevista,
deve costituire una utile occasione di discussione, sensibilizzazione,
denuncia, tessitura di reti di mobilitazione.
Nel contempo, fin da ora le scuole possono cominciare ad elaborare
modelli orari e organizzativi ispirati ai principi della modularità,
della contitolarità, della equità di trattamento tra docenti e tra
gruppi classe.