Sembra
ormai senza via di uscita la nostra scuola pubblica, e ciò che è detto
è detto echeggia, almeno a sentire la ministra Gelmini, appena qualche
settimana dopo il parto: le graduatorie saranno a carattere regionale e
i risparmi ottenuti con la messa alla porta di migliaia di docenti
precari, comprese le sarde che stanno leccando le scuole, saranno
impiegati per premiare i migliori professori, i numeri uno. Quella che
era sembrata una boutade dei compagni di Bossi e una sfarfallonata di
Formigoni si sta invece dimostrando una sorta di nube vulcanica che
minaccia il volo umiliante e sotto costrizione di tanti professori, ma
pure presidi, verso le pianure padane.
Pasquale Almirante
p.almirante@aetnanet.org
Sembra ormai senza via di uscita la nostra scuola pubblica, e ciò che è
detto è detto echeggia, almeno a sentire la ministra Gelmini, appena
qualche settimana dopo il parto: le graduatorie saranno a carattere
regionale e i risparmi ottenuti con la messa alla porta di migliaia di
docenti precari, comprese le sarde che stanno leccando le scuole,
saranno impiegati per premiare i migliori professori, i numeri uno.
Quella che era sembrata una boutade dei compagni di Bossi e una
sfarfallonata di Formigoni si sta invece dimostrando una sorta di nube
vulcanica che minaccia il volo umiliante e sotto costrizione di tanti
professori, ma pure presidi, verso le pianure padane. Tuttavia come si
procederà con le graduatorie regionali non è dato sapere. Sicuramente
le abilitazioni dovranno per forza essere a carattere nazionale, tranne
che la nostra idea di scuola, quella che perfino da Gentile ci deriva,
ma ancora prima, sia così repentinamente mutata da non accorgerci del
cambiamento. Mettere i tempi di cottura della polenta nei programmi
abilitanti del nord e le dosi di ricotta per la cassata in quelli del
sud ci pare una sciocchezza che nessun governo serio, e tutti i governi
devono essere seri, può prendere in considerazione. E allora non rimane
altro che un punteggio aggiuntivo per i residenti, come avviene per i
trasferimenti tra provincie e regioni diverse. Non ci può essere altro.
Tranne che l’idea è quella di implementare il famoso modello Lombardia,
cioè aprire scuole private con le sovvenzioni, i bonus per dribblare la
Costituzione, e dove per insegnarvi nulla è richiesto, tranne la
fede politica di appartenenze o quella religiosa o quella del censo. E
una scuola privata può mettere tutti i paletti che vuole. Questa però
sembra un’altra storia benché si tratti sempre di numeri, nel senso
della prevalenza della scuola pubblica o della privata nel territorio
nazionale e quale si intenda favorire magari per creare business.
Se poi coi risparmi spremuti sulla pelle dei precari e di alcune classi
di concorso ritenute neglette si vogliono premiare i migliori, non è
idea del tutto peregrina che però diventerebbe malsana se si
scegliessero parametri fantasiosi; o addirittura se si dicesse
già a priori, come è stato proposto, che solo il 25% del corpo docenti
sarà premiato, il 50% lasciato a bocca asciutta e l’altro 25% punito
con sottrazioni di stipendio. Non è chiaro chi lo stabilirà, né quali
saranno gli strumenti di verifica, né il tipo di valutazione. E’
singolare tuttavia che per dare i premi premianti, griffati ed
esclusivi di tutto si parli tranne che di pubblicazioni, studi
particolari, impegni sacrificali in classe, aggiornamenti a pagamento
all’estero. In ogni caso sembra proprio che sia in corso un attacco
alla scuola pubblica e che la si voglia umiliare in un modo o
nell’altro, cosicché ogni occasione è buona per metterla alla berlina.
Pasquale Almirante