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Precariato: Graziella «tuttofare» con il decreto è una maestra da 600 euro al mese

Rassegna stampa
L’hanno chiamato provvedimento «salva precari», ma in realtà forse sarebbe stato più giusto definirlo «ammazza precari ». Parliamo dell’iniziativa a parziale riprotezione dei docenti non di ruolo varata lo scorso settembre dal ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini (decreto legge 134/09) per tamponare la disoccupazione conseguente ai primi effetti della sua riforma scolastica.  (da L’Unità)

Il decreto «salva precari » era una sorta di graduatoria privilegiata per le supplenze: se non proprio la continuità del lavoro, si pensava così di garantire almeno una qualche attività, seppure a singhiozzo. Mala realtà è spesso lontana dai proclami. L’abbiamo capito parlando con Graziella, 39 anni, diploma all’accademia di belle arti, abilitazione all’insegnamento di discipline geometriche e architettoniche nei licei artistici, due master in didattica. Per anni ha lavorato con l’incarico annuale nelle province prima di Milano e poi di Cremona. Finché è arrivata – come dice lei – «la mannaia della Gelmini ». e il successivo «patto territoriale » della Lombardia di Formigoni. «Questi provvedimenti - ci racconta - sono arrivati nell’arco di pochi giorni e tutti noi precari abbiamo pensato bene di aderirvi, sebbene all’inizio la proposta contrattuale fosse piuttosto fumosa. Si parlava genericamente di compiti di aiuto alla dispersione scolastica, accompagnamento all’handicap e cose simili. L’unica cosa certa era la maturazione del punteggio annuale, quanto meno per non scendere in graduatoria».È così che Graziella, e con lei centinaia di docenti precari in tutta la regione, si sono trovati a insegnare 36 ore settimanali (anziché le18dei docenti «normali»), senza ferie, permessi per malattia, contributi pensionistici pieni e le altre garanzie dei lavoratori dipendenti. Il tutto per circa 600 euro netti al mese (meno della metà dello stipendio di cui godevano l’anno prima). E senza riguardo alle specifiche competenze disciplinari: «Quest’anno insegno italiano agli stranieri, storia, matematica, scienze, francese, inglese… insomma, tutto tranne la mia materia. Nei momenti di necessità, ci si può anche rimboccare le maniche. La cosa grave è la forte penalizzazione economica. Io per fortuna ho estinto l’anno scorso il mutuo del mio appartamento, ma ho colleghi e colleghe che in queste condizioni non sanno come arrivare alla fine del mese, dovendo magari pagare le rate di un mutuo, un affitto oppure mantenere dei figli. Pensi che per i giorni in cui la scuola è stata chiusa per vacanze o festività non siamo stati pagati. Ora sembra che la Regione sia intenzionata a farci recuperare questa quota dello stipendio, ma ancora i soldi non li abbiamo visti». Spiega: «È un po’ come lavorare in nero. Le scuole si reggono sulla nostra presenza: nel liceo artistico di Cremona, dove ora sono impiegata, senza noi insegnanti di serie B non si saprebbe chi mandare in classe quando manca un docente, i ragazzi con problemi verrebbero abbandonati a se stessi, gli stranieri non avrebbero la possibilità di integrarsi in maniera adeguata». È scoraggiata Graziella: «Ho investito anni ed energie per fare questo lavoro, ma per l’anno prossimo sto seriamente pensando di cambiare attività. Forse tornerò a fare quello che facevo appena diplomata, la restauratrice e la decoratrice, anche se a 40 anni è difficile reimmettersi in questo circuito. E mi spiace, perché per me l’insegnamento è stata una vocazione. Mi fa specie che, viste le condizioni in cui versa la scuola pubblica, con i pesanti tagli decisi dalla finanziaria di Tremonti, poi, dall’altra parte, la Regione Lombardia stanzi cifre impressionanti a favore della scuola privata o delle cosiddette “learning weeks”, settimane di studio in amene località sui temi più vari: belle vacanze per gli studenti, opportunità di guadagno per associazioni e albergatori. Niente di male, per carità,ma forse converrebbe rivedere le priorità ». Qualcuno può darle torto?








Postato il Sabato, 03 aprile 2010 ore 08:16:20 CEST di Pasquale Almirante
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