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Riforma: La riforma dei Tecnici e Professionali è adeguata ai tempi?

Opinioni

Premessa

Il nostro giudizio è che la proposta presentata possa addirittura provocare un serio peggioramento della situazione attuale, e un ulteriore preoccupante allontanamento dagli obiettivi europei.

Le osservazioni e le proposte che seguono si basano su dati obiettivi ricavati da indagini nazionali e internazionali.

Alcune considerazioni alla luce di dati obiettivi

•  Il primo elemento su cui riflettere è che l'Italia è il Paese dell'UE con la più bassa percentuale di giovani scolarizzati o comunque in formazione fra i 15 e i 19 anni

(Quaderni degli annali dell'istruzione, 2002)

La Gran Bretagna, che ha una situazione grave da questo punto di vista, anche se migliore della nostra, sta impostando una riforma della fascia 14-19 specificamente finalizzata al superamento di questa situazione, ponendo al centro la valorizzazione dell'immagine e dei contenuti dell'istruzione professionale (obiettivo peraltro comune a molti Paesi europei). L'Italia al contrario ha deciso di licealizzare tutti gli istituti tecnici, e marginalizzare ulteriormente l'istruzione e la formazione professionale, facendone una filiera di "relegazione" riservata agli alunni che non hanno successo nella scuola, o ai figli di prima generazione degli immigrati. Una smentita clamorosa della sbandierata pari dignità fra i due sistemi dei licei e dell'istruzione e formazione professionale.

•  Il secondo elemento, ma non per importanza, è costituito dai risultati dell'indagine internazionale PISA 2003. Sono dati su cui tutti i Paesi stanno attentamente riflettendo, soppesandoli insieme a quelli di PISA 2000, per trarne le dovute conseguenze. Il MIUR continua a ignorarli, nonostante la gravità degli esiti che collocano i nostri quindicenni al di sotto della media OCSE, e che soprattutto descrivono un'Italia divisa, con punte drammaticamente arretrate. Questi dati ci indicano con chiarezza due cose:

  • non è vero che la centralizzazione dell'istruzione garantisca o semplicemente favorisca l'omogeneità sul territorio nazionale;
  • non è vero che una maggiore quantità di ore trascorse a scuola assicuri il miglioramento dei livelli di apprendimento (si pensi alle 40 ore dei nostri professionali e ai relativi risultati).

Nessuno di questi due dati è stato considerato, dal momento che:

  • si mantiene la centralizzazione esistente. Il decreto stabilisce infatti il passaggio dei soli istituti professionali alle Regioni , quando, sulla base del Titolo V, non esiste più “gestione” statale delle scuole, di nessuna scuola, e gli stessi Uffici scolastici regionali dovrebbero essere soppressi o inglobati nell'amministrazione regionale, come ha ben indicato la sentenza della Corte Costituzionale n. 13 del 14-01-04. Inoltre, anche questo decreto continua a non definire la quota dei piani di studio da attribuire alle Regioni;
  • si conserva un orario più elevato della media europea , con un numero eccessivo di discipline, estremamente frammentate, senza nessuna chiara definizione delle “competenze chiave” -necessarie e indispensabili per tutti- che costituiscono il solo vero strumento per migliorare gli apprendimenti di base e insieme rendere flessibile il sistema, consentendo realmente, non solo a parole, i passaggi fra i vari indirizzi. Inoltre viene assegnata una quota irrilevante alle materie opzionali, che limita le scelte degli studenti, anzichè favorire un loro più attivo coinvolgimento, come prevedono recenti proposte di riforma in altri Paesi europei. (v. Spagna, Francia, Inghilterra)

•  Il terzo elemento su cui riflettere è l'assenteismo degli studenti . Un'indagine dell'Assoutenti di 6 anni fa, a.s. 1997-98, lanciava già il grido di allarme, rilevando il sottoutilizzo della scuola specialmente da parte degli studenti degli istituti professionali del Sud. Questi i dati dell'indagine Assoutenti:

Fruizione del servizio scuola nel Nord:

Licei

93%

Istituti Professionali

84%

Fruizione del servizio scuola nel Sud :

licei

78,3%

Istituti Professionali

68,4%

I dati sono andati via via peggiorando. Un'indagine svolta nell' Istituto Professionale per l'industria e l'artigianato più qualificato di una ricca città del NORD, Bologna, ha indicato che nel secondo quadrimestre dell 'a.s. 2002-2003 che la fruizione complessiva del servizio scolastico era pari al 64, 20% dell'orario. Questi i dati:

Assenze sulle ore effettivamente svolte nelle classi 1e, 2e, 3e,
separatamente considerate nei 2^ quadrimestri

Classi

A.S. 2000/2001
2°Quadrimestre

A.S. 2001/2002
2°Quadrimestre

A.S.2002/2003
2°Quadrimestre

Classi 1^

27,6%

35,6%

37,3%

Classi 2^

29,0%

38,2%

36,6%

Classi 3^

20,5%

28,5%

32,3%

 

Assenze sulle ore effettivamente svolte nelle classi 1e, 2e, 3e,
complessivamente considerate, nei 2^ quadrimestri

a.s.2000/2001

26,1%

a.s.2001/2002

34,4%

a.s.2002/2003

35,8%

Questi dati sull'assenteismo andrebbero considerati assieme agli elementi forniti dall'indagine PISA sull'atteggiamento degli studenti verso la scuola. In un contesto internazionale nel quale, in media, oltre un quarto dei quindicenni afferma che la scuola è un luogo dove non hanno voglia di andare, l'Italia è tra i Paesi con la percentuale più alta di giovani che dimostrano questa avversione o riluttanza nei confronti della scuola, ben oltre un terzo dei quindicenni italiani.

"La mia scuola è un luogo dove non ho voglia di andare"

(Dati PISA 2000)


Questi dati complessivi- assenteismo e atteggiamento negativo verso la scuola- indicano in modo inequivocabile che la nostra, ma non solo nostra, tradizionale organizzazione del curricolo scolastico e del modo di fare scuola non tiene più. Occorre avere il coraggio di rendere essenziale il curricolo, per creare spazi per una più ampia gamma di esperienze di apprendimento (vale la pena di ricordare che, a questo fine, l'inglese Tom Bentley, ha raccomandato di ridurre il curricolo del 50%). L'opposto, insomma dell'ipotesi di licealizzazione generalizzata che il decreto propone.

4. Il quarto elemento su cui riflettere è che l'Italia ha, fra i Paesi dell'UE, una situazione fra le più gravi relativamente alla transizione dalla scuola al mondo del lavoro. I dati OCSE 2000 e 2001 ci dicono che nel nostro Paese:

Alcuni indicatori della transizione dalla Scuola al Lavoro

a) l'età media d'ingresso nel mondo del lavoro è fra le più elevate,
oltre i 25 anni

b) la percentuale di giovani che trovano impiego immediatamente dopo la formazione
è fra le più ridotte

c) la percentuale di giovani che impiegano oltre 2 anni a trovare un lavoro dopo gli studi
è fra la più alte.

Esistono quindi seri problemi ad entrare nel mercato del lavoro.Ora è noto che la “formazione duale” potrebbe costituire uno degli strumenti per migliorare questa situazione, ma viene qui nuovamente del tutto trascurata, al punto che lo schema di decreto sull' alternanza scuola-lavoro, che dovrebbe essere organicamente coordinato a quello del 2° ciclo, la trasforma in principio metodologico-didattico per i licei anzichè stabilire modalità, strumenti e garanzie per il suo specifico sviluppo.

Formazione in alternanza scuola lavoro

(indicatori OCSE 2001)

5. Il quinto elemento da considerare è che la scolarizzazione oltre la maggiore età - i 18 anni - produce sprechi e ritardi. C'era una via di uscita nella legge 53/03, ed era quella di utilizzare il 5° anno come anno ponte per l'accesso all'università e più in generale all'istruzione terziaria . Anche questa ipotesi è stata di fatto accantonata dal decreto, dal momento che la preparazione all'università è considerata “in aggiunta” al normale curricolo.

Conclusioni e proposte 

Alla luce delle considerazioni finora svolte, il giudizio sulle proposte concernenti il 2° ciclo è assolutamente negativo, tale da richiederne una completa reimpostazione. Non ritenendo di potere intervenire con semplici proposte di emendamento, avanziamo invece alcuni obiettivi importanti da perseguire e su cui, a nostro avviso, andrebbe impostato il decreto attuativo.

UN DECALOGO PER IL 2° CICLO

1)

Dare immediata attuazione alla riforma del Titolo V della Costituzione, con la completa decentralizzazione della gestione di TUTTI gli istituti scolastici non solo dei Professionali

2)

Aumentare il tasso di scolarizzazione della fascia d'età 15-19 anni, definendo le tappe per raggiungere entro il 2010 gli obiettivi definiti dalle direttive europee

3)

Ridurre la percentuale dei giovani che abbandona il sistema scolastico senza nessun diploma, definendo le tappe per raggiungere entro il 2010 gli obiettivi definiti dalle direttive europee

4)

Creare un forte e qualificato sistema di istruzione tecnico professionale in cui fare confluire gli istituti tecnici, gli istituti professionali e la formazione professionale

5)

Creare ex novo la formazione in alternanza scuola-lavoro, con l'obiettivo di non meno di 300.000 posti per i prossimi 3 anni

6)

Sviluppare curricoli per competenze, con la definizione delle competenze chiave - necessarie e indispensabili per tutti - che siano comuni ai due sistemi e ai diversi indirizzi

7)

Eliminare l'impermeabilità fra il sistema dei licei, dell'istruzione e formazione professionale facendo leva su uno sviluppo rigoroso delle “competenze chiave”

8)

Istituire una qualificata istruzione professionale superiore postsecondaria, parallela a quella universitaria, che dia sbocco e dignità a tutto il percorso di istruzione e formazione professionale

9)

Utilizzare il quinto anno dei licei come raccordo per la formazione universitaria e professionale superiore, e il quinto anno degli istituti tecnici come raccordo per l'accesso all'università, o come primo anno dell'istruzione professionale superiore, secondo le scelte degli studenti

10) Sancire per i giovani il diritto al lavoro come elemento indivisibile dal diritto allo studio, con l'obiettivo dell'entrata nel lavoro per tutti entro 6 mesi dall'uscita dal sistema dell'istruzione e della formazione

 

 









Postato il Domenica, 23 gennaio 2005 ore 14:58:15 CET di Salvatore Indelicato
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