Si dovrebbe rivedere la modalità con cui veniva strutturato l’esame di quinta perché non sia un momento censorio invece che “educativo” e orientativo. Come affermava il grande Eduardo De Filippo, “gli esami non finiscono mai”. Il problema è che nella nostra società e nella nostra cultura, parafrasando, gli esami non iniziano mai! Non iniziano mai (o molto tardi) nella scuola ma anche nella vita. È difficile per genitori ed insegnanti accettare che fin dai primi anni della scuola dell’infanzia i bambini, e poi i ragazzini, debbano misurarsi con delle piccole grandi fatiche. Nella scuola ciò si traduce nell’accettare e giustificare qualunque livello di esito di un compito, accettazione dettata dal timore di non “bloccare” l’alunno nella sua crescita ed autostima. Ciò nasce in buona parte da fraintendimento di concetti e quindi pratiche di individualizzazione prima e di personalizzazione poi nei percorsi di insegnamento e/o apprendimento. Ogni alunno, tutti gli alunni, per quanto apparentemente indifferente alla scuola, si aspetta un giudizio sulle proprie performances, perché un giudizio, anche se negativo ma dato con atteggiamento non sanzionatorio, fa crescere nell’alunno la consapevolezza di sé.