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Didattica: I conti in tasca al 5 in comportamento

Rassegna stampa
Il Miur ha reso pubblici i dati (parziali) sul 5 in comportamento nel 1° quadrimestre nelle Scuole secondarie italiane. Il dato accertato è stato di circa 63.000 studenti che potrebbero essere bocciati indipendentemente dai loro esiti scolastici per il 5 in comportamento. Le scuole secondarie italiane non potevano rispondere in modo più entusiasta alla legge 169 del 30 ottobre 2008, che ha sancito non solo il ritorno dei voti numerici per tutti gli ordini di scuola, ma anche il ripristino del voto in comportamento come possibilità di bocciatura.
Il mio dissenso si può concentrare su due punti:
• i 63.000 voti negativi sono una sconfitta dell’azione educativa della Scuola prima ancora di quella della Nazione;
• il dato dovrebbe produrre analisi e umiliazione, non esaltazione.
Ancora una volta il sistema scolastico italiano dimostra di saper produrre dispersione, ma di non avere alcuna idea su come invertirla. Gli alunni italiani bocciati ritornano nel sistema al punto in cui erano (fino a 16 anni) o se ne vanno per sempre rendendo inutile la spesa che lo Stato ha sostenuto per loro per dargli un’istruzione professionalizzante dopo il diploma ottenuto a conclusione del primo ciclo dell’istruzione.
In termini economici la dispersione costa: il Miur taglia posti di lavoro anche aumentando gli alunni per classe e reinserendo nelle stesse classi i ripetenti (anche se sufficienti in varie materie), senza controllare la positività degli esiti del reinserimento.
Se facciamo un rapido conto, 63.000 alunni bocciati comportano 2520 classi in più, cioè circa 4.200 insegnanti in più con un costo stimabile di 147.000.000 di euro. Il conto così è minaccioso e non veritiero in quanto non necessariamente le classi vengono aumentate dai bocciati e non tutti i 63.000 alla fine saranno bocciati. Facendo però una tara piuttosto netta diciamo che il provvedimento in sé può portare a un aumento delle necessità di bilancio di almeno 50.000.000 di euro senza avere alcuna certezza sull’esito positivo dell’investimento. Non è chiaro perché il sistema scolastico italiano pensi che se un alunno ripete le stesse cose per due anni di seguito questo comporti una sua automatica uscita dalla dispersione scolastica, visto che non esiste alcun protocollo di interventi sistematici in merito.
L’assenza di un sistema di crediti e certificazioni, la mancanza di percorsi flessibili in cui l’alunno frequenti di nuovo solo i corsi concernenti le insufficienze reali, il mantenimento di un rigido sistema a classi, l’incapacità di certificare realmente le competenze dell’allievo sono problemi che non possono essere risolti solo aumentando la dispersione scolastica e vantandosene.
Il meccanismo dei tagli collegati all’aumento degli alunni per classe è un semplice gatto che si morde la coda perché produce classi sempre più numerose e ingestibili sia nella Scuola secondaria di 1° grado, sia negli Istituti tecnici e professionali. Classi con troppi alunni, molti dei quali ripetenti o fuori età, molti dei quali stranieri senza basi linguistiche accettabili, sono elementi destinati a produrre situazioni di ulteriore dispersione, costose in termini economici sia dal punto di vista finanziario (servono più insegnanti di quelli che servirebbero a una scuola capace di assorbire la dispersione), sia dal punto di vista didattico e sociale (servono insegnanti per insegnare a soggetti che il sistema scolastico non riesce a diplomare).
Il 5 in comportamento non fa altro che aumentare i numeri della dispersione, senza creare meccanismi di recupero e trasformando i tagli ai docenti in un ulteriore elemento che produce dispersione, in quanto legato alla rigidità del tempo scuola riferito a classi disomogenee e difficili da gestire.









Postato il Mercoledì, 17 marzo 2010 ore 08:55:43 CET di Pasquale Almirante
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