La valutazione del lavoro del docente è tema ricorrente: significativo
il fatto che nessuno richiami i dettami della scienza contemporanea che
fonda ogni procedura di controllo sulla definizione dei risultati da
conseguire. I mali della scuola derivano dal fatto che tutti i
cambiamenti introdotti dal legislatore negli ultimi decenni sono stati
snaturati per interpretazioni fondate sull’intangibile modello di
scuola d’inizio novecento. È quanto si ripete in questi giorni:
l’autonomia non è intesa come “progettazione formativa, educativa e
d’istruzione” [DPR 1999], ma come spartizione del tempo scuola; nessuno
ha valutato le implicazioni organizzative derivanti dall’enunciazione
delle finalità del servizio scolastico, espresse sotto forma di
competenze generali (comportamenti che gli studenti dovranno essere in
grado di esibire al termine del loro percorso).
Per percepire la portata della posta in gioco può essere opportuno
rievocare l’introduzione della certificazione della qualità ridotta,
nella scuola, a formale enunciazione di atti e procedure, secondari
rispetto alla natura di un servizio scolastico concepito in attuazione
delle vigenti disposizioni.
È bene ricordare che la certificazione della qualità non entra nel
merito delle decisioni assunte: garantisce la fedele trasposizione del
sistema di regole alle procedure decisionali.
La certificazione della qualità del servizio scolastico implica la
conformità delle prestazioni fornite alle disposizioni di legge.
Per chiarezza d’esposizione si richiamano alcune disposizioni del TU
297/94:
- Il rapporto intercorrente tra l’istituto scolastico e la società è
curato dal Consiglio di Istituto che «elaborando e adottando gli
indirizzi generali» elenca le competenze generali che caratterizzeranno
gli studenti al termine dell’itinerario formativo [“indirizzo”, in
ambito scolastico, ha univoco significato]. In tal modo la scuola
dichiara i caratteri del servizio erogato. Il lavoro avrebbe potuto
essere facilitato dalle esemplificazioni esistenti [cfr. profilo
professionali indirizzi ITIS – profilo culturale, educativo e
professionale dei nuovi regolamenti]. Il Consiglio di istituto,
inoltre, ha l’onere di determinare «i criteri generali per la
programmazione educativa» e «ha potere deliberante per quanto concerne
l'organizzazione e la programmazione della vita e dell'attività della
scuola».
- La programmazione e il controllo dell’efficacia dei processi
educativi, progettati per conseguire i traguardi fissati dal Consiglio
di Istituto, sono affidati al Collegio dei Docenti. In particolare esso
enuclea, a partire dalle competenze generali, le capacità ad esse
corrispondenti e ipotizza il percorso pluriennale per il loro
conseguimento.
- L’adeguamento della strategia educativa generale alla peculiarità
della singola classe, la scelta delle modalità di convergenza degli
insegnamenti verso obiettivi comuni competono al Consiglio di Classe.
- La progettazione e la gestione di “occasioni di apprendimento” è il
mandato affidato ai docenti.
I procedimenti d’attuazione delle disposizioni sopra richiamate
costituiscono l’asse portante dell’intero sistema di certificazione di
qualità: un'efficace e corretta gestione della scuola nasce
dall'assunzione di responsabilità da parte degli organismi collegiali.
Essi sono chiamati a determinare gli obiettivi, a programmare e
controllare i processi formativi, educativi e di istruzione: momenti
cardine della certificazione.
I documenti ufficiali delle scuole documentano la sistematica elusione
della legge.
Se la certificazione della qualità fosse stata correttamente applicata,
le scuole non si sarebbero potute sottrarre alle responsabilità
derivanti dall’applicazione della legge e non si sarebbe potuto
trascurare il fatto che
- l’accettazione di un’iscrizione impegna l’istituto scolastico nel suo
complesso;
- la crescita integrale di uno studente è un problema irrisolvibile per
il docente che opera isolatamente;
- lo “sviluppo della persona umana” comporta sia l’integrazione di
tutte le attività della scuola sia il riconoscimento della loro
interdipendenza;
- la gestione del servizio scolastico esige il governo dei processi
formativi, educativi, di coordinamento, di progettazione e di
insegnamento;
- il legislatore ha riconosciuto la strumentalità delle conoscenze e
delle abilità.
da
www.ilsussidiario.net Enrico Maranzana
da TuttoscuolaFOCUS
Aprea: “Anche gli studenti potranno
valutare i docenti”
La manovra di razionalizzazione della spesa pubblica (legge 133/2008)
sta producendo i suoi effetti, che si traducono principalmente, in un
settore labour intensive come quello della scuola, in riduzione del
personale. L’operazione è stata giustificata dal Governo, in termini
macroeconomici, alla luce della crisi finanziaria internazionale e
della particolare condizione del debito pubblico italiano, il terzo più
elevato al mondo.
Ma il (parziale) riequilibrio dei conti pubblici significa per la
scuola italiana una secca riduzione di risorse finanziarie e umane, e
quindi un problema in più per chi si preoccupa della qualità del
servizio e dei suoi risultati in termini di livelli di apprendimento
degli studenti.
Si fermerà qui l’azione della maggioranza? Sembra che a breve si possa
aprire la “fase due”. Nel mirino carriera, reclutamento e nuova
governance. E non mancano le sorprese nei contenuti della proposta di
cambiamento, che potrebbero riaccendere le polemiche su nuovi fronti.
In un’intervista pubblicata sul numero in edicola di Tuttoscuola, il
presidente della Commissione Cultura della Camera, Valentina Aprea,
apre un nuovo fronte sulla definizione delle regole per la carriera dei
docenti: “Occorre prevedere - spiega l’onorevole del Pdl - più modalità
di riconoscimento professionale, non escludendo la possibilità che
anche le scuole possano valutare miglioramenti retributivi. In
sostanza, l’esperienza personale di dirigente scolastico e la
conoscenza dei migliori sistemi educativi mi porta a dire che i
dirigenti possono diventare un soggetto valutativo, ma non in via
esclusiva”.
“La premialità dei docenti potrebbe essere competenza anche di altri
soggetti. Penso - continua l’esponente del Popolo della Libertà - agli
ispettori, magari in collegamento con l’Invalsi, come avviene con
l’Ofsted in Inghilterra, ma anche alle famiglie, agli studenti e agli
organismi tecnici delle scuole, chiamati a valutare l’efficacia
dell’azione educativa come nelle migliori tradizioni”.
Di fatto genitori e studenti daranno il voto agli insegnanti? “Penso -
risponde la Aprea nell’intervista - che solo attraverso più indicatori
si potrà monitorare e incoraggiare una sempre maggiore qualità e
professionalità della docenza italiana, e che dunque anche le famiglie
e gli studenti potranno essere coinvolti nella valutazione. Questi
ultimi, d’altra parte, già valutano i docenti in alcune università”.