1. spesa per istruzione inferiore a media
paesi ocse
2. ranieri (pd), regioni sud diano quota fondi ue a
formazione
3. pd, con questo governo italia fanalino di coda in
europa
4. ormai è una scuola sempre più a due velocità
5. gelmini: pronti per il federalismo, però
6. il nord supera di 2 anni il sud
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Redazione
redazione@aetnanet.org
SCUOLA: SPESA PER ISTRUZIONE INFERIORE A MEDIA PAESI OCSE
(ASCA) -La spesa per l'istruzione scolastica in Italia si aggira
intorno al 3,5% del Pil, una quota leggermente inferiore alla media dei
paesi Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo
economico), pari al 3,8% (secondo i dati sono del rapporto Ocse
Education at a Glance). E' quanto emerge dal ''Rapporto sulla scuola in
Italia 2010'' della Fondazione Giovanni Agnelli.
La spesa pubblica consolidata per l'istruzione scolastica e' stata nel
2007 pari a circa 52,4 miliardi di euro e la spesa per studente e'
stata di circa 6.600 euro, comprensiva di una quota pro capite pari a
circa 100 euro di spese non regionalizzabili.
Trentino Alto Adige e Valle d'Aosta si distinguono per livelli di spesa
pro capite superiori alla media italiana: rispettivamente 9.900 e 8.900
euro circa. A livelli medio-alti (oltre i 7.000 euro pro capite) si
collocano Friuli Venezia Giulia, Calabria, Basilicata e Sardegna. Il
valore piu' basso e' quello della Puglia (5.834 euro).
RANIERI (PD), REGIONI SUD DIANO QUOTA FONDI UE A
FORMAZIONE
(ASCA) -''I dati del rapporto sulla scuola presentato dalla Fondazione
Agnelli descrivono la gravita' della situazione in cui versa il sistema
scolastico e formativo nel Mezzogiorno, dove piu' elevata e' la
percentuale dei giovani espulsi dal sistema educativo e piu' bassi i
livelli di apprendimento degli studenti. Per affrontare questa
allarmante situazione occorre che l'offerta formativa nel Mezzogiorno
sia potenziata e qualificata''.
Lo dichiara Umberto Ranieri, presidente del Forum Progetto Mezzogiorno
del Pd.
''Proponiamo - prosegue Ranieri - che le regioni meridionali destinino
una quota del Fondo sociale europeo a progetti finalizzati a ridurre
gli abbandoni scolastici e i tassi di ripetenza e ad elevare i livelli
di apprendimento degli studenti meridionali.
Occorre tuttavia - conclude - che lo Stato centrale si faccia carico
delle situazioni di svantaggio e fornisca le risorse aggiuntive
necessarie. Cio' anche nella prospettiva federalista. Il federalismo
non puo' consistere in una sorta di passaggio di consegne alle Regioni
per abbandono da parte dello Stato''.
PD, CON QUESTO GOVERNO ITALIA FANALINO DI CODA IN
EUROPA
(ASCA) - Roma, 24 feb - ''Se gia' nel 2007 la spesa per l'istruzione
scolastica in Italia si aggirava intorno al 3,5% del Pil, una quota
leggermente inferiore alla media dei paesi Ocse, adesso, dopo i tagli
di Tremonti la situazione sara' ancora piu' grave''. Cosi' la
capogruppo del Pd nella commissione Cultura della Camera, Manuela
Ghizzoni commenta i dati sulla scuola contenuti nel Rapporto sulla
scuola in Italia 2010 della Fondazione Giovanni Agnelli. ''Infatti -
prosegue Ghizzoni- in questi due anni si e' ampliata la forbice tra la
popolazione studentesca, che e' cresciuta, e le risorse statali, che
sono diminuite drasticamente a partire dagli 8 miliardi della manovra
estiva del 2008 a cui si sono aggiunti con le finanziarie successivi
altri tagli. E lo sanno bene i dirigenti che in questi giorni stanno
raschiando inutilmente il barile per chiudere i bilanci''.
''I dati della fondazione Agnelli - conclude l'esponente Pd- sono
quindi molto preoccupanti perche' fotografano una situazione pregressa
che e' peggiorata fortemente per colpa di questo governo che ci sta
portando sempre piu' in basso nelle classifiche internazionali''.
Fondazione Agnelli: ormai è una scuola
sempre più a due velocità
di A.G. (da Tecnica della scuola)
Si allarga il divario nord-sud. Sia per le chance in più che le
famiglie benestanti riescono a dare a figli, che frequentano istituti
di qualità, sia per gli investimenti squilibrati delle Regioni. Così un
15enne del meridione ha la preparazione di un 13enne che studia sopra
il Po. Ma col federalismo scolastico non si pensi di centrare molti più
risparmi di quelli realizzati negli ultimi anni.
L’istruzione italiana diventa sempre più a due velocità: è quanto
sostiene la Fondazione Giovanni Agnelli, che il 24 febbraio ha
presentato a Roma il “Rapporto sulla scuola in Italia 2010”. La ricerca
annuale, intitolata "Dimmi in che scuola vai e ti dirò quanto ne sai",
ha fatto emergere che quasi sempre per un buon esito dell’istruzione è
fondamentale appartenere ad un ceto sociale medio-alto.
La ricerca ha anche evidenziato come la diversità di istituti
scolastici frequentati dai nostri giovani sia sempre più fondamentale
ai fini del successo in ambito formativo e, di conseguenza, per le
affermazioni di vita professionale: “le famiglie più abbienti e colte –
si legge nelle conclusioni del Rapporto - mandano i figli al liceo,
mentre gli studenti con un retroterra meno favorevole – inclusi quelli
di origine straniera - sono più soggetti alla dispersione e tendono a
concentrarsi in alcuni indirizzi scolastici, come i professionali”.
Si conferma sempre più larga, inoltre, la forbice tra settentrione e
meridione. “Essere uno studente del Sud – spiega la Fondazione Agnelli
- significa partire con uno svantaggio di 68 punti nelle competenze
misurate da OCSE-PISA – l’equivalente di circa un anno e mezzo di
ritardo scolastico - rispetto a uno studente del Nord,
indipendentemente dalla caratteristiche individuali e della scuola che
si frequenta”.
Dall’incrocio delle due variabili – residenza e ceto di provenienza -
si determina che, a parità di spesa pubblica, gli istituti di alcune
regioni del nord (in particolare Emilia Romagna, Lombardia, Trentino e
Veneto) risultano decisamente migliori di quelle di molte regioni
meridionali. Ne consegue che oggi un 15enne che studia in una scuola
media del meridione ha una preparazione uguale a quella di 13enne che
fa altrettanto oltre il fiume Po. Facendo così determinare un palese
divario di due anni sui "livelli di competenza".
Sebbene il divario dipenda da diversi fattori, non necessariamente
scolastici, non può passare inosservata la disparità di investimento a
livello di “spesa per la scuola italiana così come oggi si articola a
livello regionale”: nel 2007 è stata “poco meno di 60 miliardi di euro,
di cui 43 a carico dello Stato (in massima parte per le retribuzioni
del personale), 10 degli enti territoriali (di cui 6 dai Comuni) e 5,5
per affitti figurativi del patrimonio edilizio”. Se la media è di 6.600
euro all’anno per studente, le differenze tra le diverse Regioni
rimangono profonde: “si va dai 9.900 euro del Trentino Alto Adige ai
5.800 della Puglia”. Tre i fattori che determinano la sensibile
differenza: “le dimensioni dei plessi e delle classi, che rispecchiano
morfologia e demografia del territorio; la diffusione del tempo pieno e
del tempo prolungato; la presenza di allievi disabili e di insegnanti
di sostegno”.
Dal Rapporto emerge un’evidenza in parte inattesa: i risparmi stimati
dall’entrata in vigore del federalismo fiscale sono già stati
realizzati con l’attuazione del “piano programmatico del ministro
Gelmini, in particolare attraverso una riduzione degli organici (che
nel Sud sarà più accentuata per via della forte contrazione della
popolazione studentesca. La Fondazione ha messo a confronto i due
modelli e scoperto che “nello scenario del federalismo scolastico i
risparmi di spesa per personale sarebbero di 3,2 miliardi di euro
all’anno, soltanto 600 milioni in più rispetto al piano del ministro
Gelmini”.
La conclusione dei curatori del Rapporto annuale è che occorre
provvedere al più presto a centrare due obiettivi: il primo è
“migliorare i livelli di apprendimento degli studenti in tutto il
Paese, in particolare, di coloro che oggi si situano sotto la soglia
minima delle competenze definita a livello internazionale (in alcune
regioni del Sud superano il 30%)”; il secondo è “contrastare il
fenomeno dell’abbandono scolastico (il 20% non raggiunge un diploma di
secondaria superiore)”.Entrambi possono essere raggiunti solo
reinvestendo nella scuola stessa, puntando alla qualità , tutti i
“risparmi che si stanno ottenendo nell’opera di razionalizzazione”.
L'intervento del ministro alla
presentazione del rapporto 2010 della Fondazione Agnelli
Gelmini: pronti per il federalismo, però...
Salone strapieno, nella sede romana dell'editore Laterza, per la
presentazione del secondo rapporto sulla scuola della Fondazione
Agnelli.
Insieme ad Alessandro Laterza, alla presidente della Fondazione Maria
Sole Agnelli, e ad Andrea Gavosto, direttore della stessa Fondazione,
che ha illustrato i risultati del rapporto, ha voluto essere presente
anche Mariastella Gelmini, che non si è limitata a svolgere un
intervento di circostanza.
Parlando a braccio il ministro ha ripreso le principali questioni
toccate dal rapporto, ma soprattutto quelle riguardanti la profonda
iniquità del nostro sistema scolastico. Il discorso del ministro è
apparso tanto determinato quanto realista: senza una convergenza
politica e parlamentare su nodi storici come quello della formazione,
del reclutamento e della valutazione dei docenti, ha detto Gelmini,
sarà difficile riqualificare un servizio che presenta squilibri di ogni
tipo: territoriali, per tipologia di istituto, per qualità dei
risultati ottenuti dagli allievi nelle prove comparative
internazionali, contraddette da quelle nazionali come gli esami di
maturità.
Anche sul federalismo scolastico, indicato da Gavosto come una
possibile leva per cambiare questa situazione, il ministro è apparso
cauto: se non accompagnato dalla chiara consapevolezza, condivisa da
tutti i partner istituzionali, della necessità di intervenire
prioritariamente sui citati squilibri, il federalismo potrebbe
addirittura accrescere gli squilibri, anzichè diminuirli.
Sulla specifica proposta, contenuta nel rapporto, di vincolare i
finanziamenti aggiuntivi alle Regioni più deboli (cioè con maggiori
squilibri) al raggiungimento di specifici e valutabili risultati di
maggiore qualità ed equità, pena il commissariamento (come per la
sanità), il ministro ha tuttavia preferito non esprimersi, forse per
non rendere più difficile la già complessa trattativa con le Regioni
per la realizzazione del federalismo scolastico.
Servirà in ogni caso un robusto ed efficiente sistema di valutazione,
ha concluso Gelmini, supportato da un adeguato sistema ispettivo, ben
diverso da quello di cui oggi dispone il Ministero.(da tuttoscuola.com)
Il Nord supera di 2 anni il Sud
Per il rapporto della fondazione Agnelli quella di oggi è la scuola dei
divari. Per conoscenze del computer un 13enne di Milano è come un
15enne di Napoli
"Due Italie": perché ci sono scuole di serie A e scuole di serie B,
anzi forse di serie Zeta, tanto grande è diventato il fossato tra il
Nord e il Sud. Sì, è proprio così: il Rapporto annuale della Fondazione
Giovanni Agnelli mette in luce soprattutto le "fratture" del nostro
sistema scolastico.
Insomma, è la scuola dei divari, delle distanze, delle diseguaglianze.
Immense, gigantesche a volte. Sociali, territoriali, tecnologiche. In
cui Nord e Sud non sono mai stati così lontani, le competenze mai così
dispari, e dove la famiglia di provenienza, la scuola di riferimento,
il suolo in cui si nasce condizionano tutto. Cioè il futuro di un
giovane. La sua chance o meno di entrare nel mondo del lavoro, di
crearsi una vita propria, di essere autonomo, protagonista.
Fratture dunque che vogliono dire poi vite e destini assai diversi, tra
i giovani del Nord e quelli del Sud, ma anche tra i ragazzi italiani e
quelli europei, e poi ancora tra gli italiani e gli immigrati.. Un
esempio? Essere uno studente del Nord vuol dire avere, in partenza, 68
punti di vantaggio, secondo il calcolo delle competenze stabilito
dall'Ocse-Pisa, (Programme for International Student Assessment)
rispetto a un coetaneo del Sud. E questo perché, a parità di spesa
pubblica, le scuole di alcune regioni settentrionali (Veneto, Emilia
Romagna, Trentino, Lombardia) sono infinitamente migliori di quelle di
molte regioni meridionali.
Non solo: oggi un quindicenne che studia in un istituto del Sud, ha una
preparazione uguale a quella di tredicenne del Nord: è dunque quasi due
anni indietro sui "livelli di competenza". E il 30% degli allievi
meridionali non raggiunge affatto la "soglia minima di competenza" che,
secondo gli standard europei, è il primo gradino per non diventare
emarginati ed esclusi. Significa che per quella fetta di ragazzi le
porte sono già chiuse, quasi senza speranza.
Non basta. Perché a diseguaglianze antiche e mai superate, che portano
i figli delle classi abbienti a scegliere i licei e poi l'università,
mentre i figli delle classi più modeste restano "confinati" negli
istituti professionali, ci sono divari nuovi e contemporanei. Quello
tecnologico e digitale, ad esempio. Che dimostra quanto i teenager
italiani siano simili ai loro coetanei europei per computer presenti in
casa (il 91% degli studenti quindicenni ne possiede uno), ma quanto
poco invece le nuove tecnologie siano diffuse a livello accademico.
Soltanto il 50% degli studenti italiani utilizza un computer a scuola
contro oltre il 60% della media europea, con una differenza
territoriale che segnala un computer ogni 5 studenti nella provincia di
Bolzano e uno ogni 27 da Napoli in giù. Ma forse il divario digitale
più forte è quello tra allievi e insegnanti. Sarà perché i prof
italiani, per l'Ocse, sono tra i più anziani d'Europa, la realtà è che
soltanto il 24,6% è favorevole all'uso del computer in classe, a fronte
di uno striminzito 6% che lo ritiene un supporto insostituibile.
Infine, oltre a sottolineare le fratture, il rapporto della Fondazione
Agnelli rinnova il dibattito sul "federalismo scolastico". Uno scenario
prossimo, di cui Tuttoscuola si è occupato spesso. E che rilanceremo
presto.